Non è un caso che ieri, nel faccia a faccia con Rutelli, Alemanno abbia concluso l’evento mediatico con una cinquantina di secondi di credito. Cioè che abbia usato un tempo sensibilmente minore di quello di Rutelli tenendo conto che l’impressione (più volte d’altro canto sottolineata da Floris) che di Alemanno si tenesse conto anche dei sospiri e dei respiri per riuscire a pareggiare il conto col "piacione" d’Italia. Nessuna congiura di “Ballarò”, anche se Floris di tanto in tanto sembrava dare una mano al candidato pidino con i propri movimenti peripatetici per lo studio che talvolta finivano con l’oscurare nel piccolo schermo l’immagine dell’avversario mentre esponeva le sue ragioni. La spiegazione banalmente è un’altra.
La sostanziale differenza tra i due sta nei contenuti offerti all’attenzione dei telespettatori. Da una parte (Rutelli) gran chiacchiere sul niente, con un aggrapparsi alla minima briciola di discorso che poteva offrire uno spunto polemico, con l’evocare spauracchi, come la Lega che tali più non sono nell’immaginario collettivo come il recente voto ha dimostrato, con l’uso di argomenti di politica generale che possono, sì, richiamare l’attenzione di un distratto, ma non certo soddisfare chi si fa spettatore per cercare di capire quale candidato possa portare maggior beneficio alla sua quotidianità di cittadino. Chiacchiere e divagazioni che sprecano tempo e lasciano l’impressione in chi ascolta di stringere nel pugno nient’altro che sabbia. Dall’altra (Alemanno) un discorso incentrato sui problemi reali e su indicazioni di soluzione, un discorso stringato su cose concrete che i romani toccano con mano ogni giorno. Perché per indicare problemi e soluzioni non occorre molto tempo né grande eloquenza, e, dunque, tutto qui il fatto che alla fine il candidato del Popolo della libertà ha parlato di meno, come Floris in conclusione ha confermato.
Poiché tra i due c’era una asimmetria fondamentale, cioè il fatto che Rutelli non fosse un “nuovo” avendo già fatto il sindaco della città eterna, ci si aspettava da parte sua un’esposizione consapevole sui problemi concreti e le urgenze reali di Roma. Ha invece lasciato in chi da lontano guardava, la sensazione che nelle cose di quei problemi e di quelle urgenze proprio proprio non avesse altro che l’infarinatura sufficiente a sostenere un dibattito elettorale. Che più che approfondire le questioni delle periferie, personalmente si sia preoccupato piuttosto di coltivarsi nell’arco dei suoi mandati l’immagine. Così del resto si legge in una datata pagina di PMLI, dedicata alla biografia di Rutelli: “La vittoria alle amministrative '93 fu risicata ma è da lì che inizia la maratona di Rutelli alla conquista dei consensi e degli appoggi giusti non solo per consolidare il suo potere locale e giungere alla rielezione nel '97, ma mirando a Palazzo Chigi”. Corsa andata male che però gli offrì successivamente altre possibilità di carriera politica, fino ad essere ministro dei Beni Culturali di Prodi.
Che Rutelli pensasse di avere di fronte ieri uno “sprovveduto” da liquidare facilmente con la presunta “superiorità” mediatica del suo “io”, lo si è capito da subito con quella infelice replica polemica ad Alemanno “Eh no tesoro” cui l’altro ha ribattuto fermo "No, tesoro mai". Si è invece trovato di fronte un avversario tosto che ha saputo ribattere ad ogni spunto tendenzioso con argomenti validi. Giocare tutto sulla tattica e la polemica, sugli “amici” di Alemanno usati come babau o come sberleffo, la Lega (“Noi dobbiamo pretendere dai principali alleati di Alemanno lo stesso rispetto per Roma, che è la capitale di tutti. Il che non vuol dire sottovalutare problemi gravi, come la sicurezza, su cui bisogna mettere in campo cose nuove. Ci vuole una strategia decisa in difesa dei più deboli”), Storace (con la sfida a rifiutare i voti della Destra), persino Putin (“È Putin vostra la cordata italiana”, parlando di Alitalia) per Rutelli era la strada giusta per sviare il discorso dalla sua gestione del Campidoglio, un argomento scomodo.
