Per quanto riguarda Comuni e Province c'è stata alla fine un'intesa che dovrebbe portare alla presentazione entro il 31 luglio in Parlamento del decreto attuativo sul trasferimento delle imposte relative a Comuni e Province, che dovrebbe rappresentare il primo passo concreto per l'attuazione del federalismo fiscale. Si è poi convenuto l'impegno a realizzare entro ottobre un monitoraggio per calcolare e smaltire i residui passivi e rimodulare di conseguenza il patto di stabilità interno. Altro aspetto positivo è l'intesa per l'istituzione di una commissione mista «a costo zero» per individuare gli sprechi.
Resta invece aperto lo scontro tra Stato e Regioni. Anche se nel fronte dei governatori qualche differenza è stata notata. Ad esempio, dice il Corriere, «al punto stampa si è notata l'assenza dei due governatori leghisti Luca Zaia (Veneto) e Roberto Cota (Piemonte)».
Saltando di palo in frasca, ieri in una intervista rilasciata a la Padania il ministro Sandro Bondi diceva: «L'Italia ha anche il problema di non avere una classe dirigente degna di questo nome. Vi sono ambienti imprenditoriali, finanziari e culturali, quelli che per essere chiari sono proprietari di quotidiani come il Corriere della Sera e la Stampa, che sembrano non avere alcuna idea degli interessi generali del Paese. È un problema che affonda le sue radici nella storia di questo Paese». La citazione per osservare come in effetti la sensazione vi sia leggendo che su molta stampa si «parteggi» in qualche modo per le Regioni nella vicenda, e forse solo perché sembra un attacco bipartisan a Tremonti in primis e di riflesso, ciò che conta, a Berlusconi. Perché questo gran recriminare reiterato come, ad esempio, Formigoni fa, sui «conti falsi» presentati da Tremonti («Non si possono falsificare i dati», intervista dell'8 luglio su Libero), condito poi - respingendo l'accusa di un'ennesima battaglia corporativa - con un «Non direi. La scorsa settimana ho raccolto il plauso di tutto il mondo associativo lombardo, da Confindustria ai sindacati fino al mondo universitario. Nessuno vuole che vengano tagliati i treni, i contributi alle famiglie e perfino l'assistenza ai disabili», un mix di fuffa propagandistica e minacce quando si sa che ben altro in Lombardia si può e si dovrebbe tagliare, per fare un paragone sembra nient'altro che l'isteria di un bambino quando gli si dà l'impressione di volergli portare via le caramelle.
Nella realtà della «cronaca comparata» il fronte delle Regioni è variegato e tutt'altro che compatto. Formigoni sente sempre più sul collo il fiato della Lega che alla chetichella sta arrivando al dunque e comincia a chiedere conto degli sprecchi intesi a favorire certa base elettorale del governatore; per altri invece, come la Polverini, è la difficile eredità dei debiti nella sanità e i tagli potrebbero voler dire ulteriore imposizione fiscale sui cittadini già tartassati per il risanamento. E non a caso mentre Formigoni fa la voce grossa dicendo che la manovra è «insostenibile» perché avrà «ripercussioni pesantissime sui cittadini, impedendoci di dare i servizi essenziali», cioè balle propagandistiche, la Polverini, come riporta il Riformista, tende piuttosto a ribadire un altro concetto: «Rivendico di non aver chiesto soldi per il Lazio in questa manovra ma di aver chiesto solo il tempo e alcuni strumenti normativi per far fronte alla situazione difficilissima che ho ereditato, sul piano finanziario generale e soprattutto sul piano sanitario».
E poi, siamo seri, Errani e i governatori minacciano la riconsegna delle deleghe attribuite alle Regioni dalla riforma Bassanini. Ma occorre perché questo sia possibile una legge, al limite un emendamento alla manovra. Cosa che Tremonti si è dichiarato pronto a permettere «se intanto le Regioni ci ridanno la delega per i controlli sulle pensioni di invalidità». Una provocazione o, se più vi piace, una presa per i fondelli. E Tremonti, uno che sa cogliere la palla al balzo, non lesina la sua ironia anche su l'altro fronte della rivendicazione, quello che così facendo, con la manovra, si sconfessa il federalismo (sempre Formigoni). Dice Tremonti: «Come si fa a dire che il federalismo è morto, anzi è morta persino la Bassanini, e poi chiedere la contemporaneità dei decreti attuativi del federalismo?». Un po' di confusione mentale insomma è ciò che traspare, fa capire il ministro. Che rassicura anche i pendolari usati da Formigoni come ostaggi: «Sul trasporto pubblico locale e sui servizi il nostro impegno è massimo a evitare disagi ai cittadini: i pendolari non rimarranno per strada». Cosa che oggi almeno in Lombardia capita spesso, se non un giorno sì e un altro pure, come si legge dalle continue proteste dei pendolari pubblicate dai giornali locali.
Dice Bondi di Tremonti nell'intervista citata: «Quando si giudicherà la natura di questa crisi economica e questo momento della storia italiana, senza alcun pregiudizio politico, il ruolo svolto dal ministro Giulio Tremonti apparirà nel suo giusto valore. Io penso che già ora si possa dire che l'Italia ha svolto nella crisi economica, grazie a Tremonti e al Presidente Berlusconi, un ruolo da protagonista, un ruolo influente e ascoltato, sia dal punto di vista culturale che politico». Molta enfasi certamente, ma almeno una cosa è netta, che i due sembrano gli unici ad aver ben compreso che sui conti pubblici bisogna smettere di scherzare: «Zero carbonella, ghe n'è no di danè», Berlusconi, o per dirla con Tremonti: «Non è più l'epoca dei grandi contributi».
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