“Il conformismo dei vincitori può essere iniquo, e anche umiliante per chi lo adotta – scriveva Giorgio Bocca in un “pezzo” del 1998 su “l’Espresso” – ma il conformismo dei revanscisti, dei vinti che rialzano la testa è, spesso, uno spettacolo grottesco”. Ed è quanto si è assistito ieri in tv, Veltroni per primo e poi tutti i colonnelli fino alla Bindi e alla Turco, prefiche a “Porta a Porta” sul cadavere del Pd sconfitto. Perché l’uscita della sinistra massimalista dal Parlamento ha ucciso anche il sogno veltroniano di un Pd al centro dello schieramento politico, relegandolo al ruolo comprimario che aveva una volta il Pci nel cosiddetto “arco costituzionale”.
Non è, dunque, un caso che Veltroni torni a pensare e a parlare come un segretario del defunto Pci, annunciando la formazione di un governo ombra "che avrà un numero di ministri coincidente con quelli del governo e su ogni questione sarà protagonista di una dialettica". Nessuna novità come l’ha condita davanti alle telecamere nella conferenza stampa il leader, suo malgrado, della nuova sinistra parlamentare chic & freak che si trova ad avere la Binetti e la Bindi come “pasionarie”: già il vetusto Pci si vantava del suo “governo ombra” alle Botteghe Oscure. Un espediente grottesco, dunque, e démodé di chi non sa come spiegare perché ha perso un consenso dato per certo, incapace di individuare chi è stato il cattivo che ha rotto il bel giocattolo.
Grottesco è il bofonchiare da amante tradito: “Ho sentito il futuro premier dire che il Pdl si terrà entrambe le presidenze delle Camere. Poi, un certo tono nei confronti delle altre forze politiche, non solo il Pd, e una certa idea di autosufficienza non fanno vedere un buon inizio”. Senza mai rendersi conto che l’impressione che lascia in chi lo guarda e l’ascolta di là dal tubo catodico o dello schermo piatto, è quella costruita d’un malaccorto imbonitore da fiera, non certo quella di uno che parla col cuore in mano.
Non è, dunque, un caso che Veltroni torni a pensare e a parlare come un segretario del defunto Pci, annunciando la formazione di un governo ombra "che avrà un numero di ministri coincidente con quelli del governo e su ogni questione sarà protagonista di una dialettica". Nessuna novità come l’ha condita davanti alle telecamere nella conferenza stampa il leader, suo malgrado, della nuova sinistra parlamentare chic & freak che si trova ad avere la Binetti e la Bindi come “pasionarie”: già il vetusto Pci si vantava del suo “governo ombra” alle Botteghe Oscure. Un espediente grottesco, dunque, e démodé di chi non sa come spiegare perché ha perso un consenso dato per certo, incapace di individuare chi è stato il cattivo che ha rotto il bel giocattolo.
Grottesco è il bofonchiare da amante tradito: “Ho sentito il futuro premier dire che il Pdl si terrà entrambe le presidenze delle Camere. Poi, un certo tono nei confronti delle altre forze politiche, non solo il Pd, e una certa idea di autosufficienza non fanno vedere un buon inizio”. Senza mai rendersi conto che l’impressione che lascia in chi lo guarda e l’ascolta di là dal tubo catodico o dello schermo piatto, è quella costruita d’un malaccorto imbonitore da fiera, non certo quella di uno che parla col cuore in mano.
Chi è poi Veltroni per giudicare l’incipit di una nuova era, lui che si è pasciuto del cadavere parlamentare della sinistra per sopravvivere al disastro epocale della sua casta passata indenne alla bufera della fine della prima repubblica? Ha fornito i turaccioli a molti elettori: ora di quel gesto inconsulto non può che pagarne le conseguenze facendosi il Bertinotti del nuovo Parlamento. Del resto lo ha già cominciato a fare – “Non è un buon inizio e a ogni azione corrisponderà un'azione opposta e contraria” – con l’arroganza tipica che da sempre ha contraddistinto gli ex comunisti (forse non rendendosi ancora conto di aver perso non per un pugno di voti, come era accaduto all’avversario nel 2006, ma per milioni di voti) ed il trionfalismo insegnato alle Frattocchie: “Abbiamo recuperato quasi il 20%, e abbiamo costruito la più grande forza riformista che il paese abbia mai avuto”.
Povero Veltroni, va detto (e si colga l’ironia), è stata solo la “mancanza di tempo” a fargli perdere il treno elettorale: “Nell’Italia profonda… si sono manifestati quei problemi che avevamo individuato durante la campagna elettorale: la lotta alla povertà, la pressione fiscale, la cultura del veto nei confronti delle grandi infrastrutture e trasformazioni urbane, la sicurezza e l'immigrazione. [Su questi quattro temi] non siamo riusciti ad arrivare come avremmo voluto, anche per ragioni di tempo. Non era facile comunicare un cambio radicale di programma e di ispirazione politica”.
C’è solo ancora una cosa da aggiungere in merito alle “comunicazioni” di ieri di Veltroni, le sue lagrime da coccodrillo nei riguardi della sinistra massimalista. Per il leader post-comunista la responsabilità del fattaccio è anche della “legge elettorale in vigore che ha negato loro il diritto di tribuna. Il fatto che le forze come la Sinistra Arcobaleno non siano rappresentate in Parlamento lo considero un limite e un errore”: che colpa ne ho dice insomma Veltroni se sono stato costretto a farne un solo boccone. E poi, alla fin fine, non è alle viste alcuna confluenza della sinistra nel Pd, e quindi "non pensiamo certo di rappresentare quel che in Parlamento non è rappresentato". Un consiglio, dunque, alla sinistra “fuori”: quello di fare una sinistra “parlamentare” ombra che mostri una volta veramente per tutte quanto mal riposte siano state e sono le speranze affidate negli ex Pci ex Pds ex Ds Pd. Perché, Veltroni e la sua casta si renda conto che del Pd si può fare anche a meno.
Povero Veltroni, va detto (e si colga l’ironia), è stata solo la “mancanza di tempo” a fargli perdere il treno elettorale: “Nell’Italia profonda… si sono manifestati quei problemi che avevamo individuato durante la campagna elettorale: la lotta alla povertà, la pressione fiscale, la cultura del veto nei confronti delle grandi infrastrutture e trasformazioni urbane, la sicurezza e l'immigrazione. [Su questi quattro temi] non siamo riusciti ad arrivare come avremmo voluto, anche per ragioni di tempo. Non era facile comunicare un cambio radicale di programma e di ispirazione politica”.
C’è solo ancora una cosa da aggiungere in merito alle “comunicazioni” di ieri di Veltroni, le sue lagrime da coccodrillo nei riguardi della sinistra massimalista. Per il leader post-comunista la responsabilità del fattaccio è anche della “legge elettorale in vigore che ha negato loro il diritto di tribuna. Il fatto che le forze come la Sinistra Arcobaleno non siano rappresentate in Parlamento lo considero un limite e un errore”: che colpa ne ho dice insomma Veltroni se sono stato costretto a farne un solo boccone. E poi, alla fin fine, non è alle viste alcuna confluenza della sinistra nel Pd, e quindi "non pensiamo certo di rappresentare quel che in Parlamento non è rappresentato". Un consiglio, dunque, alla sinistra “fuori”: quello di fare una sinistra “parlamentare” ombra che mostri una volta veramente per tutte quanto mal riposte siano state e sono le speranze affidate negli ex Pci ex Pds ex Ds Pd. Perché, Veltroni e la sua casta si renda conto che del Pd si può fare anche a meno.
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