La Repubblica oggi pubblica una intervista al sindaco di Roma Gianni Alemanno sulla vicenda della strage alla stazione di Bologna. In sintesi, l’attualità della questione sta nel fatto che ci sono gli esecutori ma non i mandanti della strage, cioè: Mambro e Fioravanti si sono macchiati indubbiamente di reati gravissimi, ma forse non dell’attentato di Bologna. Dire a suo tempo che la bomba alla stazione potesse avere origine nel terrorismo internazionale insomma era molto più problematico che addossare la colpa al terrorismo interno. Cosa che si è fatto. L’intervista è stata raccolta da Giovanna Vitale ed è intitolata: «Alemanno: "No a verità di comodo la pista palestinese va seguita è più credibile di quella nera"». Ecco il testo dell’articolo:
Sindaco Gianni Alemanno, il presidente Fini ha auspicato che sulla strage di Bologna «si dissolvano le zone d’ombra». Dopo 5 gradi di giudizio che senso ha riaprire vecchie ferite?
«Fini ha perfettamente ragione perché c’è un’altra pista, quella del vecchio terrorismo palestinese, che soltanto da poco si è cominciata a esplorare. C’è un’inchiesta in corso: a giugno il sostituto procuratore Giovagnoli è stato in Germania per interrogare Thomas Kram, uno dei testimoni della pista palestinese. Che è quindi totalmente aperta e sembra molto più seria, molto più promettente della pista nera».
È una «verità comoda», secondo Gianni Alemanno, quella accertata dai giudici di Bologna che hanno condannato i neofascisti Mambro, Fioravanti e Ciavardini. Per l’esponente di An esiste un’al tra verità «altrettanto credibile» e «mai indagata fino in fondo».
Perché sarebbe molto più seria e credibile?
«Partiamo da un presupposto: come mai la pista nera ha portato alla condanna di tre persone, accusate di essere gli esecutori materiali, ma non s’è mai trovato il mandante? È il risultato di processi indiziari che non sono mai approdati a una verità chiara, al vero movente, al vero mandante. Di contro, c’è questa pista del terrorismo internazionale che ha indotto il presidente Cossiga a chiedere scusa per aver dichiarato che la matrice era fascista e a suggerire di cercare gli autori nel Fplp. Ci sono una marea di riscontri in tal senso, indagati solo a partire dal 2005: io credo che si debba andare a fondo per capire se effettivamente questo filone può portare a qualcosa di più concreto rispetto all’altro».
Quindi ha torto Cofferati quando parla di tentativo di riscrivere la storia?
«Diciamo subito una cosa: la strage di Bologna è stato uno dei crimini più efferati della storia repubblicana. Quindi sono a fianco di Cofferati quando chiede verità e giustizia, però gli ricordo che la giustizia è sempre connessa alla verità. Quando si cerca la verità non bisogna fermarsi a quella che fa più comodo sostenendo, dogmaticamente, che la pista palestinese stilla quale c’è un’inchiesta in corso è falsa. Per me non c’è nessuna differenza tra chi denuncia che ancora i mandanti di Mambro e Fioravanti non sono stati trovati e chi dice "esploriamo anche altre piste", perché se i mandanti non sono usciti fuori è perché o la sentenza sulla matrice neofascista è parziale o esistono altre piste da verificare».
Eppure l’ex procuratore capo, Enrico de Nicola, sostiene che tutte le piste sono state sondate prima di formulare il verdetto...
«Noi abbiamo un parere rispettabile dell’ex procuratore capo e un altro del procuratore attuale che, sulla base dei risultati della Commissione Mitrokin, ha ritenuto gli elementi della pista palestinese meritevoli di indagine, tant’è che l’ha affidata al sostituto Giovagnoli. Come si fa a dire che c’è una verità sicura se è in atto un’altra inchiesta? È una violazione dell’autonomia della magistratura».
