Per fortuna c’è anche chi sa che cosa sta dicendo! Il riferimento è al post precedente che riprende un’intervista a Calderoli nella quale il ministro sembra non avere ben chiara la differenza tra federalismo fiscale, che è solo un modo diverso, più controllabile forse, man non meno gravoso quanto al “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, certo un primo passo per vedere con mentalità diversa questo Stato ereditato dai Savoia; ed il federalismo istituzionale come Cota lo chiama nell’articolo che segue. Il testo ripreso da La Padania di giovedì 7 agosto 2008 è una intervista al capogruppo dei deputati leghisti raccolta da Matteo Mauri e pubblicata col titolo «Siamo all’inizio di un percorso che ci porterà ad un nuovo Stato». Come dicevo, Roberto Cota mostra, al contrario di Calderoli, di sapere che cosa sta dicendo, e dunque di meritarsi la fiducia di quanti credono che il federalismo per questo paese sia l’unica speranza di futuro.
«Dopo aver varato una Finanziaria anticipata, il prossimo obiettivo del governo è il federalismo fiscale, che la soluzione di tutti i problemi, che arriverà nel collegato alla Finanziaria».
Roberto Cota, capogruppo dei deputati del Carroccio, è già proiettato al primo obiettivo dopo le vacanze estive. «Con questa Finanziaria - dice - si è realizzato il taglio della spesa inutile, con il federalismo fiscale sarà possibile invece avere sul territorio maggiori risorse».
Perché crede, onorevole Cota, che questa volta il federalismo si farà davvero?
«Il nostro sistema, come ha detto Bossi, è arrivato ad un punto di non ritorno. L’esempio dell’Argentina è molto opportuno. Quindi o lo Stato diventa virtuoso e rende servizi proporzionati a bisogni e spese dei cittadini, oppure questo stato trascina tutti a fondo».
Intervenendo alla Camera, Lei ha affermato che non ci sono territori che non sono in grado di risolvere i problemi.
«Esatto. Ci sono uomini che non vogliono o non sono in grado di risolvere i problemi. E il federalismo fiscale consente di evitare il ripetersi di sprechi incredibili che hanno caratterizzato le ultime decadi».
Tornando alla Finanziaria, il Presidente Napolitano è intervenuto chiedendo il rispetto dei tempi.
«Innanzi tutto è stato votato un decreto sullo sviluppo economico che non è la Finanziaria vera e propria, però consente di anticipare tutta una serie di misure tipiche di una finanziaria. Poi formalmente a settembre sarà presentata la "Legge finanziaria", ma il grosso della manovra è già stato approvato. Napolitano è intervenuto, ha chiesto il rispetto della forma, ma la sostanza già c’è. Del resto la crisi si stava aggravando. O si dava un’impostazione decisa all’inizio dell’azione di governo, oppure dopo avremmo rischiato di arrivare troppo tardi».
C’è chi ha accusato la maggioranza di non aver discusso a sufficienza il provvedimento in Parlamento.
«Si è superata la stagione dei mercanteggiamenti parlamentari tipici di fine anno, con conseguenze negative per i conti pubblici».
Fine dell’assalto alla diligenza?
«Sì. Ogni anno, dopo la Finanziaria si diceva: basta, questa è l’ultima volta, questo metodo non va bene. Stavolta abbiamo adottato un metodi diverso. Il che non significa che abbiamo risolto tutti i problemi. Il Paese ha bisogno di riforme strutturali».
Tipo il federalismo fiscale, che ormai è alle porte, no?
«Dovrà essere votato in Cdm, discusso e votato in parlamento, applicato poi nella realtà, dopo una serie di decreti attuativi. Siamo all’inizio di un percorso, però c’è la consapevolezza che in questa legislatura si debba fare tutto il percorso.»
Percorso da fare insieme all`opposizione?
«Diventa difficile non condividerlo, per loro. O la sinistra sceglie la via dell’opposizione, oppure quella di votare una riforma che richiedono un po’ tutti. Quando parli con gli amministratori locali del Pd, da Chiamparino alla Bresso, arriva forte la richiesta di federalismo. Se poi aggiungiamo anche la spinta della gente del Nord, diventa davvero difficile rifiutare questa scelta. Peggiorerebbe la loro situazione elettorale».
Il federalismo istituzionale, invece, necessariamente ha bisogno del coinvolgimento dell’opposizione, se non si vuole andare a referendum.
«Il federalismo non è né di destra né di sinistra. È l’unico modo per cambiare il paese, forse l’ultima. L’ho detto anche a Veltroni. Giudicheremo alla prova dei fatti. Ricordo solo che Violante nel corso della scorsa legislatura ha fatto un lavoro apprezzabile, che prevedeva il senato federale, il superamento del bicameralismo perfetto, rafforzando i poteri del premier».
Quindi lei è ottimista sul fatto che la sinistra possa contribuire alla realizzazione del federalismo?
«Sono ottimista, certo. Abbiamo cominciato molto bene questa legislatura. Sono soddisfatto per i lavori fatti fino ad oggi: tutto ciò mi induce a pensare che a settembre, come ha annunciato Calderoli, si comincia sul serio col federalismo, che è la cosa che ci sta più a cuore. Alcune cose vanno ancora finalizzate, però la mole di lavoro svolta sia dal parlamento che dal governo mi porta a dire che ci siamo».
