martedì 20 luglio 2010

Larghe pretese

Qualche giorno fa, Rocco Buttiglione, intervistato da Libero, diceva: «Silvio Berlusconi dovrebbe avere il coraggio di seguire l'esempio di Angela Merkel: farsi promotore di un governo di responsabilità nazionale, di larghe intese, per il bene del Paese, guidato da lui stesso. Così si può rafforzare la politica e porre un freno al malaffare». A suo tempo Tangentopoli ha insegnato che il malaffare era trasversale, e che tutte le forze politiche ne erano invischiate. Basti ricordare il famoso discorso in Parlamento di Craxi, mai smentito dai fatti. E, dunque, perché l'allargamento della maggioranza all'attuale arco parlamentare dovrebbe garantire un rafforzamento della politica o costituire un freno al malaffare. Solo perché ci sarebbe concorrenza sul magna-magna? O perché Buttiglione, che non è andato alla cena da Chez Bruno («Non sono stato invitato, bastava Pier Ferdinando»), dica: «Se ci venisse chiesto di essere utili al Paese aderendo a un governo di responsabilità nazionale sostenuto da tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell'Italia, saremo pronti a dare il nostro contributo». AAA, offresi salvatore della patria, insomma. Ma una domanda, quei «tutti coloro» come li individui? Hanno le stigmate? Un'aureola o un marchio doc impresso a fuoco da qualche parte? E poi, chi dovrebbe guidare questo governo di saggi di specchiata moralità? «Senza voler scavalcare il ruolo del presidente Napolitano, l'incarico andrebbe dato al capo del partito di maggioranza relativa, cioè Berlusconi». Ma allora cosa cambia rispetto alla situazione attuale? Poiché «non siamo disponibili a entrare secondo logiche di rimpasto e non ci piacciono i finali a tarallucci e vino» ci entrate con altro lasciapassare? Un lasciapassare che dovrebbe garantirvi un ruolo, per non rischiare d'essere solo mani da alzare a comando? E questo sarebbe un governo che deve «salvare» l'Italia?
E al giornalista, che scemo non è, scappa la domanda: «Secondo lei il Cavaliere è disposto ad ammettere il fallimento del suo attuale esecutivo e aprire una crisi?». Che la domanda si risponda da sé è evidente. E Buttiglione supera lo scoglio con tutta la fantasia che ha a disposizione. Dice: «Il premier non deve venire in Parlamento a dire che il suo governo è fallito, ma solo prendere atto che le condizioni politiche ed economiche che c'erano nel 2008 oggi non ci sono più. L'Italia ora ha bisogno di un esecutivo che vada oltre l'attuale maggioranza per mettere in campo risposte serie alla crisi economica». Un'overdose di fuffa insomma da propinare al «popolo bue».
Ma c'è un altro aspetto interessante dell'intervista e riguarda, questo sì, il fallimento del bipolarismo. Per Buttiglione la politica è debole «perché questo bipolarismo è fallito. E i due partiti che lo incarnano, Pd e Pdl, non hanno raggiunto la loro missione. Per questo motivo occorre un altro sistema politico che superi il bipolarismo». Insomma, un partito non lo si costruisce sul predellino d'un'automobile on in un loft al calduccio del caminetto. Due idiozie che hanno fatto gridare alla novità e sognare molti, soprattutto i portaborse, magari quelli che pensavano, e forse pensano tuttora, di usare il proprio condominio come trampolino per un palazzo a Roma. Già, bisognava insistere allora, ai tempi di quel nefasto referendum, che chi lascia la strada vecchia per la nuova sa cosa lascia e non sa cosa trova. L'Italia ha trovato Berlusconi. Forse la salvezza sarebbe proprio in un ritorno al proporzionale, ma non fa tendenza.
La questione morale si è ingigantita nel frattempo. Lo conferma anche Buttiglione che dice: «Sì e non si risolve con i codici etici, ma solo con un ritorno ai partiti veri. Quelli di oggi sembrano più accozzaglie di gruppi di interessi che si muovono secondo sistemi feudali. Ma quando i partiti funzionano bene, con regole democratiche, sono anche in grado di selezionare una buona classe dirigente». Forse, perché il giornalista, che è Gianluca Roselli, ribatte «Però la corruzione esisteva anche nella Prima Repubblica, quando c'erano partiti come intende lei». E Buttiglione, che ha sempre una risposta: «Sì, ma ha riguardato solo gli ultimi dieci anni. Possiamo dire che il degrado è iniziato dopo la morte di Aldo Moro». Un trauma non assorbito produce conseguenze non sempre prevedibili. Ma per favore!
Chiudo. Chiudo con la chiusa di un articolo di Marcello Veneziani su Il Giornale di quasi una settimana prima. È un appello serio. Dice Veneziani dopo aver parlato dei «golpettini di tosse» di vari personaggi che reggono l'opposizione dentro e fuori la maggioranza: «Torniamo seri: incalzate Berlusconi e il suo governo, criticatelo e opponetevi com'è vostro diritto e dovere, ma lasciatelo governare per i restanti tre anni, senza velleitari golpettini. Poi dopo i tre anni si va alle urne: se c'è qualcuno che prende ampia maggioranza governa; in caso contrario, come è accaduto in Germania e in Inghilterra, si tenti pure la carta della grande coalizione, dando la guida a chi ha preso più voti degli altri. Allora deciderete con l'interessato, se mandare Berlusconi alle Bahamas, al Quirinale o sotto i giudici, finito l'ombrello Alfano». Buon senso, solo puro buon senso. Insomma «costringete il governo a governare e non ad andarsene». Oltretutto tentare di sovvertire la volontà popolare espressa con il voto, è un brutto precedente. E su questo dovremmo essere d'accordo tutti.

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