venerdì 30 luglio 2010

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Riprendo dal Corriere della Sera di un paio di giorni fa la lettera di Milena Gabanelli sul Veronesi nucleare.
«Caro direttore, premetto che non ho interesse per le preferenze politiche del Prof. Veronesi; è un oncologo di fama e mi aspetto che faccia tutto quello che può per curare il cancro. Da un paio d'anni è anche senatore, carica che ha accettato a patto che non gli porti via tempo per i suoi pazienti. Intento nobile verso i pazienti, meno verso i cittadini che, pagando un lauto stipendio ai senatori, si aspettano che dedichino le loro energie alla gestione politica del Paese. Ora è stato proposto il suo nome come Presidente dell'Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, nomina che accetterebbe volentieri, di nuovo a condizione che non sottragga tempo ai suoi pazienti. Ovvero, bisognerebbe adattare le necessità di un'agenzia così delicata e fondamentale agli impegni del candidato presidente. Intanto venerdì scorso in Senato è stato approvato un decreto che gli consentirebbe, se volesse, di andare in deroga alla legge che vieta a chi ha incarichi politici di presiedere un'authority». Già l'incipit elenca una serie di aspetti negativi che una simile candidatura «part-time» non mancherebbe di evidenziare. Soprattutto il fatto che il «fiore all'occhiello» sarà ripagante per chi lo propone, non certo in genere per chi lo subisce. E poi con paletti vincolanti, qualora ci tenesse così tanto perché non un incarico onorario, una medaglietta ricordo, un attestato da appendere alle pareti dello studio per dire «sono stato anche questo». Sulla falsariga d'un altro aspetto evidenziato nella lettera, che però sconcerta se relazionato al contesto. Evidenzia la Gabanelli: «Riguardo invece alla sua competenza in materia, scrive: "Sono un appassionato di fisica, non a caso ho ricevuto la laurea honoris causa"».
La lettera non manca di evidenziare che «nuclearista convinto, cita la Francia come modello di qualità di vita per noi italiani. Partendo dal presupposto che l'agenzia non sia un bluff ma qualcosa di straordinariamente serio, non è affatto rassicurante l'idea che venga diretta (nei ritagli di tempo) per 7 anni, da un uomo che oggi ne ha 85, anche se è il più bravo oncologo del pianeta. Presiedere l'agenzia per il nucleare vuol dire affrontare problemi di carattere tecnico, elaborare i regolamenti insieme ai commissari, dare il parere sui progetti, verificare il rispetto delle regole e prescrizioni a cui sono sottomesse le installazioni. Un lavoro certamente a tempo pieno, meglio se subordinato a una competenza specifica, più che a una passione». Appunto. E la Gabanelli non manca di fare il confronto: «Siccome il Prof. Veronesi cita il modello francese, saprà che la loro agenzia (ASN) è diretta da Jean Christophe Niel, 49 anni (laureato in fisica teorica che ha ricoperto incarichi di vertice nel controllo sul ciclo del combustibile e dei rifiuti, ed è stato per anni capo del dipartimento per la sicurezza dei materiali radioattivi). Il presidente è Andrè-Claude Lacoste, 69 anni, ingegnere, da 17 anni con incarichi direttivi nel settore sicurezza nucleare». Sarebbe come affidare il lavoro di oncologo ad un semplice appassionato di medicina. L'esempio calza, e come calza, sempre che l'Agenzia non sia un «bluff» come altri messi in piedi dal governo Berlusconi.
C'è poi un problema, che un oncologo non dovrebbe trascurare: «Il Prof. Veronesi ha poi espresso un'opinione sul fattore rischio («oggi calcolato quasi vicino allo zero»), che sembra non tener conto dei cosiddetti piccoli incidenti quotidiani, riportati da tutte le Agenzie, che si verificano proprio in Francia; per non parlare delle basse emissioni permanenti degli impianti, come dimostra lo studio del Prof. Hoffman ordinato dalla Cancelliera Merkel». Ma la Gabanelli va oltre: «Parlare invece di nucleare come "l'alternativa più valida al petrolio" è solo suggestivo, poiché il petrolio serve soprattutto a far muovere le macchine e solo in minima parte ad alimentare le centrali elettriche. Infatti in Francia, Paese più nuclearizzato d'Europa, il consumo procapite di petrolio è più alto rispetto a quello italiano. Succede di essere approssimativi quando ci si occupa di troppe cose». Già, già, come si dice il troppo stroppia.

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