Insomma, si comincia dal federalismo fiscale, per poi arrivare a modifiche costituzionali?
«Sì. tenendo presente che il federalismo fiscale è risolutivo, perché si comincia a mettere gli amministratori di fronte alle proprie responsabilità. Il federalismo fiscale farà partire un meccanismo virtuoso tale per cui sarà possibile riassestare i conti della pubblica amministrazione. Si tratta davvero di una rivoluzione epocale».
«Dopo aver varato una Finanziaria anticipata, il prossimo obiettivo del governo è il federalismo fiscale, che la soluzione di tutti i problemi, che arriverà nel collegato alla Finanziaria».
Roberto Cota, capogruppo dei deputati del Carroccio, è già proiettato al primo obiettivo dopo le vacanze estive. «Con questa Finanziaria - dice - si è realizzato il taglio della spesa inutile, con il federalismo fiscale sarà possibile invece avere sul territorio maggiori risorse».
Perché crede, onorevole Cota, che questa volta il federalismo si farà davvero?
«Il nostro sistema, come ha detto Bossi, è arrivato ad un punto di non ritorno. L’esempio dell’Argentina è molto opportuno. Quindi o lo Stato diventa virtuoso e rende servizi proporzionati a bisogni e spese dei cittadini, oppure questo stato trascina tutti a fondo».
Intervenendo alla Camera, Lei ha affermato che non ci sono territori che non sono in grado di risolvere i problemi.
«Esatto. Ci sono uomini che non vogliono o non sono in grado di risolvere i problemi. E il federalismo fiscale consente di evitare il ripetersi di sprechi incredibili che hanno caratterizzato le ultime decadi».
Tornando alla Finanziaria, il Presidente Napolitano è intervenuto chiedendo il rispetto dei tempi.
«Innanzi tutto è stato votato un decreto sullo sviluppo economico che non è la Finanziaria vera e propria, però consente di anticipare tutta una serie di misure tipiche di una finanziaria. Poi formalmente a settembre sarà presentata la "Legge finanziaria", ma il grosso della manovra è già stato approvato. Napolitano è intervenuto, ha chiesto il rispetto della forma, ma la sostanza già c’è. Del resto la crisi si stava aggravando. O si dava un’impostazione decisa all’inizio dell’azione di governo, oppure dopo avremmo rischiato di arrivare troppo tardi».
C’è chi ha accusato la maggioranza di non aver discusso a sufficienza il provvedimento in Parlamento.
«Si è superata la stagione dei mercanteggiamenti parlamentari tipici di fine anno, con conseguenze negative per i conti pubblici».
Fine dell’assalto alla diligenza?
«Sì. Ogni anno, dopo la Finanziaria si diceva: basta, questa è l’ultima volta, questo metodo non va bene. Stavolta abbiamo adottato un metodi diverso. Il che non significa che abbiamo risolto tutti i problemi. Il Paese ha bisogno di riforme strutturali».
Tipo il federalismo fiscale, che ormai è alle porte, no?
«Dovrà essere votato in Cdm, discusso e votato in parlamento, applicato poi nella realtà, dopo una serie di decreti attuativi. Siamo all’inizio di un percorso, però c’è la consapevolezza che in questa legislatura si debba fare tutto il percorso.»
Percorso da fare insieme all`opposizione?
«Diventa difficile non condividerlo, per loro. O la sinistra sceglie la via dell’opposizione, oppure quella di votare una riforma che richiedono un po’ tutti. Quando parli con gli amministratori locali del Pd, da Chiamparino alla Bresso, arriva forte la richiesta di federalismo. Se poi aggiungiamo anche la spinta della gente del Nord, diventa davvero difficile rifiutare questa scelta. Peggiorerebbe la loro situazione elettorale».
Il federalismo istituzionale, invece, necessariamente ha bisogno del coinvolgimento dell’opposizione, se non si vuole andare a referendum.
«Il federalismo non è né di destra né di sinistra. È l’unico modo per cambiare il paese, forse l’ultima. L’ho detto anche a Veltroni. Giudicheremo alla prova dei fatti. Ricordo solo che Violante nel corso della scorsa legislatura ha fatto un lavoro apprezzabile, che prevedeva il senato federale, il superamento del bicameralismo perfetto, rafforzando i poteri del premier».
Quindi lei è ottimista sul fatto che la sinistra possa contribuire alla realizzazione del federalismo?
«Sono ottimista, certo. Abbiamo cominciato molto bene questa legislatura. Sono soddisfatto per i lavori fatti fino ad oggi: tutto ciò mi induce a pensare che a settembre, come ha annunciato Calderoli, si comincia sul serio col federalismo, che è la cosa che ci sta più a cuore. Alcune cose vanno ancora finalizzate, però la mole di lavoro svolta sia dal parlamento che dal governo mi porta a dire che ci siamo».
Insomma, si comincia dal federalismo fiscale, per poi arrivare a modifiche costituzionali?
«Sì. tenendo presente che il federalismo fiscale è risolutivo, perché si comincia a mettere gli amministratori di fronte alle proprie responsabilità. Il federalismo fiscale farà partire un meccanismo virtuoso tale per cui sarà possibile riassestare i conti della pubblica amministrazione. Si tratta davvero di una rivoluzione epocale».
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