Il polverone sollevato da Veltroni sull’ennesima esternazione della sua controparte “culo e camicia” merita qualche parola di commento. Mi riferisco all’esempio di scuola di Berlusconi conseguente all’ipotesi negata di un possibile assegnamento della presidenza di una Camera all'opposizione, così espresso secondo un virgolettato riportato dalle agenzie: “Non si può chiedere a noi di rinunciare ad una carica quando tutte le cariche sono nelle mani della sinistra. Se il presidente della Repubblica decidesse di dimettersi per fare un gesto nei confronti della nuova situazione italiana, allora si potrebbe anche pensare di dare anche una Camera all'opposizione”.
Per Veltroni, che coglie ogni cosa utile a far dimenticare il disastro dei due anni di governo del presidente del suo partito Prodi – e che dunque non lesina sottolineature sulla campagna elettorale del centrodestra definendola “ispirata dall'odio” - la proposta di Berlusconi di affidare una Camera all'opposizione solo se Napolitano presenterà le dimissioni, “non è altro che l'ennesimo tentativo di avvelenare la vita democratica del Paese. Ecco questo è il rispetto delle istituzioni. Il candidato premier del Pdl non riesce a togliersi dalla testa che le istituzioni non appartengono a nessun partito, ma appartengono ai cittadini”.
Ora, proprio quest’ultimo pensiero del sindaco di Roma, stante la prassi, è almeno opinabile. E a partire già dal basso, nei Comuni, dove quello che era il garante dell’ortodossia in termini di legalità statuale, il segretario comunale, è oggi assunto ed eventualmente licenziato dal sindaco, e, dunque, non neutro. Così non si dica che a qualunque livello la scelta dei funzionari è neutra. È vero solo in astratto che le istituzioni appartengono ai cittadini, come la stessa Repubblica. Ma basti considerare questa legge elettorale per comprendere come i cittadini siano espropriati del diritto fondamentale di scegliere i propri rappresentanti - una legge elettorale peraltro manna per Veltroni perché gli permette di mantenere politicamente vivi, con possibilità di un nuovo mandato, i ministri e sottosegretari del fallimentare governo suicida di Prodi. E, forse non si è proposto da parte di qualcuno proprio in campagna elettorale di sorteggiare i membri di una importante istituzione della Repubblica? Cosa che semplicemente significa che quell’istituzione appartiene di fatto oggi ai partiti e non ai cittadini.
Sinceramente, tornando alla querelle sull’istituto del capo dello stato, non riesco ad appassionarmi. Dalle sue origini ad oggi solo in due casi, Pertini e Cossiga, è stato dato dall’inquilino del Quirinale un significato alla sua presenza diverso dal costosissimo surrogato del re in una monarchia costituzionale che esso idealmente vuole rappresentare. E non piangerei se si arrivasse ad un superamento dell’attuale dettato della Carta costituzionale verso un’organizzazione statuale costituita da una repubblica presidenziale di stile americano.
Forse questo sarebbe il nuovo, non ciò che l’ex direttore de L’Unità pensa, come indica nell’assurda lettera inviata al Cavaliere, di usare come cavallo di battaglia del simbolo tricolore P[ro]D[iano]: “il riconoscimento e il rispetto della nostra storia, della nostra identità nazionale e dei suoi simboli, a cominciare dal Tricolore e dall'inno di Mameli”. Per questo da una vita c’è già Alleanza (e derivati).
Per Veltroni, che coglie ogni cosa utile a far dimenticare il disastro dei due anni di governo del presidente del suo partito Prodi – e che dunque non lesina sottolineature sulla campagna elettorale del centrodestra definendola “ispirata dall'odio” - la proposta di Berlusconi di affidare una Camera all'opposizione solo se Napolitano presenterà le dimissioni, “non è altro che l'ennesimo tentativo di avvelenare la vita democratica del Paese. Ecco questo è il rispetto delle istituzioni. Il candidato premier del Pdl non riesce a togliersi dalla testa che le istituzioni non appartengono a nessun partito, ma appartengono ai cittadini”.
Ora, proprio quest’ultimo pensiero del sindaco di Roma, stante la prassi, è almeno opinabile. E a partire già dal basso, nei Comuni, dove quello che era il garante dell’ortodossia in termini di legalità statuale, il segretario comunale, è oggi assunto ed eventualmente licenziato dal sindaco, e, dunque, non neutro. Così non si dica che a qualunque livello la scelta dei funzionari è neutra. È vero solo in astratto che le istituzioni appartengono ai cittadini, come la stessa Repubblica. Ma basti considerare questa legge elettorale per comprendere come i cittadini siano espropriati del diritto fondamentale di scegliere i propri rappresentanti - una legge elettorale peraltro manna per Veltroni perché gli permette di mantenere politicamente vivi, con possibilità di un nuovo mandato, i ministri e sottosegretari del fallimentare governo suicida di Prodi. E, forse non si è proposto da parte di qualcuno proprio in campagna elettorale di sorteggiare i membri di una importante istituzione della Repubblica? Cosa che semplicemente significa che quell’istituzione appartiene di fatto oggi ai partiti e non ai cittadini.
Sinceramente, tornando alla querelle sull’istituto del capo dello stato, non riesco ad appassionarmi. Dalle sue origini ad oggi solo in due casi, Pertini e Cossiga, è stato dato dall’inquilino del Quirinale un significato alla sua presenza diverso dal costosissimo surrogato del re in una monarchia costituzionale che esso idealmente vuole rappresentare. E non piangerei se si arrivasse ad un superamento dell’attuale dettato della Carta costituzionale verso un’organizzazione statuale costituita da una repubblica presidenziale di stile americano.
Forse questo sarebbe il nuovo, non ciò che l’ex direttore de L’Unità pensa, come indica nell’assurda lettera inviata al Cavaliere, di usare come cavallo di battaglia del simbolo tricolore P[ro]D[iano]: “il riconoscimento e il rispetto della nostra storia, della nostra identità nazionale e dei suoi simboli, a cominciare dal Tricolore e dall'inno di Mameli”. Per questo da una vita c’è già Alleanza (e derivati).
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