lunedì 12 luglio 2010

La banda dei quattro

Voci di sciagura oggi dal Giornale: «Il partito? È come se non ci fosse più»; «La situazione sta per esplodere, non so quanto andremo avanti così...». Il Pdl si sfascia? No, no! Il Pd collassa? Già fatto da tempo. Ma allora? Nel mirino del quotidiano di Feltri, che raccoglie il testimone da Libero, è la Lega. Macché partito leninista, macché monolito! L'allarme che si vuol lanciare è che il partito del Trota (il figlio di Bossi) e del Tonno (Calderoli) sia finito in pescheria. Ma prima d'ogni commento è utile un passo indietro fino al 5 luglio scorso.
Quel lunedì Il Giornale pubblica, come oggi, un pezzo di Paolo Bracalini che delinea uno scenario quanto mai spiacevole: «Senza finiani, la Lega unico puntello del governo», ed il sommario spiega: «I voti di Bossi indispensabili sia alla Camera sia al Senato, ma il federalismo, per ora, garantisce l'alleanza». Per ora, 5 luglio. Bracalini fa i conti: «Alla Camera, una volta tolti i fedeli di Gianfranco, il Pdl rimarrebbe con 246 deputati, ben lontano da quota 316 (metà più uno dei seggi) che assicura la maggioranza». Ovvia conclusione: «Essenziali sono quindi i 59 onorevoli leghisti (prima erano 60, ma al posto di Roberto Cota è subentrato un neodeputato che non è stato accettato nel gruppo per via di problemi giudiziari) che con qualche inevitabile approssimazione, potrebbero garantire la tenuta dell'attuale coalizione di governo». Lo stesso al Senato, dove la maggioranza è 158, il centrodestra senza finiani e Lega sarebbe ridotto a 136. I 26 senatori della lega sarebbero anche qui necessari. La Lega, dunque, ago della bilancia per questa legislatura.
Detto questo si comprendono le ultime vicende, inclusa la cena da chez Bruno, nell'ottica di scongiurare un possibile déja vu e allontanare gli spettri del '94 che aleggiano inquietanti nei corridoi della politica. Un ruolo governativo per l'Udc, ad esempio, potrebbe essere l'ovvia contromossa all'uscita dei finiani. E ben si capisce il netto niet di Bossi. Del resto Bracalini nell'articolo soffiava sulle braci dando notizia dell'esistenza di tentativi d'approccio del Pd, anche se diceva che si sbagliava chi avesse voluto adombrare «un piedino sottobanco tra Pd e Lega». E ricordava la risposta di Calderoli alle avances di Bersani, che aveva detto: «se la maggioranza non ce la fa, bisogna pensare a qualche altra ipotesi». Con "tono non proprio languido": «Bersani può fare il golpista o l'inciucista solo a livello teorico, perché la Lega non c'è per fare gli inciuci o per andare contro la volontà popolare». Il peso difficile da equilibrare sulla bilancia dell'inciucio è il federalismo fiscale che ormai intravede il traguardo. E sottolinea Bracalini commentando: «Nella nuova maggioranza Lega-Pdl berlusconiano, invece, il federalismo potrebbe compiersi nel modo auspicato dalla Lega, cioè con quella "trazione nordista" a cui proprio Fini aveva giurato battaglia». Nessuna tentazione insomma di rovesciare il tavolo. Perché, come chiude l'articolista, «i matrimoni di interesse alla fine sono quelli più stabili».
Cinque giorni dopo, il 10 luglio, Libero annuncia: «Un correntone leghista sfida Calderoli e Maroni». Il correntone sarebbe una sorta di "banda dei quattro": «Reguzzoni, Bricolo, Mauro e Belsito vogliono più spazio, forti del legame con la famiglia Bossi», e sono rispettivamente il neo-capogruppo alla Camera, il presidente dei senatori padani, la vicepresidente del Senato e il tesoriere del Carroccio e sottosegretario. Ma alcuni particolari dell'articolo di Giuliano Zulin non possono non attirare l'attenzione. Innanzitutto la sede del «correntone»: Roma, zona parlamento. Dice Zulin: «Operano fisicamente nella Capitale, ma telefonicamente sono spesso in contatto con Gemonio, dove risiede Umberto Bossi». E aggiunge un «lo chiamano spesso... praticamente su tutto».
