Ancora immigrazione, integrazione, confutazione delle bufale del Consiglio d’Europa [nome d’un ente che, grazie alla sua stolida autoreferenzialità, più d’uno ormai ha battezzato, trasformandolo in una sorta di esiziale suggerimento, “Sconsiglio l’Europa”]. Sempre dalle rassegne stampa di ieri riprendo questo articolo di Giacomo Susca su Il Giornale:
Immigrati, salari cresciuti del 30%
Ma per l’Europa non c’è integrazione
Indagine Ismu sul mercato del lavoro in Lombardia: disoccupati al minimo storico
«L’Italia non è un paese per immigrati», sentenzia il Consiglio d’Europa. E, puntuale, un’indagine della Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) smaschera l’ultima bufala.
A dimostrazione del fatto che l’integrazione degli stranieri che vengono da noi per vivere onestamente è cosa ormai compiuta, negli ultimi sei anni i redditi netti dei lavoratori immigrati in Lombardia sono aumentati del 30 per cento (1.238 curo mensili per gli uomini). Soltanto una media matematica, comunque. In provincia di Varese il balzo dei salari è stato praticamente del 50 per cento; a Sondrio del 36%; mentre a Bergamo e Cremona gli immigrati hanno percepito in busta paga un terzo in più rispetto al passato. «I motivi sono dovuti da un lato all’esplosione di alcune tipologie di attività, dall’altro ad una progressiva stabilizzazione dei migranti in regione», spiegano i ricercatori. Un impiegato italiano, per capirci, nello stesso periodo di tempo ha visto lievitare il proprio stipendio soltanto dell’8,6 per cento, al di sotto dell’inflazione. E il salario di un operaio s’è fermato a un misero +15,4 per cento.
Intanto in Lombardia si registra un altro record: la disoccupazione tra i lavoratori stranieri è arrivata al minimo storico del 6 per cento sugli oltre un milione di presenti, essendo cresciuti sia i dipendenti sia gli autonomi.
Per le donne, poi, il tasso scende al 5,9 per cento. Altri studi della Camera di commercio di Milano completano il quadro di un’immigrazione che, almeno al Nord, risponde a un grado di maturazione tale da far apparire i richiami di Strasburgo vuoti pregiudizi. Le università lombarde attraggono cervelli da oltre confine fino al 4 per cento degli iscritti. Sempre in Lombardia, inoltre, 830 titolari di imprese artigiane non parlano italiano, sarebbe a dire uno su dodici. E anche i cittadini romeni, che secondo il Commissario per i Diritti umani sarebbero vittime di un’autentica discriminazione razziale da parte dello Stato italiano, solo nell’ultimo anno hanno aperto quasi 9mila nuove imprese da Torino a Caltanissetta. Un vero e proprio boom a doppia cifra: più 41% a Milano, più 50% a livello nazionale.
Tutti fatti sconosciuti ai «tecnici» del Consiglio d’Europa, che invece bacchetta ancora il governo Berlusconi per aver approvato – nel 2002 – una legge come la Bossi-Fini, colpevole di «aver contribuito a creare un clima di crescente xenofobia e criminalizzazione degli immigrati». Il paradosso è che ora il Consiglio d’Europa smentisce la stessa Unione. Appena nove mesi fa un altro dossier dell’Ue sull`immigrazione concludeva: «Durante la permanenza in carica della coalizione di centrodestra, l’Italia ha raggiunto alcuni tra i più alti livelli di integrazione nella storia per lavoro, asilo e istruzione».
Immigrati, salari cresciuti del 30%
Ma per l’Europa non c’è integrazione
Indagine Ismu sul mercato del lavoro in Lombardia: disoccupati al minimo storico
«L’Italia non è un paese per immigrati», sentenzia il Consiglio d’Europa. E, puntuale, un’indagine della Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) smaschera l’ultima bufala.
A dimostrazione del fatto che l’integrazione degli stranieri che vengono da noi per vivere onestamente è cosa ormai compiuta, negli ultimi sei anni i redditi netti dei lavoratori immigrati in Lombardia sono aumentati del 30 per cento (1.238 curo mensili per gli uomini). Soltanto una media matematica, comunque. In provincia di Varese il balzo dei salari è stato praticamente del 50 per cento; a Sondrio del 36%; mentre a Bergamo e Cremona gli immigrati hanno percepito in busta paga un terzo in più rispetto al passato. «I motivi sono dovuti da un lato all’esplosione di alcune tipologie di attività, dall’altro ad una progressiva stabilizzazione dei migranti in regione», spiegano i ricercatori. Un impiegato italiano, per capirci, nello stesso periodo di tempo ha visto lievitare il proprio stipendio soltanto dell’8,6 per cento, al di sotto dell’inflazione. E il salario di un operaio s’è fermato a un misero +15,4 per cento.
Intanto in Lombardia si registra un altro record: la disoccupazione tra i lavoratori stranieri è arrivata al minimo storico del 6 per cento sugli oltre un milione di presenti, essendo cresciuti sia i dipendenti sia gli autonomi.
Per le donne, poi, il tasso scende al 5,9 per cento. Altri studi della Camera di commercio di Milano completano il quadro di un’immigrazione che, almeno al Nord, risponde a un grado di maturazione tale da far apparire i richiami di Strasburgo vuoti pregiudizi. Le università lombarde attraggono cervelli da oltre confine fino al 4 per cento degli iscritti. Sempre in Lombardia, inoltre, 830 titolari di imprese artigiane non parlano italiano, sarebbe a dire uno su dodici. E anche i cittadini romeni, che secondo il Commissario per i Diritti umani sarebbero vittime di un’autentica discriminazione razziale da parte dello Stato italiano, solo nell’ultimo anno hanno aperto quasi 9mila nuove imprese da Torino a Caltanissetta. Un vero e proprio boom a doppia cifra: più 41% a Milano, più 50% a livello nazionale.
Tutti fatti sconosciuti ai «tecnici» del Consiglio d’Europa, che invece bacchetta ancora il governo Berlusconi per aver approvato – nel 2002 – una legge come la Bossi-Fini, colpevole di «aver contribuito a creare un clima di crescente xenofobia e criminalizzazione degli immigrati». Il paradosso è che ora il Consiglio d’Europa smentisce la stessa Unione. Appena nove mesi fa un altro dossier dell’Ue sull`immigrazione concludeva: «Durante la permanenza in carica della coalizione di centrodestra, l’Italia ha raggiunto alcuni tra i più alti livelli di integrazione nella storia per lavoro, asilo e istruzione».
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