lunedì 12 luglio 2010

Una politica inutile

Torno ancora per un momento sull'articolo di Giampaolo Pansa, pubblicato su Libero il 9 luglio scorso, che esponeva quelle che per Pansa sono le cinque ragioni dell'odio contro il Cavaliere. Ho già ricordato in «Aria fritta» la terza motivazione, la più assurda che solo la fantasia di Pansa poteva concretizzare nero su bianco. Riassumo qui le altro quattro prospettate, quattro teorizzazioni di luoghi comuni che spesso si sentono nel centrodestra per esternare il proprio odio, questo sì reale, verso la sinistra, ed in particolare verso quella parte che si etichetta con non celata animosità «comunista». Avversione che a ben guardare è solo frustrazione da una sorta di complesso di inferiorità (culturale ed intellettuale, ovviamente presunta). Perché la tesi, e a questo punta anche l'articolo di Pansa, è che «orfana del comunismo e di Prodi [il mortadella taumaturgo], alla sinistra non è rimasta che l'avversione per Berlusconi. Insomma nella sinistra si personificherebbe quel rancore sordo e stolto verso il «messia» di Arcore, estrinsecato dal gesto inconsulto di Tartaglia. Per dire col ghigno, che si coglie tra le ultime righe dell'articolo, istericamente sardonico, quanto fideistico, che «lui» se ne andrà solo in due casi: «se deciderà di farlo o se il Paese diventerà ingovernabile.
La prima ragione che Pansa elenca è ciò che definisce «un abbaglio colossale, che accomuna tutti gli avversari del governo di Silvio Berlusconi». Abbaglio che consisterebbe «nel ritenere che sia il Cavaliere l'origine dei guai italiani». «Non è per niente così», s'affretta a dire Pansa, che non si pensasse che in qualche momento potesse avere accarezzato l'illusione. Già, «l'Italia era già malata ben prima dell'avvento di Silvio». Questo si sa, per dirne una, Tangentopoli non è stato un gioco, una variante del Monopoli. Ma il giornalista che c'è in Pansa non può far finta di niente: «In questi sedici anni, il paese si è ridotto sempre peggio». Come, come? «Ma non per colpa esclusiva del Cavaliere». Ah, «Anche i suoi avversari hanno fatto, e fanno, il possibile per portarci allo sfascio totale». Anche! E cosa vuol dire anche? Dunque? Pansa non coglie, e con una sorta di autismo prosegue: «Forse coltivando l'illusione che la loro rovina individuale non si veda più sullo sfondo di un disastro generale». La dottrina «rivoluzionaria» del «tanto peggio tanto meglio» d'un tempo antico, insomma. Attenzione, però, così, in fin dei conti, Pansa ci sta dicendo che il manovratore, «lui», ci sta portando al disastro. Non sarà che Pansa sia in Libero un infiltrato? Una quinta colonna? Mah.
E veniamo al secondo motivo. «L'infame Caimano», ipse dixit! «L'infame Caimano non cade mai e se ne sta sempre a Palazzo Chigi». Un Ercolino sempre in piedi, un okkupante di palazzi difficile da sfrattare. «Dal 1994 in poi, ha perso un paio di elezioni. Ma ogni volta è risorto, mostrandosi in grado di ritornare al governo». Tant'è che anche oggi, lo dice Pansa, «il Cav sembra alla fine di un ciclo e traballa più che mai», cade, no, cade... non ancora. «Eppure non vuole ritirarsi». Poiché la cosa sembrerebbe un morboso «attaccamento», il nostro subito precisa: «Tuttavia il suo è un comportamento normale per un big politico». Normalissimo! Non solo: «Anche i pezzi da novanta del centro-sinistra farebbero come lui». Se fossero al suo posto, insomma, una buona dose di attack non la lesinerebbero alla poltrona. Ma dove sta il motivo di odio? «Però». Ah, ecco mancava un però. «Però questo genera nel popolo rosso un terribile senso di frustrazione. Ecco uno stato d'animo pericoloso». E già dalla frustrazione all'odio... Di più, di più: «Perché rappresenta la molla principale di qualsiasi sciocchezza senza rimedio». Ecco spiegato il motivo per cui mezza Italia (e siamo al terzo motivo) gira con in tasca una pesante riproduzione del Duomo di Milano.