La sostanziale differenza tra i due sta nei contenuti offerti all’attenzione dei telespettatori. Da una parte (Rutelli) gran chiacchiere sul niente, con un aggrapparsi alla minima briciola di discorso che poteva offrire uno spunto polemico, con l’evocare spauracchi, come la Lega che tali più non sono nell’immaginario collettivo come il recente voto ha dimostrato, con l’uso di argomenti di politica generale che possono, sì, richiamare l’attenzione di un distratto, ma non certo soddisfare chi si fa spettatore per cercare di capire quale candidato possa portare maggior beneficio alla sua quotidianità di cittadino. Chiacchiere e divagazioni che sprecano tempo e lasciano l’impressione in chi ascolta di stringere nel pugno nient’altro che sabbia. Dall’altra (Alemanno) un discorso incentrato sui problemi reali e su indicazioni di soluzione, un discorso stringato su cose concrete che i romani toccano con mano ogni giorno. Perché per indicare problemi e soluzioni non occorre molto tempo né grande eloquenza, e, dunque, tutto qui il fatto che alla fine il candidato del Popolo della libertà ha parlato di meno, come Floris in conclusione ha confermato.
Poiché tra i due c’era una asimmetria fondamentale, cioè il fatto che Rutelli non fosse un “nuovo” avendo già fatto il sindaco della città eterna, ci si aspettava da parte sua un’esposizione consapevole sui problemi concreti e le urgenze reali di Roma. Ha invece lasciato in chi da lontano guardava, la sensazione che nelle cose di quei problemi e di quelle urgenze proprio proprio non avesse altro che l’infarinatura sufficiente a sostenere un dibattito elettorale. Che più che approfondire le questioni delle periferie, personalmente si sia preoccupato piuttosto di coltivarsi nell’arco dei suoi mandati l’immagine. Così del resto si legge in una datata pagina di PMLI, dedicata alla biografia di Rutelli: “La vittoria alle amministrative '93 fu risicata ma è da lì che inizia la maratona di Rutelli alla conquista dei consensi e degli appoggi giusti non solo per consolidare il suo potere locale e giungere alla rielezione nel '97, ma mirando a Palazzo Chigi”. Corsa andata male che però gli offrì successivamente altre possibilità di carriera politica, fino ad essere ministro dei Beni Culturali di Prodi.
Che Rutelli pensasse di avere di fronte ieri uno “sprovveduto” da liquidare facilmente con la presunta “superiorità” mediatica del suo “io”, lo si è capito da subito con quella infelice replica polemica ad Alemanno “Eh no tesoro” cui l’altro ha ribattuto fermo "No, tesoro mai". Si è invece trovato di fronte un avversario tosto che ha saputo ribattere ad ogni spunto tendenzioso con argomenti validi. Giocare tutto sulla tattica e la polemica, sugli “amici” di Alemanno usati come babau o come sberleffo, la Lega (“Noi dobbiamo pretendere dai principali alleati di Alemanno lo stesso rispetto per Roma, che è la capitale di tutti. Il che non vuol dire sottovalutare problemi gravi, come la sicurezza, su cui bisogna mettere in campo cose nuove. Ci vuole una strategia decisa in difesa dei più deboli”), Storace (con la sfida a rifiutare i voti della Destra), persino Putin (“È Putin vostra la cordata italiana”, parlando di Alitalia) per Rutelli era la strada giusta per sviare il discorso dalla sua gestione del Campidoglio, un argomento scomodo.
Leggendo sempre dalla citata pagina: “Uno dei suoi primi atti da sindaco fu quello di quadruplicare gli stipendi ai presidenti e ai consiglieri d'amministrazione delle aziende municipalizzate, poi vi piazza i suoi uomini di fiducia. Si crea una vera e propria corte attraverso una schiera di 35 consulenti e professionisti esterni pagati a peso d'oro che sono costati a Rutelli e alla sua giunta… una condanna della Corte dei Conti e una richiesta di risarcimento di 3 miliardi e 329 milioni di lire. Legale, ma non certo morale, è l'essersi aumentato lo stipendio, suo e quello dei suoi assessori, di un bel 30 per cento, … portando l'“indennità di funzione” mensile del sindaco a 21.004.000 lire e quella degli assessori a 13.652.665 lire. Ha provveduto a soddisfare gli appetiti di imprenditori, costruttori e cooperative gestendo miliardi e miliardi per il restauro di monumenti e la costruzione di nuove opere pubbliche (3.500 miliardi solo quelli assegnati a Roma dalla legge speciale del Giubileo), svendendo e privatizzando i gioielli della macchina comunale: azienda elettrica municipale, Acea e Centrale del latte (venduta alla Cirio del suo amico Cragnotti per 106 miliardi e rivenduta poi da questo alla Parmalat di Tanzi per 765)”.
