lunedì 21 aprile 2008

"L'ultima dimora" di Giovanni Infelìse

Nel giugno dello scorso anno, Book Editore ha pubblicato, nella collezione di scritture extra ordinarie “Fuoricollana”, curata da Massimo Scrignòli, il libro di Giovanni Infelìse “L’ultima dimora” (Isbn 978-88-7232-584-1, pp. 128, € 14,00).
Giovanni Infelìse, nato a Cosenza nel 1957, vive a Bologna, dove lavora alla Biblioteca del dipartimento di Filosofia dell’Università. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia e il saggio “La voce imperfetta: il poeta e l’inquietudine della parola” (introibo di Gianni Scalia, 1995).
Scrive Adriano Marchetti nella nota che correda la raccolta di Infelìse: «L’“ultima dimora” non può essere quella del linguaggio. La topologia erotica, numerata come una partitura, ne mostra le modulazioni, senza illusioni liriche né babele di miraggi. Come l’amore, la poesia di Giovanni Infelìse, ignora, in esilio, l’attesa che comunica. Si espone al benefico rischio della propria forza, al rischio di sprofondare nelle acque del proprio grembo, desiderosa com’è di appartenere alla sua essenza musicale, al suo ritmo organico più che alla circostanza da cui è scaturita e in cui si raccolgono le sue possibilità di dire i paesaggi dei corpi e delle cose.
L’amore è la ragione stessa di questa raccolta che dà voce – oltre i limiti del tecnicamente poetico – a ciò che non cessa di mancare all’esistenza. Nell’Ultima dimora tracce di una ferita, che domina l’intonazione delle stanze, predispongono il lettore a lasciarsi ancora amare, dopo le percussive enfasi del lirismo o la densità dell’estetica neo-eraclitea della folgorazione, da un pensiero che deve ancora venire.»
Di seguito sono riportati due componimenti tratti dalla raccolta, il primo da L’ultima dimora, il secondo da Il fattorino e la rosa.

Parlami!

Parlami! come la bora alla voce
incerta la freschezza dona e la luce
una breve fanciullezza rischiara.
Parlami! Avrà di meglio chi la gloria disprezza:
tutto ciò che amo rode e fa nascere
la sera, il desiderio che torni
chissà quale abitata fiera.


Tornò dall’acqua e tornò dalle lacrime

Tornò dall’acqua e tornò dalle lacrime,
si levò sulle lacrime si lavò dall’acqua
e quando Amore tornò prima di sera
nel vento, in una rapida carezza
– mia vita –, tornò l’amore di chi senza
misura né esitazione da sé si guarda
e porto… marina… marosi e calma,
donna di vele che salpano dalla terra latina,
brezza che bagna le labbra e bagna il cuore
appena volgo agli ulivi degli avi una scontrosa
dolcezza, al rosso velo del corpo la speranza
che porta con sé le voci che attraverseremo.
Lo promise, non si sarebbe spento
alla luce il brusio lungo i sentieri malvisti
di chi si ama: ti amerò di un amore
che altri non ebbero, dove il mare
– se ascolterai – a un istante dalla terra
il tuo nome ricorderà.

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