sabato 2 agosto 2008

Veltroni e l'antipolitica di Di Pietro

«No al referendum, un regalo a Berlusconi» è un articolo di Bruno Miserendino su L’Unità di ieri. Un articolo interessante, per molti risvolti: primo per capire come il PD vede il suo compagno di merende elettorali Di Pietro; poi per un curioso inciso su Olmert, di cui addirittura quasi si tessono le lodi – la guerra israelo-libanese è del tutto dimenticata, cosa che aiuta anche ulteriormente a scavare il solco dei distinguo con la sinistra sinistra, quella extraparlamentare. Ma anche altri edificanti concetti ed iperboli che formano la filosofia post-diessina si possono utilmente cogliere dalla lettura. Non aggiungo altro, ecco il testo:

«Il referendum sul lodo Alfano? Lasciamo perdere, dice Veltroni, le priorità sono ben altre, tutte economiche: pensioni, stipendi, prezzi, con quell’inflazione record contro cui il governo non fa niente. È su questo che il Pd sta raccogliendo le firme. Insomma, è la linea che si intuiva già l’altro giorno. Veltroni non vuole seguire Di Pietro, perché quello sarebbe il vero regalo a Berlusconi e quindi rimanda alle «saggissime parole di Oscar Luigi Scalfaro» per spiegare il suo no. L`ex presidente della Repubblica ha invitato a riflettere prima di sottoscrivere il referendum perché «a ogni partito che lo promuove, a prescindere dagli esiti, porta sempre visibilità, ma se per caso il quesito dovesse fallire, anche per mancanza del quorum, tutta l’opposizione ne uscirebbe male» e si rischierebbe «di far passare Berlusconi per uno invincibile». Insomma, il referendum dipietrista potrebbe trasformarsi in un boomerang, è il ragionamento di Scalfaro che Veltroni condivide totalmente.
Il che non vuol dire che per il segretario democratico il lodo Alfano sia una bella legge, e non vuol dire che l’Italia non resti un’anomalia, con questo presidente del consiglio.
Veltroni lo fa capire con una dichiarazione di ammirazione per il premier israeliano Olmert, che ha annunciato le sue dimissioni per il coinvolgimento in una inchiesta giudiziaria: «Vorrei esprimere apprezzamento per il funzionamento ed il senso delle istituzioni della democrazia israeliana, che in un passaggio molto delicato ha dimostrato senso delle istituzioni e una grande responsabilità, penso che l’Italia debba guardare con grande rispetto a questo paese».
Ovvio il paragone: Olmert si è sempre difeso ma non ha mai accusato i giudici di complotto, né ha invocato scudi legislativi.
Però il referendum contro una legge che non piace è un’altra cosa e può essere un danno. Il no di Veltroni è approvato da buona parte del Pd, anche se la scelta fa mugugnare qualche prodiano, ad esempio Monaco, che chiede quale organismo abbia deciso, e ovviamente incontra le critiche molto aspre dell’ex alleato Di Pietro: «Se c’è un modo per perdere sempre è proprio quello di non giocare mai la partita», dice il leader dell’Idv. Segue attacco personale: «Fanno come Ponzio Pilato, ci sono battaglie che si combattono, non perché bisogna per forza vincerle, ma per mantenere la dignità e potersi guardare allo specchio la sera quando si torna a casa». Parole che al Pd suonano come una conferma:
«Di Pietro non pensa di vincere il referendum, pensa solo di farsi pubblicità e così fa un altro regalo a Berlusconi». Dice Stefano Ceccanti senatore e giurista del Pd, veltroniano: «Non si scelgono gli strumenti per esprimere indignazione ma per ottenere risultati , e poi – aggiunge – veniamo da un’intensa opposizione parlamentare, che rende irricevibile qualsiasi accusa di fare come Ponzio Pilato, senza contare che contro una legge che si pensa incostituzionale non si promuove un referendum, si attende rispettosamente la decisione della Corte Costituzionale, che non sarà così lontana nel tempo».
Di Pietro controreplica: «Il lodo Alfano ad una parte del Pd va bene, e di questo deve renderne conto al Paese e non a IdV». È chiara la strada imboccata da Di Pietro, saranno ancora mesi di attacco al Pd. Commenta Follini: «La scelta di Veltroni di non appoggiare il referendum contro il lodo Alfano è giusta, seria e saggia, la apprezzo molto, anche perché so che queste scelte possono avere un costo».
Infatti al Pd lasciano intendere che nessuno griderà allo scandalo se individualmente dirigenti e simpatizzanti del Pd firmeranno. Il referendum, sostengono, «è un rischio non solo perché rischia di non arrivare al quorum, ma perché spacca il paese e distoglie lo sguardo dai veri problemi su cui Berlusconi è più debole»: ossia le condizioni economiche degli italiani e la crescita. Qui, pensa Veltroni, le sue ricette sono piccole e demagogiche, come dimostra la vicenda dell’Ici e dell’Alitalia, ed è lì che il Pd concentrerà gli sforzi.
Non a caso, ieri, presentando insieme a Tenaglia e Lumia una proposta di legge del Pd per la riforma del regime carcerario duro contro i boss, Veltroni ha attaccato su inflazione e Alitalia, due temi su cui non c’è l’allarme necessario. Nemmeno sulla lotta alla mafia, è l’opinione del Pd, il governo fa abbastanza, nonostante la circolare emessa sul 41/bis. «Negli ultimi mesi 37 padrini hanno lasciato il regime del carcere duro e sono tornati detenuti comuni, nonostante la condanna all’ergastolo, sono cose che non devono accadere», dice Veltroni. Il segretario fa suo l’appello dei magistrati e, al termine della riunione del governo ombra, annuncia una proposta di legge dei democratici per una stretta sul carcere duro. Lui in campagna elettorale ha invitato i mafiosi a non votare per il Pd, la Destra non sembra così preoccupata.»

Nessun commento:

Archivio blog