giovedì 8 luglio 2010

Aria avvelenata

Ma che ti combina Il Giornale? Tanto da far girare ieri delle presunte parole di Berlusconi tipo «Non so cosa posso fare... Per me "Il Giornale" da tempo è diventato un problema, ma non si riesce a venderlo». Parole che sarebbero state usate per scusarsi col capo dello stato.
«C'è sempre un motivo, più o meno confessabile, per cui si fa una cosa e fare i finti tonti a posteriori è semmai motivo in più di sospetto. E siccome qui nessuno è fesso, vuol dire che l'aria è più avvelenata di quanto appaia». Cioè, nel mondo del potere niente accade per caso. Del resto, il caso Brancher, il più recente, ma non solo quello, è lì ad insegnarlo. È quanto Alessandro Sallusti evidenziava nel suo pezzo di commento allo «scoop» de Il Fatto Quotidiano.
E, dunque, l'incipit: «Che cosa avrà mai combinato di così grave e inconfessabile il presidente Giorgio Napolitano? A nostro avviso nulla. Secondo il Pd, invece, l'inquilino del Colle potrebbe presto incappare in qualche problema giuridico, tanto da chiedere una legge che lo protegga in modo tombale». E Sallusti cita Il Fatto, che nell'edizione del giorno prima aveva rivelato, «lasciando di stucco il mondo della politica», il testo di un emendamento al Lodo Alfano firmato da Stefano Ceccanti, autorevole costituzionalista del Pd, e da Felice Casson, l'ex magistrato impegnato come il primo ad impedire l'introduzione di scudi giudiziari. Testo che recita in sintesi: «Il presidente della Repubblica, durante il suo mandato, non può essere perseguito per violazione alla legge penale». Appena si è saputo, l'emendamento è stato subito ritirato, ma il fattaccio resta, e, dunque, è bene che se ne parli dando a Cesare quel che è di Cesare. Ah, ritirato dicendo ovviamente che si è trattato di un errore.
Errore? Si può ricamare, come fa sempre sullo stesso numero de Il Giornale Emanuela Fontana: «Una macchinazione politica? Un desiderio di compiacere Napolitano finito in modo maldestro? Un refuso? Il senatore e costituzionalista Stefano Ceccanti, l'uomo del giorno, risponde così al Giornale: "Era solo una riduzione del danno". Ma per ridurre un danno se n'è costruito uno grande come una montagna, una figura tremenda per il Partito democratico, conclusa con una "profonda irritazione del Quirinale", che al confronto il pasticcio sulle tredicesime del governo impallidisce come un errorino da inchiostro simpatico». E Sallusti, dopo aver osservato che «secondo la sinistra [come lui chiama il Pd] Napolitano non dovrebbe essere perseguibile anche se, impazzito, scendesse il Colle sparando su turisti e passanti», rincara: «Per la sinistra quello che vale per Berlusconi (deve essere processato in presenza di ipotesi di reato) non deve valere per Napolitano. Si deduce quindi che la battaglia contro il lodo Alfano non è a difesa della Costituzione e della legalità, come ci vogliono far credere, ma semplicemente per consegnare Berlusconi nelle mani dei giudici e farlo quindi cadere per via giudiziaria».
Ma come se il fatto in sé non fosse più che sufficiente, le argomentazioni di Ceccanti per spiegare il suo emendamento sono, osserva la Fontana, da mani nei capelli: «Se un magistrato politicizzato decidesse di aprire un'inchiesta su Napolitano, basterebbe un voto del Pdl in parlamento a mettere in mora il presidente della Repubblica». Cioè, sottolinea la giornalista, per come era scritto, il nuovo lodo rischiava di consegnare il capo dello Stato alle Camere, e dunque a un emiciclo politico, per qualsiasi reato.
Magistrato politicizzato? Chiosa Sallusti: «Allora non è vero che non esistono magistrati politicizzati, anzi ci sono e sono pure pericolosi, soprattutto se invece che indagare strumentalmente su Berlusconi mettessero nel mirino Napolitano, che oltre a essere Presidente è pure una bandiera storica della sinistra». Già, una frase, quella di Ceccanti, infelice che ha fatto mandare sulle furie mezzo Pd: «È una frase che nemmeno Ghedini direbbe per Berlusconi», lo sfogo.
E poi ci si mette anche il senatore dell'Idv Pancho Pardi: «Li ho (...) messi sull'avviso, perché a me pare chiaro il pericolo che al Colle possa salire Berlusconi. E allora che si fa?». E già, ma lo scandalo è il «silenzio totale, non una protesta e neppure un tiepido commento». Un putiferio sarebbe accaduto se Alfano o Ghedini avessero proposto lo stesso emendamento a favore del presidente del Consiglio, dice Sallusti: «Minimo avremmo il popolo viola in piazza, petizioni di Repubblica, edizioni speciali di Annozero e il solito circo che da anni si mobilita a comando». E aggiunge: «Resta da capire se tanta omertà è per l'imbarazzo di dover coprire senatori impazziti (non sarebbero i primi) o se invece è dovuta al fatto di essere stati beccati con le mani nella marmellata. Cioè di voler salvare, praticamente di nascosto, Napolitano da qualche cosa di terribile che gli potrebbe capitare addosso. Già, ma che cosa?». Una domanda che molti si facevano in Senato: «Che cosa avrà mai fatto Napolitano?». E ancora: «Stanno arrivando inchieste che lo riguardano? C'è un suggerimento del Colle?». Tanto insistenti da far intervenire il Quirinale a smentire: «Assolutamente no. Siamo caduti dalle nuvole. È un giochetto di emendamenti di iniziativa parlamentare al quale siamo del tutto estranei». Del resto, anche Sallusti scrive: «Pur usando tutta la fantasia è difficile immaginare il Presidente intrallazzare col costruttore di turno, accumulare ricchezze illecite per arrotondare la futura pensione, tantomeno intrattenersi, non sapendo di essere intercettato, in conversazioni leggere sui vizi umani, cosa da un po' di tempo tanto di moda nei palazzi della politica italiana».
Una vicenda, insomma, di masochismo politico. Perché di essa in fondo resta solo l'autosputtanamento. Cioè, per dirla con le parole di Sallusti: «Certo da oggi la sinistra [il Pd] sarà ancora meno credibile quando sosterrà che la Costituzione è intoccabile e che le leggi devono valere per tutti, alte cariche dello Stato comprese».

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