La notizia di oggi è che sono stati respinti dal Tribunale di Milano i ricorsi contro l'elezione del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. I ricorsi erano stati presentati dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e da un avvocato milanese. Con essi si chiedeva che i giudici del tribunale civile di Milano dichiarassero l'ineleggibilità di Formigoni in base alla legge del 2004 che impedisce la candidatura dopo due mandati. Questa per Formigoni è la sua quarta legislatura: la prima volta venne eletto con la vecchia legge elettorale, le altre tre con l'elezione diretta.
E visto che siamo in tema di regioni, ieri il quotidiano Libero ha pubblicato un articolo di Franco Bechis in cui si mostra che i tagli chiesti dal governo rappresentano meno della metà degli aumenti di spesa che ogni dodici mesi le Regioni mettono a bilancio. I governatori insomma, conti alla mano, sprecano 10 miliardi all'anno, mentre la pressione fiscale sui cittadini è cresciuta di quasi 30 miliardi nell'ultima legislatura. Naturalmente con differenze: tra le regioni più virtuose Piemonte, Lombardia e Basilicata; tra quelle con le mani bucate primeggiano Lazio e Campania.
Scrive Bechis: «Bastano due cifre: aumento medio della spesa generale di 10 miliardi di euro all'anno. Aumento della pressione fiscale sui cittadini in valore assoluto di quasi 30 miliardi di euro durante l'ultima legislatura che si è conclusa proprio nella primavera del 2010. Bastano quelle due cifre che appartengono al bilancio consolidato delle Regioni italiane per fare capire chi abbia ragione nel braccio di ferro di queste settimane, intensificatosi nelle ultime ore, fra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e i più importanti enti territoriali italiani». E spiega: «Visto che tutte le Regioni hanno approvato prima delle ultime elezioni i bilanci di previsione per il 2010, il maxi aumento delle spese certificato nelle ultime analisi della Corte dei Conti (in media 10 miliardi all'anno) è sostanzialmente previsto per l'anno in corso. Sommando bilancio a bilancio si arriva a un incremento di spesa di circa 9,4 miliardi di euro. Sono il doppio esatto di quanto verrebbe ora tagliato dalla contestatissima legge finanziaria di Tremonti».
Insomma: «Non di taglio reale al sistema dunque si tratta, ma di semplice riduzione degli aumenti che ogni Regione aveva previsto per se stessa perfino in anni in cui la crisi finanziaria internazionale ha lasciato il suo morso sui conti pubblici nazionali e ha fatto registrare una caduta di oltre cinque punti di prodotto interno lordo». E Bechis aggiunge: «Il taglio previsto dalla legge a partire dal 2011 per altro rappresenta appena il 6 per cento dei trasferimenti fra Stato e regioni con esclusione della spesa sanitaria che non verrebbe toccata dalle norme». La dimensione del taglio rappresenta la metà dello sforzo chiesto alle amministrazioni centrali dello Stato, per cui, dice Bechis, «anche per questo risulta poco comprensibile la protesta».
Bechis poi si dilunga sul meccanismo premiante delle Regioni virtuose, introdotto come unica concessione con un emendamento, osservando come non esista un criterio oggettivo ed indiscutibile per dividere regioni virtuose da quelle sprecone: «I loro bilanci vivono tutti non di managerialità propria, ma di trasferimenti dallo Stato (anche attraverso la compartecipazione dei tributi nazionali che le stesse regioni non hanno voluto in proprio, pur essendo possibile dal 2003) e di imposte riscosse direttamente, dall'Irap alle accise sulla benzina, alle tasse automobilistiche (e tante altre)». Naturalmente ci sono quelle commissariate, ma secondo Bechis i loro cittadini e le imprese pagano già abbastanza il costo del risanamento ed un accanimento terapeutico è da prendere con le molle.
Allora? Il giornalista di Libero afferma che in tutte le regioni, virtuose e no, c'è spazio a sufficienza per i tagli, «solo dando un'occhiata alla spesa principale per il funzionamento della macchina istituzionale e a quella per il mantenimento di beni e società controllate che potrebbero agevolmente essere dismesse sul mercato: mentre lo Stato privatizzava infatti le Regioni hanno aumentato sensibilmente la loro presenza in economia».
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