La pagina citata, che è stata scritta prima al momento della candidatura di Rutelli a premier nella corsa elettorale con Berlusconi del 2001, elenca gli “amici” dell’allora sindaco di Roma. Si legge: “Così fra i suoi sostenitori ora si annoverano Raffaello Fellah, esponente della comunità ebraica di Roma ma soprattutto plenipotenziario della “Compagnia delle opere” di “Comunione e liberazione”. Raffaele Ranucci, commissario dell'Ente Eur. Andrea Mondello, oggi tra i vicepresidenti della Confindustria. Luigi Abete, presidente della Bnl e di Cinecittà. Paolo Buzzetti, al vertice dell'Acer, l'associazione dei costruttori edili. Alfio Marchini, finanziere vicino al DS. Giancarlo Elia Valori capo della Società Autostrade. Cesare Romiti, che con la Gemina si è aggiudicato gli Aeroporti di Roma”.
Il “capolavoro” della giunta di Rutelli è stato il piano regolatore, entrato anche ieri sera nella polemica del dibattito. Nella pagina Web citata in proposito si legge: “L'ultimo regalo di Rutelli ai potentati economici è stato il nuovo piano regolatore approvato dalla giunta capitolina il 20 ottobre, proprio alla vigilia della convention di Milano che lo ha investito ufficialmente a candidato premier. Una decisione che venendo meno all'impegno preso all'inizio del mandato di sottoporre il piano regolatore al giudizio della città attraverso una consultazione dei cittadini e delle associazioni, ha suscitato anche le dimissioni del presidente della Commissione urbanistica del comune di Roma e consigliere Verde, Fabrizio Panecaldo”.
La Repubblica, che da sempre ha un occhio benevolo verso l’area politica di cui Rutelli è il candidato, nella sua versione online, generosa di virgolettati accomodanti, “a tesi”, stamane pontifica dell’incontro televisivo: “Senza trionfatori o perdenti”. Se fossi cittadino romano indeciso propenderei oggi non per chi ha detto arricciando il naso “Dite che a Roma fa tutto schifo, non avete rispetto per questa città” quanto piuttosto per chi ha detto, concludendo, "Critichiamo voi, non i romani. Vogliamo debellare la paura”.
La pagina citata, che è stata scritta prima al momento della candidatura di Rutelli a premier nella corsa elettorale con Berlusconi del 2001, elenca gli “amici” dell’allora sindaco di Roma. Si legge: “Così fra i suoi sostenitori ora si annoverano Raffaello Fellah, esponente della comunità ebraica di Roma ma soprattutto plenipotenziario della “Compagnia delle opere” di “Comunione e liberazione”. Raffaele Ranucci, commissario dell'Ente Eur. Andrea Mondello, oggi tra i vicepresidenti della Confindustria. Luigi Abete, presidente della Bnl e di Cinecittà. Paolo Buzzetti, al vertice dell'Acer, l'associazione dei costruttori edili. Alfio Marchini, finanziere vicino al DS. Giancarlo Elia Valori capo della Società Autostrade. Cesare Romiti, che con la Gemina si è aggiudicato gli Aeroporti di Roma”.
Il “capolavoro” della giunta di Rutelli è stato il piano regolatore, entrato anche ieri sera nella polemica del dibattito. Nella pagina Web citata in proposito si legge: “L'ultimo regalo di Rutelli ai potentati economici è stato il nuovo piano regolatore approvato dalla giunta capitolina il 20 ottobre, proprio alla vigilia della convention di Milano che lo ha investito ufficialmente a candidato premier. Una decisione che venendo meno all'impegno preso all'inizio del mandato di sottoporre il piano regolatore al giudizio della città attraverso una consultazione dei cittadini e delle associazioni, ha suscitato anche le dimissioni del presidente della Commissione urbanistica del comune di Roma e consigliere Verde, Fabrizio Panecaldo”.
La Repubblica, che da sempre ha un occhio benevolo verso l’area politica di cui Rutelli è il candidato, nella sua versione online, generosa di virgolettati accomodanti, “a tesi”, stamane pontifica dell’incontro televisivo: “Senza trionfatori o perdenti”. Se fossi cittadino romano indeciso propenderei oggi non per chi ha detto arricciando il naso “Dite che a Roma fa tutto schifo, non avete rispetto per questa città” quanto piuttosto per chi ha detto, concludendo, "Critichiamo voi, non i romani. Vogliamo debellare la paura”.
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