giovedì 7 agosto 2008

Basta soldi pubblici all'editoria

Il pianto greco dell’editoria che vive di sussidi statali è cominciato. I giornali di partito si sono riuniti per prendere una posizione comune sul problema: una lobby per continuare il banchetto arraffando dalle tasche dei cittadini per pagare il conto. E come le galline di Renzo hanno posto dei distinguo: tra loro e gli editori fasulli e le false cooperative. Come se un giornale di partito non fosse in sé cosa fasulla quando si fa finanziare dallo stato (“s” voluta). Un giornale, qualunque giornale, come un partito, qualunque partito, dovrebbe, deve reggersi sulla base di proprie risorse. La democrazia ha un costo – si dice. Vero, le istituzioni sì, ma non i partiti che sono entità private. Il cittadino è derubato già per il finanziamento pubblico che doveva essere abolito dopo un famoso referendum, ma oggi trasformato in un iniquo e scandaloso ripugnante rimborso elettorale. Si paventano tagli allo stato sociale, ma diamine perché non si usano i soldi destinati ai partiti e quelli ai loro pennivendoli per sostenere comparti che hanno un reale significato di sostegno ai ceti più deboli? Forse i soldi dei giornali non sono poi così tanti, ma quelli dati ai partiti sì.
Di seguito un articolo – anche qui la scelta del giornale da cui è tratto ("Il Secolo d'Italia" di mercoledì 6 agosto 2008) ha un suo significato – che parla di tali querimonie e di come a loro sostegno si faccia leva sulla colossale balla del pluralismo. Ma per favore! E per quanto riguarda l’editoria c’è solo un riforma possibile e utile: quella che dica una volta per tutte un fermo basta al finanziamento pubblico.

Editoria: Il no dei giornali di partito ai tagli indiscriminati

Rivedere la norma della Finanziaria che, cancellando il diritto soggettivo ai contributi diretti all’editoria, non solo introduce forti tagli al contributo pubblico destinato ai piccoli giornali ma crea problemi anche per spese già effettuate fidando almeno per il 2008 sulla continuità dei fondi.
È quanto chiedono i giornali di partito, sottolineando l’ingiustizia di fondo di una manovra che "spalma" su tutti la riduzione dei fondi senza distinguere tra testate virtuose e irresponsabili, giornali che escono davvero e testate che esistono solo in periferiche rassegne stampa. II problema è stato affrontato nel corso di una riunione fra i comitati di redazione dei quotidiani Secolo d’Italia, il manifesto, Liberazione, La Padania, Avvenire, L’Unità ed Europa, che si è svolto alla presenza del presidente e del segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Roberto Natale e Franco Siddi. L’incontro è stato svolto con l’obiettivo di costituire un coordinamento dei cdr delle testate che subirebbero i tagli previsti per il 2008 e il 2009 e di avviare iniziative e azioni di contrasto ai «tentativi di liquidare una parte consistente, per il pluralismo delle idee, del giornalismo italiano».
La Fnsi e i cdr quindi dicono «no ai tagli indiscriminati mentre dicono sì ad una riforma seria e rigorosa che escluda dai finanziamenti pubblici editori fasulli, false cooperative e tutti coloro i quali violano le regole contrattuali e dello stesso mercato del lavoro. I giornali di idee vanno sostenuti e non messi alle corde tagliando i fondi a bilancio in corso». Un obiettivo presentato nei giorni scorsi anche al sottosegretario Bonaiuti, che «si è impegnato a garantire comunque quei soldi». È di «tutta evidenza - prosegue una nota della Fnsi - che siano necessari atti certi per il 2007/2008 e per il 2008/2009 trattandosi di annualità a bilancio programmate con regole e finanziamenti precedentemente definiti». A questo punto, «aspettiamo segnali concreti giacché le imprese editoriali, e le decine e decine di giornalisti che vi lavorano, hanno bisogno di certezze, non di atti caritatevoli. Il coordinamento dei cdr presenterà nei primi giorni di settembre il programma delle iniziative a sostegno del pluralismo e di una profonda riforma dell’editoria».

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