sabato 9 agosto 2008

Le bacchettate di Sansonetti

«Castelli, Fassino e la politica senza principi» è un articolo su Liberazione di ieri di Piero Sansonetti. Le uscite su morti bianche e Olimpiadi l’oggetto della critica. Vediamolo:

Il sottosegretario ed ex ministro Roberto Castelli (Lega) ha dichiarato: «È ora di smetterla di criminalizzare gli imprenditori italiani. Se estrapoliamo dal numero complessivo di incidenti sul lavoro quelli avvenuti per incidenti stradali, ci accorgiamo che l’Italia è uno dei paesi dove la sicurezza nelle aziende è tra le migliori a livello europeo».
Questa brillante dichiarazione si riferisce alle accuse mosse giorni fa dal Censis all’imprenditoria italiana. Notava il Censis che i morti sul lavoro sono il doppio dei morti per omicidi dovuti alla criminalità. E notava che sono molti di più rispetto ad altri paesi europei come la Germania, la Francia o l’Inghilterra. Risponde Castelli: «Nella cifra di circa 1.200 omicidi bianchi del 2007 sono compresi anche un certo numero di incidenti stradali avvenuti nel percorso casa-lavoro».
Castelli però non, ha letto bene i dati. Perché il confronto Italia-Germania-Francia-Inghilterra, che ci consegna la «maglia nera», è realizzato sulla base degli incidenti sul lavoro esclusi quelli automobilistici. In Italia questi incidenti cioè gli omicidi bianchi - sono oltre 600 all’anno, proporzionalmente quasi il doppio rispetto alla Germania.
E, anche se volessimo accettare l’idea che morire guidando la macchina o il camion non è un incidente sul lavoro, ci troveremo comunque di fronte a un numero di assassinii imputabili al sistema delle imprese, pari a quello degli omicidi della mala. Cosa direbbe Castelli se qualcuno dichiarasse: «E ora di smetterla di criminalizzare la malavita italiana, la quale, a conti fatti, uccide meno di due persone al giorno»? (Dato, per altro, esagerato. Dal momento che di quei 600 morti attribuito alla criminalità, più di un terzo sono omicidi in famiglia, generalmente ad opera dei mariti...).
Il ministro ombra degli esteri, Piero Falsino, ha detto, in un’intervista all’Unità che non hanno senso azioni di protesta o di boicottaggio verso la Cina, in occasione delle Olimpiadi, perché la Cina «torna ad essere uno dei luoghi fondamentali dello sviluppo, dell’innovazione e della produzione e dei consumi... la Cina torna ad essere una delle grandi potenze del pianeta ed è evidente che le Olimpiadi rappresentano la sanzione di questo nuovo ruolo di Pechino nel mondo...». Nessuno in questi anni ha avvertito Fassino che in Cina si violano i più elementari diritti umani? Si fucilano decine di persone ogni giorno. Si produce con costi del lavoro bassissimi, perché contenuti attraverso un sistema bestiale di sfruttamento dei lavoratori e di abolizione dei loro diritti. Nessuno gli ha detto che in Cina non c’è la libertà, ed è del tutto assente la democrazia politica? O forse qualche accenno a questi problemi, qualcuno glielo ha fatto. E così Fassino nella parte finale dell’intervista prende le distanze dalla dittatura, osservando però che «boicottare o fare gesti ostili che suonino come sfida non produrrebbe come risultato una maggiore disponibilità delle autorità cinesi a cogliere le sollecitazioni della comunità internazionale».
Che vuol dire? Vuol dire che il sovrano non va mai infastidito, sfidato, non è utile ribellarsi. E meglio lisciarlo e chieder la grazia... Specie se è molto ricco, potente, e controlla un mercato interessante per l’Italia, le sue imprese, i suoi mercati e gli interessi delle multinazionali...
Voi direte: perché hai messo insieme Fassino e Castelli? Perché le due maldestre uscite di questi due prestigiosi esponenti del Parlamento, sono molto simili. Partono dalla convinzione che la politica sia una cosa che prescinde dai principi, dalle idee. Che deve essere quanto più possibile lontana dalla moralità. È un gioco di potere, di rapporti di forza, dove il migliore è il più cinico. Il più forte ha ragione.

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