Se nascerà l’Euroregione comprendente Friuli Venezia Giulia, Veneto, Carinzia, Slovenia e Croazia, dovrà celebrare come suoi padri fondatori l’ex presidente Illy ed il presidente della Regione Veneto Galan. “Un progetto – ha detto il governatore del Veneto in marzo – che non ha nulla di astratto, improvvisato o accelerato. Di astratto c'è solo il ritardo con cui i governi italiani si muovono. Ritardo insopportabile. Ma noi stiamo lavorando da anni. Come Veneto siamo primi in Italia per l'utilizzo dei fondi europei. Abbiamo costituito l'Alpe Adria ancora negli anni Settanta. Abbiamo presentato tantissime iniziative transfrontaliere. E al castello di Duino Aurisina, dove abbiamo deciso che Trieste sarà la capitale, abbiamo elaborato insieme a Friuli Venezia Giulia e Carinzia, in un anticipo di Euroregione, molti progetti comuni che vanno da infrastrutture a sanità: mi sono commosso”. E ancora, “È entrata nel cuore e nella mente dei nostri cittadini come il federalismo fiscale, compreso e acquisito nelle nostre campagne ben più che a Roma o a Milano. Le nostre strade e le nostre ferrovie portano a est. Noi vogliamo che i nostri aeroporti servano la nostra economia e il nostro turismo. Vogliamo l'Euroregione. E l'otterremo. Ma tutti, nel centrodestra come nel centrosinistra, dovrebbero darsi da fare. Tanto più che parliamo di un'istituzione prevista dalla Ue, mica dall'Alaska”.
Le Euroregioni non sono strumento di divisione nazionale, bensì di integrazione europea, e dunque nessuna paura in casa lombarda – dicono i Veneti – di “spaccatura del Nord”. I Gruppi europei di cooperazione territoriale, quelli che danno veste giuridica all'Euroregione sono previsti da un regolamento europeo (e dunque non servono determinati adempimenti dei governi nazionali, ma bastano atti applicativi), e quindi possono essere subito realizzati. Non servono nuove leggi organiche, dunque, né l'Italia può ritoccare in maniera restrittiva quel regolamento europeo. Deve semplicemente limitarsi ad adottare le disposizioni applicative e – l’ha detto Franco Iacop assessore veneto agli Affari europei – “lo deve fare subito perché è già in ritardo. Sennò ricorreremo alla Corte di giustizia europea”.
Con l’autonomia della Lombardia in molte materie, che molto probabilmente la Lega otterrà dal governo nazionale in questa legislatura, la creazione dell’Euroregione di Illy-Galan darebbe un nuovo impulso al Nord-Est nel segno dello sviluppo economico di cui tutto il Nord potrebbe beneficiare creando prospettive ben diverse da quelle centraliste castranti cui i governi nazionali della Repubblica hanno obbligato le sue popolazioni ed economie negli ultimi cinquant’anni.
È una prospettiva resa possibile dal voto del Nord così come è uscito dalle urne. Deluderla significherebbe condannarsi alla stessa fine di chi ha illuso molta gente nel 2006 con le promesse codificate in un programma fatto carta straccia quasi subito.
Le Euroregioni non sono strumento di divisione nazionale, bensì di integrazione europea, e dunque nessuna paura in casa lombarda – dicono i Veneti – di “spaccatura del Nord”. I Gruppi europei di cooperazione territoriale, quelli che danno veste giuridica all'Euroregione sono previsti da un regolamento europeo (e dunque non servono determinati adempimenti dei governi nazionali, ma bastano atti applicativi), e quindi possono essere subito realizzati. Non servono nuove leggi organiche, dunque, né l'Italia può ritoccare in maniera restrittiva quel regolamento europeo. Deve semplicemente limitarsi ad adottare le disposizioni applicative e – l’ha detto Franco Iacop assessore veneto agli Affari europei – “lo deve fare subito perché è già in ritardo. Sennò ricorreremo alla Corte di giustizia europea”.
Con l’autonomia della Lombardia in molte materie, che molto probabilmente la Lega otterrà dal governo nazionale in questa legislatura, la creazione dell’Euroregione di Illy-Galan darebbe un nuovo impulso al Nord-Est nel segno dello sviluppo economico di cui tutto il Nord potrebbe beneficiare creando prospettive ben diverse da quelle centraliste castranti cui i governi nazionali della Repubblica hanno obbligato le sue popolazioni ed economie negli ultimi cinquant’anni.
È una prospettiva resa possibile dal voto del Nord così come è uscito dalle urne. Deluderla significherebbe condannarsi alla stessa fine di chi ha illuso molta gente nel 2006 con le promesse codificate in un programma fatto carta straccia quasi subito.
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