Quindi secondo lei Mambro e Fioravanti sono innocenti?
«Guardi, io non ho nessuno da difendere, non ho alcuna simpatia né atteggiamento di riguardo nei loro confronti. Però dico che di fronte a un fatto così grave non si possono continuare a ignorare altre piste. Mambro e Fioravanti si sono macchiati di reati gravissimi, ma forse non della strage di Bologna».
Quindi concorda con l’onorevole Cicchitto che proprio ieri ha parlato di «singolare teorema politico»?
«lo ritengo che la strategia della tensione abbia prodotto tante verità che si sono sovrapposte nel tempo e sulle quali non è stata fatta piena luce, e questo non riguarda solo Bologna. Spesso nel corso degli anni si sono preferite più verità comode e ideologiche che verità scomode. Dire che la bomba alla stazione potesse avere origine nel terrorismo internazionale era molto più difficile e problematico che addossare la colpa al terrorismo interno».
Che tuttavia proprio in quegli anni fece centinaia di morti...
«Lungi da me negarlo. Nei ‘70 ci fu una guerra civile strisciante che peraltro cominciò dal maledetto slogan "Uccidere un fascista non è reato", urlato da vari gruppi dell’estrema sinistra che, falliti i loro obbiettivi rivoluzionari, decisero di convogliare tutta la loro energia nell’antifascismo militante. Suscitando ovviamente delle reazioni altrettanto dure da parte dell’estrema destra. E ciò fu un incubatore sia delle Br sia dei Nar. Purtroppo le istituzioni se ne accorsero solo dopo l’omicidio di Moro. All’inizio tesero a minimizzare, addirittura sostenendo che non esistesse il terrorismo rosso».
Uno dei suoi primi atti da sindaco di Roma è stato visitare le Fosse Ardeatine, dove condannò tutti i totalitarismi senza però mai fare riferimento al fascismo. Se la sente di farlo adesso?
«È ovvio che quando uno condanna tutti i totalitarismi non esclude quello italiano. Negli anni passati s’è cercato di fare una classifica tra dittature "buone" e dittature "cattive", che io non condivido. Si potrà scongiurare il loro ritorno solo se siamo tutti consapevoli dell’avvelenamento ideologico da cui originava il fascismo come il comunismo. Un clima che ha coinvolto non solo criminali ma anche persone in buona fede che si sono battute e sono morte per un ideale».
Sindaco Gianni Alemanno, il presidente Fini ha auspicato che sulla strage di Bologna «si dissolvano le zone d’ombra». Dopo 5 gradi di giudizio che senso ha riaprire vecchie ferite?
«Fini ha perfettamente ragione perché c’è un’altra pista, quella del vecchio terrorismo palestinese, che soltanto da poco si è cominciata a esplorare. C’è un’inchiesta in corso: a giugno il sostituto procuratore Giovagnoli è stato in Germania per interrogare Thomas Kram, uno dei testimoni della pista palestinese. Che è quindi totalmente aperta e sembra molto più seria, molto più promettente della pista nera».
È una «verità comoda», secondo Gianni Alemanno, quella accertata dai giudici di Bologna che hanno condannato i neofascisti Mambro, Fioravanti e Ciavardini. Per l’esponente di An esiste un’al tra verità «altrettanto credibile» e «mai indagata fino in fondo».
Perché sarebbe molto più seria e credibile?
«Partiamo da un presupposto: come mai la pista nera ha portato alla condanna di tre persone, accusate di essere gli esecutori materiali, ma non s’è mai trovato il mandante? È il risultato di processi indiziari che non sono mai approdati a una verità chiara, al vero movente, al vero mandante. Di contro, c’è questa pista del terrorismo internazionale che ha indotto il presidente Cossiga a chiedere scusa per aver dichiarato che la matrice era fascista e a suggerire di cercare gli autori nel Fplp. Ci sono una marea di riscontri in tal senso, indagati solo a partire dal 2005: io credo che si debba andare a fondo per capire se effettivamente questo filone può portare a qualcosa di più concreto rispetto all’altro».
