sabato 9 agosto 2008

Ma Calderoli sa cosa significa federalismo?

Calderoli toglie le tasse o semplicemente con un’operazione tutta italiana e non padana le rinomina seppure accorpandole? Inoltre dovrebbe essere più preciso: l’Ici non è stata abolita, è stata abolita l’Ici più iniqua, quella sulla prima casa. Ma dovrebbe fare di più: o abolirla del tutto in quanto resta comunque, ciò che resta, una grassazione legalizzata, o quantomeno procedere ad eliminare la possibilità di disparità di trattamento tra cittadini legate al fatto che una maggioranza in Comune sia più o meno sostenitrice che la proprietà privata è un furto – mi riferisco al fatto che il comodato gratuito a parenti continua ad essere regolato dai diversi regolamenti comunali e dunque a parità di condizioni in qualche luogo si continua a pagare in altri no. Ma vediamo l’articolo pubblicato su Il Secolo XIX di giovedì 7 agosto 2008, a firma Massimiliano Lenzi. Ancora una precisazione, ma credo che su questo si debba essere non chiari, chiarissimi: si parla di federalismo fiscale, un primo passo; ben altra cosa è il federalismo, cioè l’idea di uno stato federale che raggruppi quattro cinque macroregioni autonome e indipendenti nella propria amministrazione, che è l’obiettivo sullo sfondo e l’unica possibile soluzione per evitare, a questo Paese sull’orlo dell’abisso, il disastro definitivo.

«Il principio che in Italia non ha funzionato è il principio centralista. Non ci sono mai state le entrate proprie per le Regioni e per i Comuni, salvo in percentuali davvero marginali, e il sistema si è sempre basato sui trasferimenti statali». Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, da alcuni giorni ha chiuso il testo della legge delega per la riforma federalista. In quest’intervista al Secolo XIX, Calderoli anticipa i contenuti della riforma: tolte Irap e Tarsu, i Comuni avranno a disposizione una tassa sui servizi per la casa.
Il ministro dice basta ai trasferimenti statali e rafforza il potere impositivo e federale delle Regioni con l’introduzione della misurazione "standard" per qualità dei servizi e costi.
Ecco, secondo Calderoli, che cosa cambierà per gli italiani.
«In dieci anni - sottolinea il ministro dati alla mano, le spese per la sanità sono esplose nella maggioranza delle nostre Regioni. Quelle per le invalidità, poi, sono raddoppiate in pochi anni. Segnali chiari che il modello centralista non funziona. La nostra riforma comincerà col tagliare i trasferimenti determinando che le entrate delle Regioni, basate su tributi propri o sulla compartecipazione, non saranno più proporzionate su quanto una regione spende perché in questo modo i trasferimenti hanno finito col premiare, da sempre, chi spendeva di più ma non chi spendeva meglio».
Quale sarà il criterio chiave che determinerà il funzionamento del federalismo italiano voluto dalla Lega e dal Governo?
«Il termine di paragone non sarà più la cosiddetta spesa storica ma le entrate verranno calcolate su dei costi standard, di efficienza media e di spesa per cui, faccio un esempio, se a Genova una macchina fa 10 km con un litro, beh gli stessi chilometri deve farli a Palermo».
Ministro, può spiegarci meglio il criterio dei costi standard?
«Si tratta di quei costi complessivi che vengono calcolati non solo sui livelli delle prestazioni fornite dalle Regioni, penso a settori come la sanità e l’assistenza, ma che terranno conto anche della realtà dove si andranno ad erogare quelle prestazioni. Per spiegarmi meglio ricorro alla matematica: i costi standard non saranno una media di spese ma un vero e proprio algoritmo, al quale, da gennaio, inviteremo a collaborare i migliori esperti e docenti italiani, con grande scrupolo nella stesura delle tabelle di calcolo».
Perché da gennaio se la riforma federalista arriverà in Parlamento a settembre?
«La riforma, proprio per armonizzare le diverse realtà regionali italiane, sarà presentata come una legge-delega e da gennaio, con i decreti attuativi, il governo dovrà riempirla. Dal 2009 cominceremo a raccogliere tutti i numeri e le cifre sulle spese delle Regioni nei diversi comparti, valuteremo l’efficienza e la qualità dei diversi servizi resi ai cittadini e prima che la cornice federalista venga riempita con i decreti ci vorrà almeno un annetto. Questi 12 mesi, o giù di lì, saranno quel tempo che io chiamo il periodo transitorio verso il federalismo».

Nel panorama delle Regioni del nord produttivo, la Liguria ha la peculiarità di essere una Regione assai vecchia: il taglio dei trasferimenti non rischia di prodursi come un taglio dei servizi regionali?
«Assolutamente no perché, come le dicevo poc’anzi, il calcolo dei costi standard terrà conto della demografia e della realtà specifiche regionali: si tratta di valutazioni che non prescindono, facciamo l’esempio della sanità, dall’età della popolazione e dalla composizione dei cittadini sul territorio. L’assistenza previdenziale, poi non rientra nel testo della nostra riforma federale. Per questo, aggiungo, parte del lavoro, con gli strumenti migliori e l’aiuto di esperti, verrà fatto con i decreti del governo».
Daremo veramente l’addio definitivo ai trasferimenti statali che hanno caratterizzato l’Italia delle Regioni e, a volte, pure gli sprechi e del clientelismo?
«Le materie più delicate come sanità, assistenza, istruzione, potranno essere in compartecipazione con lo Stato per i costi ma le Regioni e i Comuni, attraverso il criterio della flessibilità, decideranno come e quanto. Spetterà loro dire se utilizzare al massimo oppure a zero la possibilità di compartecipazione. Perché vede, la rivoluzione sta nel fatto che le Regioni, con la nostra riforma, potranno stabilire con una propria legge dei tributi propri, anche qui con una certa flessibilità. Il sistema federale semplifica la vita dei cittadini e da lì, secondo noi, passerà il grande contrasto nella lotta all’evasione fiscale».
Siamo pratici: fiscalmente cosa cambierà per i contribuenti, può farci alcuni esempi?
«Prendiamo le entrate. Di sicuro cancelleremo l’Irap e si andrà ad individuare, a livello regionale, un sistema diverso e più equo che la compensi. A livello dei Comuni verrà istituito un tributo, che possiamo chiamare Tassa sui servizi per la casa o più banalmente tassa sulla casa, che non c’entra nulla con l’Ici che abbiamo appena abolito, e che comprenderà tutti i servizi che il Comune svolge e che attengono in qualche modo all’abitazione, cancellando tutti i tributi attuali che ci gravitano intorno. Penso, ad esempio alla Tarsu, la tassa sui rifiuti, o ad altri tributi, circa una dozzina, che attualmente esistono e che pesano sui cittadini con tempi e modi diversi. Si tratta quindi, oltreché di federalismo, anche di un grosso lavoro di semplificazione che abbiamo messo in campo».
Ministro, non è che aumenteranno le tasse per gli italiani, magari su base federale?
«Guardi, la possibilità che Regioni e Comuni hanno di stabilire tributi propri responsabilizza gli amministratori comunali e locali. Il nostro governo ha abolito l’Ici e non ha aumentato le tasse. Se Regioni e Comuni, a riforma federale in vigore, aumenteranno il peso fiscale, allora ne dovranno rispondere ai cittadini-elettori. La scusa dei trasferimenti e dei tagli, con il federalismo attuato, rimarrà soltanto una favola».

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