venerdì 2 luglio 2010

L'elefante e le formiche

Qualche giorno fa il Consiglio dei ministri ha varato un decreto legge che assegna poteri straordinari per la realizzazione «di opere urgenti e indifferibili connesse alla trasmissione, distribuzione e produzione dell'energia». Questo perché una quarantina di ricorsi ai Tar, al Consiglio di Stato e presidenza della repubblica hanno di fatto impantanato nella giustizia amministrativa 23 richieste di costruzione di centrali elettriche. A questo come ricordavano i giornali si aggiungono sette ricorsi al Tar riguardanti l'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata dal ministero dell'ambiente, che disciplina l'esercizio degli impianti.
I ricorrenti vanno dai semplici cittadini, agli enti locali comuni, province, regioni, a movimenti ambientalisti e associazioni.
La prima riflessione è che se vi è tanta avversione ad un impianto tradizionale di produzione dell'energia elettrica, sicuramente qualche motivo c'è ed è sicuramente fondato. La semplice presenza di un indennizzo alle popolazioni interessate, come il caso lodigiano della centrale Sorgenia di Turano-Bertonico, dovrebbe far pensare che non è una regalia d'un babbonatale di passaggio, ma piuttosto uno «scambio»: soldi in cambio di salute e disagi.
Con troppa semplicità oggi, anche dalla stampa che dovrebbe invece essere attenta quantomeno utopicamente a ciò che può interessare e riguardare i propri lettori, si etichetta ogni contestazione come «sindrome Nimby». Not in my backyard, non nel mio cortile. Insomma una denuncia di una sorta di egoismo per cui la necessità deve sempre essere risolta da qualcun altro che se ne faccia carico. Un po' un uso simile a quello che si faceva anni fa in politica con la parola «qualunquista».
A nessuno però viene in mente che se c'è una opposizione tale da rendere inefficace una legge creata ad hoc, la «sblocca centrali» 55/2002, forse qualche problema reale e concreto potrebbe esserci, come pure la legittimità del rifiuto d'un baratto iniquo: profitto di pochi, danno per molti. E da qui la seconda riflessione. Non è il caso di cominciare a pensare ad una nuova «filosofia» di vita, cogliendo il messaggio che ci viene dalla crisi globale e dal fallimento ormai dimostrato di ogni implementazione del capitalismo, di ogni modello fondato sul profitto e sullo sfruttamento?
Insomma perché non cominciare a chiedersi, nel caso della produzione e dell'utilizzo di energia, certo soppesando la questione nella sua complessità, se valga più un elefante o un esercito di formiche? Se, ad esempio, ogni abitazione civile può riuscire a produrre con le nuove tecnologie alternative, come si afferma, quanto è il suo fabbisogno elettrico, anzi a vendere energia, come si reclamizza, perché non indirizzare su questo percorso le risorse finanziarie necessarie a costruire un impianto «centrale» equivalente in termini di energia prodotta, ma molto più oneroso? Sarebbe un primo passo verso l'«utopia».

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