Quindi ha torto Cofferati quando parla di tentativo di riscrivere la storia?
«Diciamo subito una cosa: la strage di Bologna è stato uno dei crimini più efferati della storia repubblicana. Quindi sono a fianco di Cofferati quando chiede verità e giustizia, però gli ricordo che la giustizia è sempre connessa alla verità. Quando si cerca la verità non bisogna fermarsi a quella che fa più comodo sostenendo, dogmaticamente, che la pista palestinese stilla quale c’è un’inchiesta in corso è falsa. Per me non c’è nessuna differenza tra chi denuncia che ancora i mandanti di Mambro e Fioravanti non sono stati trovati e chi dice "esploriamo anche altre piste", perché se i mandanti non sono usciti fuori è perché o la sentenza sulla matrice neofascista è parziale o esistono altre piste da verificare».
Eppure l’ex procuratore capo, Enrico de Nicola, sostiene che tutte le piste sono state sondate prima di formulare il verdetto...
«Noi abbiamo un parere rispettabile dell’ex procuratore capo e un altro del procuratore attuale che, sulla base dei risultati della Commissione Mitrokin, ha ritenuto gli elementi della pista palestinese meritevoli di indagine, tant’è che l’ha affidata al sostituto Giovagnoli. Come si fa a dire che c’è una verità sicura se è in atto un’altra inchiesta? È una violazione dell’autonomia della magistratura».
Quindi secondo lei Mambro e Fioravanti sono innocenti?
«Guardi, io non ho nessuno da difendere, non ho alcuna simpatia né atteggiamento di riguardo nei loro confronti. Però dico che di fronte a un fatto così grave non si possono continuare a ignorare altre piste. Mambro e Fioravanti si sono macchiati di reati gravissimi, ma forse non della strage di Bologna».
Quindi concorda con l’onorevole Cicchitto che proprio ieri ha parlato di «singolare teorema politico»?
«lo ritengo che la strategia della tensione abbia prodotto tante verità che si sono sovrapposte nel tempo e sulle quali non è stata fatta piena luce, e questo non riguarda solo Bologna. Spesso nel corso degli anni si sono preferite più verità comode e ideologiche che verità scomode. Dire che la bomba alla stazione potesse avere origine nel terrorismo internazionale era molto più difficile e problematico che addossare la colpa al terrorismo interno».
Che tuttavia proprio in quegli anni fece centinaia di morti...
«Lungi da me negarlo. Nei ‘70 ci fu una guerra civile strisciante che peraltro cominciò dal maledetto slogan "Uccidere un fascista non è reato", urlato da vari gruppi dell’estrema sinistra che, falliti i loro obbiettivi rivoluzionari, decisero di convogliare tutta la loro energia nell’antifascismo militante. Suscitando ovviamente delle reazioni altrettanto dure da parte dell’estrema destra. E ciò fu un incubatore sia delle Br sia dei Nar. Purtroppo le istituzioni se ne accorsero solo dopo l’omicidio di Moro. All’inizio tesero a minimizzare, addirittura sostenendo che non esistesse il terrorismo rosso».
Uno dei suoi primi atti da sindaco di Roma è stato visitare le Fosse Ardeatine, dove condannò tutti i totalitarismi senza però mai fare riferimento al fascismo. Se la sente di farlo adesso?
«È ovvio che quando uno condanna tutti i totalitarismi non esclude quello italiano. Negli anni passati s’è cercato di fare una classifica tra dittature "buone" e dittature "cattive", che io non condivido. Si potrà scongiurare il loro ritorno solo se siamo tutti consapevoli dell’avvelenamento ideologico da cui originava il fascismo come il comunismo. Un clima che ha coinvolto non solo criminali ma anche persone in buona fede che si sono battute e sono morte per un ideale».
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