venerdì 11 aprile 2008

Una questione storica non risolta

L’elemento più piacevolmente curioso e curiosamente piacevole di questa tornata di elezioni politiche è stato lo spot dei socialisti di Boselli: quel richiamo al più grande socialista della storia sulla musica dell’Internazionale arrangiata in chiave moderna.
“Gesù Cristo… in effetti sosteneva vari principi morali di natura socialista” scriveva il curatore di una serie di libretti intitolata “Per capire il comunismo. Storia internazionale del comunismo dalle origini al liberalismo romeno-cecoslovacco” pubblicata da Luciano Pasetti editore nel 1968 nel mentre le truppe del Patto di Varsavia invadevano la Cecoslovacchia. Il libretto, tuttavia faceva risalire il primo esempio di instaurazione di un socialismo empirico al IX secolo a. C. Siamo nella Sparta del re Licurgo che applicò allora nel suo regno “una costituzione che è l’embrione della futura società proletaria”, compiendo “quella rivoluzione economica che la nuova idea contiene: l’espropriazione (dei grossi mercanti, degli armatori, ecc.) per la nazionalizzazione”. La costituzione stabiliva come capisaldi fondamentali i seguenti principi: i cittadini dovevano subordinare i loro interessi a quelli dello Stato; i cittadini non potevano possedere oro e argento, dei quali lo Stato era depositario; i cittadini dovevano consumare il vitto in comune; i cittadini dovevano affidare i fanciulli alla educazione impartita dallo Stato. Licurgo accentrò in buona sostanza tutto il potere nelle mani dello Stato, pianificando la società su una sola classe. Il sogno di certa sinistra italiana insomma.
Ma interessante è il giudizio finale sulla costituzione di Licurgo. Dopo aver detto che la parte più povera della popolazione dalla nazionalizzazione traeva sì un margine di sicurezza altrimenti inesistente, il testo sottolinea come “la nazionalizzazione, avvenuta di fronte ad un popolo impreparato, soffoca gli scaltri imprenditori che dissanguavano i loro servi ma che erano gli unici apportatori di idee e di sviluppo, e provoca l’inaridimento della libera iniziativa e un rallentamento della produzione agricola e artigianale”. Non è quanto va ripetendo ancora oggi il Cavaliere? o sbaglio? La chiusura del capitoletto è lapidaria: “Morto Licurgo [la costituzione] viene abbandonata”.
Così, nella speranza umanistica di una rivalutazione nelle letture di questo Paese dei libri di sostanza, riporto i contenuti del secondo capitoletto del citato libretto. In esso si dice come il testimone ideale del comunismo nato a Sparta passi a Platone. “Il più grande filosofo della Grecia è nato ad Atene nel 437 avanti Cristo e in gioventù ha militato nel partito aristocratico, per soddisfare il volere della sua famiglia”, ma “maturando ne è uscito e si è avviato allo studio di una Società ideale”. Lo spunto per la sua ricerca è la costituzione di Licurgo che Platone in parte supera. In sintesi i punti fermi della società ideale platonica sono: la suddivisione della società in tre classi (i filosofi, gli artigiani, i guerrieri) – in buona sostanza chi pensa per tutti, chi produce e chi mena le mani se qualcuno all’interno o all’esterno si oppone; la comunione dei beni; l’amore libero dai vincoli legali e l’educazione sociale dei figli. I beni non appartengono più allo Stato ma sono distribuiti tra il popolo “come dovrebbe avvenire in una Società comunista che abbia superato la fase transitoria del socialismo”.
Ma Platone non ha un regno e un popolo al quale imporre le sue idee. Prova a Siracusa con i due Dionigi ma senza successo. Così se ne torna ad Atene e decide di affidare il suo pensiero ai libri.
Il Cristo di Boselli mi ha incredibilmente portato indietro nel tempo, facendomi ripercorrere un percorso storico che meriterebbe qualche ripensamento e rianalisi storiografica. Perché rimane un arcano, riproposto anche in tempi recenti, non pienamente spiegato ciò che lo stesso citato libretto annota concludendo il breve excursus pre-hegeliano. Siamo all’inizio del 1500. Il filosofo e letterato inglese Thomas More, Gran Cancelliere d’Inghilterra, trae dallo studio delle vaghe idee comuniste del tempo la sua “Utopia”, un libro nel quale si scaglia contro le istituzioni della società monarchica, vagheggiando la creazione di un mondo di giustizia e di benessere per tutti. Ma la “sua” Società lo decapita e poi lo fa canonizzare. Dice il libretto: “L’«idea» continua ad essere un’idea di pensatori: vaga, sconosciuta, incompresa dal popolo a tutti i livelli. Per sperare di renderla comprensibile bisogna strutturarla come una dottrina e darle un carattere universale”. A questo ci pensa dapprima Georg Wilhem Friedrich Hegel, pur tenendosi distante dal contenuto politico-sociale dell’«idea»,e poi Marx ed Engels. Eppure la storia di molti degli epigoni del comunismo praticato non è molto diversa da quella di Thomas More. E lo stesso glorioso e medagliato comunismo sovietico non ha saputo resistere all’erosione della mafia russa. Se l’idea comunista o socialista è intrinsecamente buona tanto da esser stata il trastullo di fior fiore di pensatori, e ancora la realtà elettorale italiana odierna sottolinea una presenza consistente di suoi fan, bisognerebbe ricercare una spiegazione convincente del perché essa non riesca a far presa tra il popolo, che dovrebbe essere il primo beneficiario di un mondo di giustizia e di benessere per tutti. Aiuterebbe molto.

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