Una corrente «romana», insomma, nata non dal radicamento nel territorio, ma «quasi per caso, grazie alla contiguità fisica dei singoli parlamentari». Ma, per chi comincia già a sorridere, Zulin insiste e assicura: «Ma l'affiatamento sta crescendo giorno dopo giorno. Fanno gruppo e fanno ombra ai colonnelli storici della Lega. A partire da Roberto Maroni e Roberto Calderoli». E parla di grandi manovre: «i "quadrumviri" leghisti della Capitale starebbero studiando il modo per mettere Giancarlo Giorgetti nelle condizioni di non fare più il segretario della potente Lega Lombarda. Il nome del successore? Marco Reguzzoni». E poi la «sostituzione del leader della Lega Piemont. Attualmente il segretario è Roberto Cota, presidente della Regione ed ex capogruppo alla Camera. Il candidato? Enrico Montani, senatore leghista eletto a Verbania». Ed infine Zulin ricorda l'espulsione dal parte di Angelo Alessandri del suo vice, Marco Lusetti perché «possibile competitor dello stesso Alessandri alla carica di segretario al prossimo congresso della Lega Emilia».
Un fronte interno? A leggere il titolo del Giornale di oggi si direbbe che siamo prossimi all'implosione: «Così la Lega rischia di esplodere», ma poi a leggere il testo la cosa si ridimensiona da sé. L'effetto della banda dei quattro è stato quello «di ricompattare come mai prima d'ora gli storici leader del partito, da Maroni a Calderoli a Giorgetti, tra cui regna davvero l'armonia». Scrive oggi Bracalini: «C'è una parola che circola nel partito, «Cerchio magico», che riassume il senso dei malumori. Si riferiscono, le lamentele interne, ad un quartetto di leghisti con cariche importanti che farebbero il bello e cattivo tempo nel partito, grazie all'influenza su Bossi e famiglia, senza però - raccontano - né un seguito sul territorio né un vero consenso tra i parlamentari». I quattro già citati. Del Reguzzoni poi ci vien detto che è stato «eletto alla guida dei deputati con una esigua minoranza di voti e per questo nominato da Bossi con un termine temporale di un anno». In prova, insomma. E poi, scoop del Giornale, c'è «Manuela Marrone, moglie del Senatùr, che pur non avendo un ruolo formale nella Lega, avrebbe potere di veto e di indirizzo». Perbacco, che partito celodurista! Ma non temete «una segretissima fonte ben informata» dice a Bracalini che «la vera Lega è il restante 99% del partito, che non è con loro ma con Maroni, Calderoli e Giorgetti». Insomma banda dei quattro gatti.
Ma il complotto c'è, insiste Il Giornale: «Il cosiddetto "Cerchio magico", comandando anche severamente (con frequenti lavate di capo...) sta creando forti tensioni dentro il partito, tanto da cancellare ogni linea di separazione precedente, non solo quella tra colonnelli, ma anche quella tra compagini territoriali, come spiegano certi parlamentari bergamaschi che addirittura parlano di una situazione di "pericolo»" per la Lega. Tutto si gioca tra Roma e Lombardia, mentre Piemonte e Veneto reastano a guardare». «Non senza preoccupazioni», aggiunge il giornalista di Feltri.
Alla credibilità della Lega sin qui di picconate ne sono state date, ma non basta. «Il problema è il forte ascendente del "Cerchio magico" su Bossi, non solo per la presenza della moglie, ma anche per il progetto - nato proprio in questo ambiente - di proiettare i figli del Senatùr nell'attuale e futura dirigenza della Lega, a scapito di quella attuale». Già il Trota, infilato nel collegio di Brescia invece che in quello di Varese, «perché a Varese non sarebbe mai stato eletto, lì non hanno i voti», come spiegherebbe, dice Bracalini, un leghista.
E siamo al top. Dice il giornalista del Giornale: «I rampolli, insomma, farebbero parte di un disegno che punta a prendere le redini del partito ridimensionando l'influenza dei colonnelli». Lasciamo perdere il resto. Il dubbio però viene a Bracalini sul suo racconto, tant'è che butta lì una domanda retorica: «Fantapolitica leghista?». No, no, «la domanda semmai è un'altra: perché i colonnelli non agiscono?». Già, perché? E che ti trova il Bracalini come risposta? «"Stanno solo aspettando", sussurra una padano lombardo». Bellissimo! Aspettando Godot.

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