Ha scritto Lina Fritschi nella prefazione al suo “Poesie estreme. 1998-1999” (Edizioni dell’Erba, 2000 – Isbn 88-86888-33-3): “Ho riunito in questa raccolta le mie ultime poesie, quelle che un vecchio poeta militante da cinquant’anni non ha potuto respingere. Essa, la poesia, mi ha assillata e tormentata, ha insistito. E io l’ho tradotta in parole. Non so se coloro che mi leggeranno mi riconosceranno e mi capiranno. Io forse mi sono soltanto liberata da una ossessione, da un prepotente richiamo”. Lina Fritschi, nata a Pinerolo da genitori svizzeri, si avvicinò alla poesia dopo la morte del marito, ufficiale dell’aeronautica militare, deceduto per incidente di volo. Al suo attivo parecchie raccolte di poesia che hanno avuto importanti riconoscimenti. Dal libro riprendo tre poesie che hanno risvolti attuali di questi giorni.
Roma
Ho della città soltanto un amaro
ricordo, l’ultimo giorno di guerra.
Bombardarono Frascati, e i caccia
italiani e tedeschi insieme,
si alzarono a contrastare. Fra quelli
mio marito, e tutti dopo un whisky
e una sigaretta. Quando stravolti
ritornarono, gli italiani furono
addossati al muro, e udirono
la voce del comandante tedesco:
“Cinque minuti di tempo. Fuggite!
Un generale ha parlato da un trono
abbandonato, ha detto nemici
gli amici di ieri. Ma voi siete eroi,
fuggite, non prendo eroi prigionieri”.
L’attenti, uno scatto, il salto
sulle biciclette. E verso Roma
andarono gli eroi, a testa china
in cerca di rifugio.
A Ugo, mio compagno di scuola
Chi ricorda la decima M.A.S.?
Io so di bombe sotto l’acqua
cavalcate da giovani marinai
contro lo scafo della nave
nemica. A quanti metri di distanza
abbandonavano la groppa
bruciante, e tornavano a galla,
già lontani, mentre la nave
nemica nel boato gorgogliando
si inabissava? Io ricordo
la decima M.A.S. e il mio compagno di scuola.
Non tornò a casa, e invano
la madre lo attese. Lo uccisero a settembre,
un settembre mai raccontato.
Dicono gli spararono alle spalle
in un bosco di montagna, al confine.
Il suo corpo non ritrovato,
fu forse gettato nel mare
da quelle rocce alte, lassù.
Roma
Ho della città soltanto un amaro
ricordo, l’ultimo giorno di guerra.
Bombardarono Frascati, e i caccia
italiani e tedeschi insieme,
si alzarono a contrastare. Fra quelli
mio marito, e tutti dopo un whisky
e una sigaretta. Quando stravolti
ritornarono, gli italiani furono
addossati al muro, e udirono
la voce del comandante tedesco:
“Cinque minuti di tempo. Fuggite!
Un generale ha parlato da un trono
abbandonato, ha detto nemici
gli amici di ieri. Ma voi siete eroi,
fuggite, non prendo eroi prigionieri”.
L’attenti, uno scatto, il salto
sulle biciclette. E verso Roma
andarono gli eroi, a testa china
in cerca di rifugio.
A Ugo, mio compagno di scuola
Chi ricorda la decima M.A.S.?
Io so di bombe sotto l’acqua
cavalcate da giovani marinai
contro lo scafo della nave
nemica. A quanti metri di distanza
abbandonavano la groppa
bruciante, e tornavano a galla,
già lontani, mentre la nave
nemica nel boato gorgogliando
si inabissava? Io ricordo
la decima M.A.S. e il mio compagno di scuola.
Non tornò a casa, e invano
la madre lo attese. Lo uccisero a settembre,
un settembre mai raccontato.
Dicono gli spararono alle spalle
in un bosco di montagna, al confine.
Il suo corpo non ritrovato,
fu forse gettato nel mare
da quelle rocce alte, lassù.
Mio padre, mia madre
Che cosa, se non l’amore, li spinse
all’incontro? Lui dai fiumi tedeschi,
che vanno dal nord al sud e poi
ancora al nord rombanti fra le rocce.
Lei, estratta a forza, pallida ancora
dal collegio. Lei ritrosa fu spinta
nel grande letto immacolato.
Egli parlava soltanto tedesco,
e lei un mite italiano, preciso.
Ma andarono insieme fino alla morte,
forse cercando sempre
l’uno e l’altra lo sconosciuto.
1 commento:
IL POSTO PIU’…
...la radio trasmette un brano geniale
di Peter Gabriel e Phil Collins
ed io mi abbandono
in un sconcerto incontrollato…
Dopo aver a lungo incalzato riesco a parlottare
Con Peter e Phil
E a dormire con loro nel giardino del Paradiso musicale :
Il posto più del panorama fiorito
La distanza fra il coraggio di scrivere
E la conoscenza incisa dal paranormale.
Credo ne sia valsa la pena di vivere?
Per volare dentro una bolla di aria pura
Per trovarmi
Nascondermi e moltiplicarmi
Impolverarmi
Raccogliermi
E non aver fretta di cercare la verità.
Prima di dormire
Phil stringe la mia mano in ebollizione
Mentre Peter osserva la scena fra i cespugli…
E gli angeli trasmettono la sera.
Arriva la testimonianza dell’evento
Per tutti coloro che annaspano
Nello spirito irato del nostro tempo
Come in un rullante sorriso
Screpolato
Che non è più con noi
Perché di noi assilla il boato.
“È stato bello trattenermi un po’.”
Saluto a braccio alzato Peter e Phil
E volo via
Nel posto più :
Per respirare dentro una bolla di folla
Per ritrovarvi
Avvicinarvi troppo e incantarmi
Commentarvi
Illuminarvi
E appoggiarmi sulla ressa di quella mossa.
Torna e ricurva poter di Luna
La mangiatoia si trasforma
In una scolata invitante
Le mani appaiono per miglia e miglia
Il sudore inizia a sgolarsi
e il respiro si arrende alla fusione di Peter e Phil…
In volo, in una soffiata di musica pregiata.
“Da qui
Vedo la bolla del suono.”
Abbiamo discorsi, una strada,
Forse una casa, una chiesa
Ma il sole scoppierà un giorno
E la tenda sarà tesa.
Thanks to Peter and Phil.
©
Da “Il cuore degli Angeli”
di Maurizio Spagna
www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
paroliere, scrittore e poeta al leggìo-
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