È estremamente sconcertante, per usare un eufemismo, la denuncia fatta da Okechukwu Ibeanu, relatore speciale dell'Onu per gli effetti dei rifiuti tossici sui diritti umani, durante una riunione di un gruppo di esperti sull'argomento a Ginevra: ogni anno muoiono a causa di avvelenamento da prodotti chimici pericolosi circa 47 mila persone. Solo dagli anni Settanta la nuova generazione di rifiuti tossici ed il loro aumento ha contribuito a formare una consapevolezza crescente dei pericoli di tali sostanze per la salute e l'ambiente. E di conseguenza c'è stata nei paesi industrializzati una elaborazione di testi legislativi e sono state fissate delle regole. Questo però ha determinato l'effetto collaterale di far salire il costo del trattamento di questo genere di rifiuti con la conseguenza che le aziende trovano più conveniente mandarli in paesi poveri dove il loro smaltimento costa meno. Secondo Ibeanu oggi la situazione si è fatta ancora più complessa: «I rifiuti tossici pericolosi continuano ad essere prodotti nel Nord del mondo e scaricati illegalmente nei paesi in via di sviluppo da società senza scrupoli». Ma «i prodotti e i rifiuti tossici non conoscono frontiere, e sono trasferiti non soltanto da Nord a Sud del mondo, ma anche, e sempre di più, tra paesi sviluppati o tra paesi in via di sviluppo». Insomma, è il tempo di non limitarsi semplicemente a lavarsi le mani, tanto a subirne le conseguenze della loro pericolosità sono altri. Può toccare anche a noi la stessa sorte e non è detto che non possiamo già essere delle vittime inconsapevoli.
In materia di rifiuti tossici e pericolosi esistono tre trattati internazionali: la Convenzione di Basilea sul trasporto e l'eliminazione dei rifiuti pericolosi, in vigore dal 1992; la Convenzione di Bamako che proibisce l'importazione in Africa di tali sostanze, adottata nel 1996 per interessamento dell'Unione Africana; la Convenzione di Londra sulla prevenzione dell'inquinamento dei mari causato da smaltimento per immersione di tali sostanze.
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