mercoledì 14 luglio 2010

Berlusconisti

Ieri leggevo tutta una serie di articoli pubblicati dai quotidiani più diffusi sulla situazione politica, particolarmente dopo la cena da Chez Bruno e la profferta delle «larghe intese» di Casini. Argomento quest'ultimo su cui qualcosa da dire c'è, ma non qui. E mentre leggevo, mi chiedevo di che stavo leggendo. O meglio di che cosa si stesse discutendo nei corridoi della politica e sui giornali. Per farla breve, avvertivo lo iato tra la «sensazione», chiamiamola così, dei problemi reali che la gente vive quotidianamente, realtà inelusibile, ed il concionare su chi debba o non debba essere il manovratore, il bigliettaio, il controllore come se la cosa più importante non fosse che il tram comunque deve andare.
E mi veniva alla mente l'intervista che Silvio Berlusconi aveva rilasciato al direttore di «Studio Aperto» integralmente riportata da Libero il 9 luglio scorso. In essa, ad esempio, Berlusconi concludeva, parlando dell'intervento immediato all'indomani del terremoto: «La ricostruzione dell'Aquila spetta oggi alle istituzioni e alle autorità locali. Il governo deve dare i finanziamenti, cosa che è stata puntualmente fatta. I finanziamenti sono a disposizione del Comune dell'Aquila e della Regione, e devono essere questi enti che devono operare per trasformarli in realizzazioni concrete». Perché non si discute di questo, forse perché non c'è niente da discutere? I finanziamenti ci sono, non ci sono? Ci sono intoppi? Come si può rimediare? Invece no! Si usano i terremotati, magari portandoli in massa a cortei non autorizzati a prender botte, arruolando, come qualcuno ha scritto anche il terremoto e il suo post nell'antiberlusconismo militante. Per non perdere la faccia. Perché l'impressione è nettamente questa. Sallusti, per quanto antipatico e «servo del padrone» ricorda in un suo pezzo inconfutabilmente che fu invece Berlusconi, in giorni non sospetti, cioè a ridosso del sisma a dire che per ricostruire i centri storici e far rientrare la gente ci sarebbero voluti dai dieci ai quindici anni e una quantità di milioni di euro ancora non definibile. Una previsione supportata da unanimi pareri tecnici. Non fu lui, dunque, ad illudere gli aquilani. Ma tant'è che si continua a pretendere la bachetta magica, non si sa con quale utilità se non quella dell'uso strumentale «ad personam».
Un altro punto della citata intervista riguarda la lotta alla criminalità organizzata. Dice Berlusconi: «Per quanto riguarda la lotta alla criminalità, il nostro governo è quello che ha fatto di più e meglio in sessant'anni di storia repubblicana contro la criminalità organizzata. Ricordo che in due anni abbiamo sequestrato beni e soldi della mafia e della camorra per più di dodici miliardi di euro, abbiamo arrestato 5.600 presunti mafiosi. Tra cui 26 dei 30 ritenuti più pericolosi. Ecco, lo ripeto: nessun governo ha fatto di più e meglio di noi». Altri dati sui quali non c'è discussione, semplicemente perché non c'è nulla da discutere.
E veniamo all'«intenzione» politica. Dice a Toti Berlusconi: «Io ho fondato il Popolo della Libertà per mettere insieme tutti i partiti del centrodestra, in pratica per mettere insieme tutti gli italiani che non si riconoscono nella sinistra. E l'ho fatto anche per cambiare la politica italiana e per modernizzarla». E più avanti: «Questa è anche la nuova moralità che noi abbiamo portato nella politica, quella di rispettare gli impegni assunti con gli elettori. Quindi ho in mente semplicemente di continuare a governare con passione, con determinazione e con slancio, per rispettare gli impegni assunti con gli elettori». Certo, le parole di Berlusconi non vanno prese acriticamente per oro colato. Saremmo ingenui se lo ritenessimo una sorta di mecenate politico del popolo italiano. Del resto, si può sottoscrivere la lettera che Vittorio Feltri gli dedicava il 29 giugno scorso: «Caro presidente Berlusconi, leggo sulle agenzie che lei è favorevole ad uno sciopero degli italiani contro i giornali perché disinformano e prendono in giro i lettori. Sarebbe una buona idea se non presentasse un rischio: che gli italiani poi la applichino anche contro i politici. I quali nel nostro Paese sono i soli più bravi dei giornalisti a prendere in giro i cittadini, lettori ed elettori». Ma resta un fatto, che non ci si prova a sbugiardare il premier sul programma, quanto piuttosto attribuendogli tutte le goffe bestiate dei suoi collaboratori. Non che lui ne sia esente, perché a mettere molto del suo non si tira indietro. Insomma, si parla per dirla con una metafora di tette e culi della politica invece che discutere di qualità e quantità delle soluzioni pensate per i problemi. Si critica, si demonizza il nuovo moloc, il berlusconismo, ma a ben guardare si finisce per essere più berlusconisti di Berlusconi.

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