domenica 20 aprile 2008

Il caso Xu Yonghzen

Su “Repubblica.it” oggi viene denunciato il caso emblematico di una cittadina cinese Xu Yonghzen, di 43 anni che vive, oggi, a Siracusa. Quando ancora viveva in Cina ha generato due figli, uno in più di quelli consentiti dal governo. Un “eccesso” che la Cina punisce severamente e ancor di più i casi di recidiva: quando Xu è rimata incinta per la terza volta, è stata obbligata ad abortire. Poi, per risolvere definitivamente il problema, le è stata messa una spirale. Stavano per arrestarla, in modo da farle capire definitivamente come ci si comporta, quando ha deciso di fuggire. Ma la storia non finisce qui, come l’articolo sottolinea. E protagonista non è più un paese uscito da non molto dal suo “medioevo” e dalla brace del regime maoista, tuttora governato da un comunismo che si è fatto capitalista, sintetizzando il peggio delle due concezioni, e che mantiene il suo popolo al minimo storico mondiale quanto a diritti umani. Stiamo parlando del nostro civile Stato italiano, governato oltretutto ancora, seppure per pochi altri giorni, da una sinistra che dovrebbe essere campione del rispetto dell’uomo, stando alla sua propaganda.
Continuo la lettura nell’articolo delle vicende di Xu. Fugge, siamo nell'aprile del 2004. Prima in treno a Mosca, grazie a un visto turistico per la Russia. Poi l'Ucraina e, dopo due anni, la Repubblica ceca. Una vita di stenti, di lavori precari. Infine la decisione di trasferirsi in l'Italia, Reggio Emilia, ospite di un amico, e quindi Siracusa dove un connazionale le ha offerto un posto da commessa in un negozio di abbigliamento. Qui in Sicilia Xu si è sentita male, è andata dal medico e ha avuto conferma dell'efficacia della politica cinese per il controllo delle nascite: ha scoperto che la spirale – inserita, come si legge nel referto medico, "senza filo di riferimento" – in quei tre anni le aveva provocato una grave infezione. Secondo il ginecologo, per rimuoverla è necessario un intervento. Routine per una paziente italiana, alta chirurgia legale per una clandestina cinese – chiosa l’articolo.
Xu, allora – racconta infatti l’articolo – assistita dall'avvocato Aldo Valtimora, ha pensato di presentare domanda di asilo politico, ritenendo che la sua situazione somigliasse molto a quella di chi ha il diritto, riconosciuto dall'articolo 10 della Costituzione, d'essere ospitato nel nostro paese, che l'essere stata obbligata ad abortire e a mettere la spirale potesse essere considerato una forma di tortura, per non parlare del rischio del carcere. Ma per la nostra “civilissima” burocrazia – contro cui nessuno mai si sognerebbe né immaginerebbe la possibilità di un boicottaggio olimpico, qualora si ripresentasse qui da noi la possibilità dell’evento – non è stata dello stesso avviso. La commissione che valuta le domande di asilo politico, benché Xu avesse prodotto la documentazione medica, non ha concesso neanche la protezione umanitaria. Perché il caso non era previsto, né è prevista la possibilità che uno straniero colpito da ordine di espulsione possa essere ricoverato in un ospedale, se non in caso di assoluta urgenza, di imminente pericolo di vita.
Niente operazione, solo i farmaci contro l'infezione. L’articolo ci dice – ma è quanto ciascuno può tristemente dedurre – che lo Stato italiano, in definitiva, ritiene che Xu, una volta rientrata nel suo paese, verrà adeguatamente curata. E che quelli che le hanno messo a forza la spirale, non vedano l'ora di rimuovergliela. Ipocrisia bella e buona per non dire peggio. Contro l'ordine di espulsione Xu Yonghzen ha presentato un ricorso al tribunale civile e l'udienza si terrà tra una settimana. Quel giorno, conclude l’articolo, si saprà se - almeno per via giudiziaria - la cittadina cinese Xu Yonghzen può essere prevista dallo Stato italiano come essere umano. Siamo tutti, credo, quantomeno “curiosi” di conoscere in che genere di Stato stiamo vivendo.

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