Col quarto motivo, Pansa scende nel sociale: «Molti pensano che il centro-destra sia il partito dei ricchi e si curi soltanto di loro». Non è così? No, dice Pansa: «In realtà, l'unico vero ricco è Berlusconi». Gli altri solo dei millantatori. E no! Dice Pansa: «Gli elettori del Pdl e della Lega sono in gran parte italiani uguali a tanti. Gente che campa come può, con salari, stipendi e pensioni sempre più tartassati». Ma guarda! «In fondo, è il vecchio elettorato della Dc, del Psi e dei partiti minori scomparsi nell'abisso di Tangentopoli». Qualcuno aveva dubbi?
Ma Pansa rincara con la sua "teoria politica della ricchezza in Italia": «Se il Cavaliere si prendesse cura solo dei ricchi, si condannerebbe in partenza. Stando alle classifiche Irpef, i presunti ricchi, quelli che dichiarano più di centomila euro l'anno, sono appena quattro gatti. Un governo espresso da loro sarebbe di infima minoranza». Dai! Vuoi vedere che sono i ricchi a votare Rifondazione! Per il nostro non c'è speranza di ravvedimento nonostante l'evidenza dei numeri: «Eppure non c'è verso di correggere l'errore degli odiatori». Come far capire che sono i ricchi a votare Rifondazione! Spallucce e commiserazione: «Da che mondo è mondo, chi odia ha sempre bisogno di costruirsi un fantoccio da trafiggere con gli spilloni». Ahia, se il vudù funzionasse, povero Silvio!
E siamo all'ultimo motivo, quello politico culturale, che per Pansa è «il più importante». Divenuto oggi ancor più evidente dopo che Prodi si è ritirato dall'agone politico. Quel democristiano Prodi, grazie al quale «il centro-sinistra conquistò per due volte il governo». Il supereroe: «Il Professore aveva offerto alle tante sinistre un motivo per sperare e uno strumento per lottare e vincere». Tutto perduto, insomma, da quando si è ritirato a vita privata, preferendo occuparsi per conto dell'Onu dell'Africa, invece che dell'Italia. Tant'è che oggi il Pd ci prova con Fini, che non viene dalla Dc, ma dal neofascismo del Msi. «Ma che importanza ha per una sinistra allo sbando, senza rispetto per se stessa, pronta a tutte le avventure?». E il paragone, riferito al Pd, che fa è alquanto curioso: «Mi ricorda certi vecchi signori che passavano da un amorazzo all'altro, sperando di ritrovare gli orgasmi del passato». Come come? Di chi stiamo in realtà parlando? Bah.
Ma ecco l'orgasmo che arriva: «La sinistra italiana non possiede più un passato che possa servire per il futuro. Il comunismo è svanito, lasciandosi alle spalle un sentore lugubre di povertà, di gulag, di morti ammazzati. Anche l'antifascismo è una religione azzoppata. Il maledetto revisionismo ne ha mostrato le crepe nascoste, le profonde divisioni politiche, le pulsioni autoritarie della fazione più forte, quella comunista». Questo per Pansa è il guaio perché «al centro-sinistra è rimasto un solo chiodo da ciucciare: l'odio per il Cavaliere».
Alla fine la pazienza è premiata, la cosa curiosa c'è. Perché sembra quasi che, sfruttando l'artificio retorico, quanto resta in lui della passata militanza giornalistica venga fuori: «È un fascista, un nazista, un dittatore cileno, un mafioso, un satrapo, un puttaniere. Accopparlo sarebbe rendere un servizio alla Patria, laica, democratica e antifascista». Tutte parole sue, altro che cartucce verbali del nemico! Tant'è che dell'ultima affermazione dice: «Nessuno a sinistra ha ancora osato proporlo». Che strana cosa la psiche dell'uomo. E oltretutto aggiunge: «Per il momento [a sinistra] si limitano a odiarlo. Nella speranza che più lo si odia, più vicina sarà la sua fine. Non credo sia una politica utile».

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