Non c’è stata una grande eco, tra le recenti decisioni prese nel vertice della Nato a Bucarest all’inizio di questo mese, sull’ammissione della Croazia e dell’Albania nell’alleanza. L’accordo per l’entrata dei due Stati è stato raggiunto dai capi politici della Nato nella serata di mercoledì 2 aprile. Un accordo che porta l’alleanza occidentale più addentro nel territorio che fu al centro dei conflitti sanguinosi seguiti alla disgregazione della Jugoslavia nel 1991. Attualmente, anche le due repubbliche di Bosnia e Montenegro stanno operando per aprire una discussione preliminare con la Nato per la loro eventuale ammissione, mentre l’ingresso della Macedonia è osteggiato dalla Grecia per via del nome della repubblica ex jugoslava, che secondo la Grecia rischia di essere una minaccia alla propria identità statuale per la presenza nel proprio territorio di una provincia con lo stesso nome.
L’evento dell’ingresso della Croazia nella Nato è un ulteriore tassello che, dopo l’entrata della Slovenia nell’Unione europea e della conseguente caduta delle barriere confinarie, fissa i presupposti per una riaggregazione regionale di territori che furono per secoli legati da interessi economici comuni e che solo la follia nazionalista ed irredentista esplosa come una micidiale epidemia nella seconda metà dell’Ottocento, fino a diventare causa scatenante del sanguinosissimo primo conflitto mondiale, ha portato ad una loro illogica separazione. C’è insomma sempre meno spazio a livello europeo e internazionale per ingiustificati revanscismi sebbene trovino talvolta deprecatamente anche alti sostegni istituzionali. Ed ogni evento che può accelerare il processo in atto non può che essere salutato con favore.
L’evento dell’ingresso della Croazia nella Nato è un ulteriore tassello che, dopo l’entrata della Slovenia nell’Unione europea e della conseguente caduta delle barriere confinarie, fissa i presupposti per una riaggregazione regionale di territori che furono per secoli legati da interessi economici comuni e che solo la follia nazionalista ed irredentista esplosa come una micidiale epidemia nella seconda metà dell’Ottocento, fino a diventare causa scatenante del sanguinosissimo primo conflitto mondiale, ha portato ad una loro illogica separazione. C’è insomma sempre meno spazio a livello europeo e internazionale per ingiustificati revanscismi sebbene trovino talvolta deprecatamente anche alti sostegni istituzionali. Ed ogni evento che può accelerare il processo in atto non può che essere salutato con favore.
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