In sintesi. Velprodi colpito e affondato. Fallito il nuovo tentativo d’inFinocchiaro l’Italia. L’ultimo prodi portiere, Rutelli, a baluardo della porta (Pia) superato con un tiro loftato da una splendida palombelli di Alemanno. A parte scherzi e giochi di parole, una catastrofe.
L’impressione è che la botta sia stata veramente forte perché ha dimostrato che i cattodiesse sono semplicemente autoreferenziali e credono che il Paese debba sempre e comunque seguirli perché, loro, sono “verità” e “amore”. Ed è, dunque, per essi assolutamente impossibile soltanto immaginare che il Paese abbia autonomia di pensiero e di giudizio e possa cestinare categorie e schemi obsoleti. Ciò che esce sconfitto primariamente dal voto di Roma, ad esempio, è stato il becero richiamo di Rutelli ai vecchi schemi dell’antifascismo veterocomunista per riallineare le truppe arcobaleno dietro la sua sgangherata armata brancaleone, pensando gli alleati talmente fessi da continuare a sostenerlo anche dopo un palese oltraggio alla loro esistenza effettuato da Veltroni e soci per non perdere catastroficamente alle politiche.
Ma soprattutto dall’intero quadro esce sconfitta la casta cattodiessina, la vera e sola casta superstite allo sfacelo della prima repubblica, che da tangentopoli in avanti si è fatta strumento degli interessi forti per raggiungere il potere. E, diciamolo, non sarà un caso che già ieri in video i manovratori dei giornali forti, gli abili maghi di Oz della carta stampata, abbiano cercato di rimediare minimizzando l’incidente di percorso e mettendo zeppe per rinsaldare la leadership del “loro” partito per frenare un disgregamento di cui nonostante tutto si intravvedono le prime profonde crepe.
La verità è una sola; per dirla con Grillo, Testa d’asfalto ha asfaltato topo Gigio. Ma il dato più chiaro è che il Paese ha mostrato la propria propensione, proprio per il tipo di risultato registrato, ad una nuova stagione, una stagione che liquidi la fittizia unità politica centralista, ereditata dal colonialismo sabaudo, in una organizzazione più agile macroregionale federale in linea con la prospettiva di un’unione politica europea. E proprio il rifiuto del Pd a ritornare alla forma federativa che era propria, come si ricorderà, del Pci, mostra una volta di più l’incapacità delle sue “mummie”, non a caso autocollocatesi nel “loft”, cioè letteralmente in soffitta, di comprendere il vero nuovo, che non è il “vuovo” (vecchio-nuovo) di Velprodi.
L’impressione è che la botta sia stata veramente forte perché ha dimostrato che i cattodiesse sono semplicemente autoreferenziali e credono che il Paese debba sempre e comunque seguirli perché, loro, sono “verità” e “amore”. Ed è, dunque, per essi assolutamente impossibile soltanto immaginare che il Paese abbia autonomia di pensiero e di giudizio e possa cestinare categorie e schemi obsoleti. Ciò che esce sconfitto primariamente dal voto di Roma, ad esempio, è stato il becero richiamo di Rutelli ai vecchi schemi dell’antifascismo veterocomunista per riallineare le truppe arcobaleno dietro la sua sgangherata armata brancaleone, pensando gli alleati talmente fessi da continuare a sostenerlo anche dopo un palese oltraggio alla loro esistenza effettuato da Veltroni e soci per non perdere catastroficamente alle politiche.
Ma soprattutto dall’intero quadro esce sconfitta la casta cattodiessina, la vera e sola casta superstite allo sfacelo della prima repubblica, che da tangentopoli in avanti si è fatta strumento degli interessi forti per raggiungere il potere. E, diciamolo, non sarà un caso che già ieri in video i manovratori dei giornali forti, gli abili maghi di Oz della carta stampata, abbiano cercato di rimediare minimizzando l’incidente di percorso e mettendo zeppe per rinsaldare la leadership del “loro” partito per frenare un disgregamento di cui nonostante tutto si intravvedono le prime profonde crepe.
La verità è una sola; per dirla con Grillo, Testa d’asfalto ha asfaltato topo Gigio. Ma il dato più chiaro è che il Paese ha mostrato la propria propensione, proprio per il tipo di risultato registrato, ad una nuova stagione, una stagione che liquidi la fittizia unità politica centralista, ereditata dal colonialismo sabaudo, in una organizzazione più agile macroregionale federale in linea con la prospettiva di un’unione politica europea. E proprio il rifiuto del Pd a ritornare alla forma federativa che era propria, come si ricorderà, del Pci, mostra una volta di più l’incapacità delle sue “mummie”, non a caso autocollocatesi nel “loft”, cioè letteralmente in soffitta, di comprendere il vero nuovo, che non è il “vuovo” (vecchio-nuovo) di Velprodi.
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