Da La Padania di sabato 9 agosto 2008, un articolo siglato A. Mon., «Finanziaria e Federalismo, ora riusciamo a incidere davvero»:
Sottosegretario Molgora, il Governo taglia il traguardo dei primo trimestre. Cento giorni a cento all’ora...
«Beh, diciamo che abbiamo una marcia diversa dal Governo precedente. Abbiamo preso decisioni importanti facendo una Finanziaria, sotto molti aspetti di portata storica, che ci consente di raggiungere il pareggio di bilancio e di scongiurare un abbassamento del rating dalle conseguenze devastanti. E questo senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini».
Avete cambiato le regole della Manovra.
«Il fatto di fare una manovra triennale e di anticiparla all’estate non è solo un’innovazione di metodo. Significa dare una possibilità di programmazione a chi poi deve utilizzare questa legge, imprenditori e amministrazioni pubbliche. E guardi che questa è una rottura fondamentale. Pensi al Patto dì stabilità: veniva approvato il 24 dicembre e poi l’applicazione partiva dal primo gennaio».
Con il rischio che i provvedimenti rimanessero sulla carta?
«Che non risultassero efficaci. Non c’era nemmeno possibilità di correggere gli errori tecnici. E poi tutto veniva scaricato sulle spalle dì imprese e enti pubblici. Ora invece abbiamo tempo di fare qualsiasi aggiustamento e, soprattutto, abbiamo uno strumento di programmazione. Che tra l’altro ci era richiesto dall’Europa».
La Manovra impone una drastica stretta alla spesa pubblica. Esagerata?
«I tagli bisognava farli per forza. La spesa pubblica ormai non sovvenzionava più i servizi ma l’assistenzialismo. E il risultato di decenni in cui si è continuato a ripianare i buchi di bilancio sulla base della spesa storica. E questo è uno dei cambiamenti decisivi introdotti dalla manovra e che saranno poi istituzionalizzati dal federalismo fiscale».
Cosa c’è di leghista in questa Manovra?
«Innanzitutto un principio fondamentale: sapendo che quest’anno non è possibile ridurre l’imposizione fiscale, riduciamo i costi degli adempimenti inutili per le imprese».
Quali ad esempio?
«Abbiamo eliminato l’elenco clienti-fornitori, tolto gli obblighi sulla privacy per le imprese che non gestiscono dati sensibili e anticipato la data di pubblicazione degli studi di settore. Tutti elementi che determinano risparmi di tempo e denaro».
Cose che vi erano state espressamente chieste in campagna elettorale.
«Oltre alla sicurezza, quello che ci avevano chiesto lo potrei riassumere in due parole: semplificazione e federalismo».
A proposito di federalismo fiscale, sarà la volta buona?
«Le premesse sono ottime, solo non vorrei che qualcuno pensasse ancora di annullare il federalismo fiscale con i meccanismi di perequazione. La bozza di Calderoli però da questo punto di vista dà ampie garanzie, anche perché contiene una grande attenzione al territorio. Faccio l’esempio dei comuni di confine, per i quali viene istituito un fondo speciale. Questo per dire dell’attenzione che c’è, pur nella generalità dell’intervento, per le singole specificità territoriali».
Qual è il peso della Lega in questo Governo?
«Siamo molto più determinanti rispetto al 2001, anche per via dei numeri che gli elettori ci hanno dato. Oggi siamo più forti, ma anche più maturi. Sappiamo come ottenere le cose. Basta pensare al successo di Maroni sul pacchetto sicurezza. Per quanto riguarda il federalismo siamo in fase di costruzione, ma il clima è positivo. I giornali, qualche tempo fa, parlavano solo dei costi del federalismo, ora invece ne parlano come di un’opportunità e il federalismo ormai fa breccia anche nell’opposizione. Questo non sarebbe successo senza la Lega. E ora siamo diventati addirittura il collante dell’intero sistema politico. Anzi, me lo faccia dire, siamo l’unica forza che può tirare fuori il Paese dalle secche. Perché in tanti ormai hanno capito che quello che paventa Bossi è un rischio reale: o si fa il federalismo o si finisce come l’Argentina».
