giovedì 24 aprile 2008

Domani nelle piazze

La Resistenza e la Liberazione si prestano a strumentalizzazioni. Da sempre, dal dopoguerra ad oggi. Innanzitutto spacciando la resistenza partigiana come un fatto interessante tutto lo stivale, quando essa fu lotta armata contro l'esercito d'occupazione tedesco e contro il regime di Benito Mussolini concretato dalla Repubblica di Salò.
In un certo senso essa fu il frutto dell’antifascismo degli anni Trenta che si concretizzò negli scioperi che paralizzarono le fabbriche del Nord tra l'aprile e il marzo del 1943 e che ebbero tra i principali organizzatori gruppi di comunisti che diffondevano le ragioni dell'antifascismo. Ma la Resistenza armata al nazifascismo si organizzò solo dopo l'armistizio dell'8 settembre, quando dalle fila dell'esercito lasciato allo sbando uscirono i primi gruppi di volontari combattenti, reclutati dalle nascenti formazioni partigiane.
Il movimento partigiano si sviluppò sostanzialmente nell’Italia del Nord e, in parte, nell’Italia centrale. I raggruppamenti più numerosi furono quelli organizzati dai comunisti nelle Brigate Garibaldi; gli uomini del Partito d'azione formarono le brigate di Giustizia e Libertà, i socialisti le Matteotti. Operarono anche altre formazioni di diversa impronta ideologica: da quella cattolica, a quella liberale, a quella nazionalista e a quella monarchica. Praticamente assente fu la Resistenza nell’Italia meridionale, che peraltro già al 12 ottobre 1943 era stata occupata dalle forze angloamericane fino alla linea Gustav, fronte difensivo tedesco che tagliava la penisola dalle foci del Volturno, sul Tirreno, fino a Termoli, sul litorale Adriatico. Roma, dichiarata “città aperta”, fu presidiata dalle forze tedesche dal settembre 1943 fino al maggio 1944, quando il generale Kesselring ordinò la ritirata di fronte all'avanzata degli Alleati che si concluse con la liberazione della città il 4 giugno 1944. Nel periodo dell'occupazione, Roma fu un centro di attività di guerriglia antitedesca: la più clamorosa azione fu l'attentato di via Rasella del 23 marzo 1944 a una colonna tedesca, che portò alla rappresaglia dell'eccidio delle Fosse Ardeatine in cui perirono 335 ostaggi.
I partigiani del Nord operarono prevalentemente nelle montagne e nelle campagne, ma la loro azione si saldò anche agli imponenti scioperi operai che nel marzo del 1944 paralizzarono le maggiori città industriali (Torino, Milano, Genova). Nelle fabbriche e nelle città, soprattutto per opera dei militanti comunisti clandestini, si organizzarono nuclei partigiani, i Gap, Gruppi d'azione patriottica, formati ciascuno da tre o quattro militanti, che svolgevano operazioni di sabotaggio, atti di guerriglia e opera di propaganda politica.
Sfruttare nel dopoguerra l’esistenza di un movimento partigiano di liberazione fu la mossa di De Gasperi per limitare i danni della sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale e per distinguere il nostro stato dall’alleato germanico in modo da ottenere un diverso trattamento. Diverso trattamento che permise in particolare di “salvare” i nostri criminali di guerra in Africa, in Slovenia e nei Balcani da un giusto processo.
Un altro modo di strumentalizzare il movimento di liberazione è quello di continuare a far credere che ancora oggi esista una divisione tra “buoni” e “cattivi” nel nostro orizzonte politico italiano. Al tempo del defunto Pci ciò era usato non solo per demonizzare i missini di Almirante ma addirittura la gran parte della Democrazia Cristiana, cui nonostante tutto va dato il merito di aver garantito l’esistenza, anche in anni difficili, della democrazia in Italia. Oggi gli eredi del Pci, siano essi i neo extraparlamentari che i militanti del Pd, che si sono trovati la porta di palazzo Chigi sbattuta in faccia dal voto popolare, si sentono in “dovere” di continuare la tradizione demonizzando l’antagonista di turno.
Così domani in molte piazze si sentiranno obsoleti discorsi ed appelli a cacciare “l’occupante” quel potere che in una sorta di “viaggio” collettivo continuano a ritenere esclusivamente proprio, in quanto così recita il postulato della “loro” democrazia. E ancora una volta la Resistenza non sarà una pagina della Storia da celebrare ma un randello da usare per dividere animi e coscienze, fregandosene degli ideali e dell’insegnamento di quanti allora sacrificarono la vita per un’Italia migliore.

Nessun commento:

Archivio blog