Sottosegretario Molgora, il Governo taglia il traguardo dei primo trimestre. Cento giorni a cento all’ora...
«Beh, diciamo che abbiamo una marcia diversa dal Governo precedente. Abbiamo preso decisioni importanti facendo una Finanziaria, sotto molti aspetti di portata storica, che ci consente di raggiungere il pareggio di bilancio e di scongiurare un abbassamento del rating dalle conseguenze devastanti. E questo senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini».
Avete cambiato le regole della Manovra.
«Il fatto di fare una manovra triennale e di anticiparla all’estate non è solo un’innovazione di metodo. Significa dare una possibilità di programmazione a chi poi deve utilizzare questa legge, imprenditori e amministrazioni pubbliche. E guardi che questa è una rottura fondamentale. Pensi al Patto dì stabilità: veniva approvato il 24 dicembre e poi l’applicazione partiva dal primo gennaio».
Con il rischio che i provvedimenti rimanessero sulla carta?
«Che non risultassero efficaci. Non c’era nemmeno possibilità di correggere gli errori tecnici. E poi tutto veniva scaricato sulle spalle dì imprese e enti pubblici. Ora invece abbiamo tempo di fare qualsiasi aggiustamento e, soprattutto, abbiamo uno strumento di programmazione. Che tra l’altro ci era richiesto dall’Europa».
La Manovra impone una drastica stretta alla spesa pubblica. Esagerata?
«I tagli bisognava farli per forza. La spesa pubblica ormai non sovvenzionava più i servizi ma l’assistenzialismo. E il risultato di decenni in cui si è continuato a ripianare i buchi di bilancio sulla base della spesa storica. E questo è uno dei cambiamenti decisivi introdotti dalla manovra e che saranno poi istituzionalizzati dal federalismo fiscale».
Cosa c’è di leghista in questa Manovra?
«Innanzitutto un principio fondamentale: sapendo che quest’anno non è possibile ridurre l’imposizione fiscale, riduciamo i costi degli adempimenti inutili per le imprese».
Quali ad esempio?
«Abbiamo eliminato l’elenco clienti-fornitori, tolto gli obblighi sulla privacy per le imprese che non gestiscono dati sensibili e anticipato la data di pubblicazione degli studi di settore. Tutti elementi che determinano risparmi di tempo e denaro».
Cose che vi erano state espressamente chieste in campagna elettorale.
«Oltre alla sicurezza, quello che ci avevano chiesto lo potrei riassumere in due parole: semplificazione e federalismo».
A proposito di federalismo fiscale, sarà la volta buona?
«Le premesse sono ottime, solo non vorrei che qualcuno pensasse ancora di annullare il federalismo fiscale con i meccanismi di perequazione. La bozza di Calderoli però da questo punto di vista dà ampie garanzie, anche perché contiene una grande attenzione al territorio. Faccio l’esempio dei comuni di confine, per i quali viene istituito un fondo speciale. Questo per dire dell’attenzione che c’è, pur nella generalità dell’intervento, per le singole specificità territoriali».
Qual è il peso della Lega in questo Governo?
«Siamo molto più determinanti rispetto al 2001, anche per via dei numeri che gli elettori ci hanno dato. Oggi siamo più forti, ma anche più maturi. Sappiamo come ottenere le cose. Basta pensare al successo di Maroni sul pacchetto sicurezza. Per quanto riguarda il federalismo siamo in fase di costruzione, ma il clima è positivo. I giornali, qualche tempo fa, parlavano solo dei costi del federalismo, ora invece ne parlano come di un’opportunità e il federalismo ormai fa breccia anche nell’opposizione. Questo non sarebbe successo senza la Lega. E ora siamo diventati addirittura il collante dell’intero sistema politico. Anzi, me lo faccia dire, siamo l’unica forza che può tirare fuori il Paese dalle secche. Perché in tanti ormai hanno capito che quello che paventa Bossi è un rischio reale: o si fa il federalismo o si finisce come l’Argentina».
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