Padoa-Schioppa elogia Tremonti: «Manovra seria e coraggiosa». L’ex ministro: «Berlusconi prosegue nel solco tracciato da noi». Così titola l’intervista di Giambattista Pepi all’ex ministro dell’Economia del governo del centrosinistra pubblicata oggi mercoledì 6 agosto 2008 da Il Giorno – Resto del Carlino – La Nazione. Una voce autorevole che chiude la bocca alle male lingue degli ex compagni di governo e di maggioranza. Vediamola:
Roma - La definisce «impegnativa e coraggiosa» ma in un certo senso obbligata. E plaude al fatto che il governo si muova nella direzione del risanamento finanziario e voglia tener fede agli impegni assunti con l’Europa dal precedente esecutivo. Tommaso Padoa-Schioppa, professore, ex ministro dell’Economia nel governo Prodi «approva» la manovra economica triennale 2009 - 2011 licenziata ieri in seconda lettura dalla Camera dei deputati. Vale quasi 37 miliardi di curo, contiene una correzione netta di 30,9 miliardi di tagli alla spesa nel triennio tra ministeri ed enti locali, di cui quasi 17 nel solo 2009.
La manovra del governo Berlusconi è legge. La convince?
«È una manovra sicuramente impegnativa e coraggiosa ma in un certo senso inevitabile se si vuol proseguire nella politica dì risanamento finanziario intrapresa dall’esecutivo Prodi. Bene ha fatto il Governo a proteggerne il cammino fino all’avvenuta approvazione».
Il decreto legge convertito in legge che anticipa la Finanziaria di settembre punta ad ottenere nel 2011 il pareggio di bilancio in base all’impegno assunto con la Commissione europea dal governo precedente di cui lei faceva parte.
«Dal Dpef risulta evidente che il governo Berlusconi ha dimensionato la manovra triennale per raggiungere questo obiettivo intervenendo con tagli, aumenti di spesa e introducendo entrate denominate “perequazioni tributarie” che non comportano maggiori tasse per i cittadini ma graveranno su alcuni settori: banche, assicurazioni, energia e stock option riportate nel perimetro della tassazione ordinaria. La perequazione tributaria, il piano industriale della pubblica amministrazione e il federalismo fiscale sono i punti più qualificanti».
Anche stavolta, però, proteste e critiche anche aspre non sono mancate. Dalle opposizioni e dalle parte sociali, ma anche da diversi ministri. I tentativi di moral suasion fatti direttamente o per interposta persona nei confronti di Palazzo Chigi perché ammorbidisse la rigidità di Tremonti nel taglio delle spese non sono serviti a niente perché il premier ha fatto quadrato attorno al suo ministro.
«Berlusconi ha fatto tesoro dell’insegnamento del passato. Quando ero ministro anch’io sono stato preso di mira da diverse componenti della maggioranza che avrebbero voluto che allentassimo i cordoni della borsa. Ma Prodi nel difendere il mio operato, confermava la linea del suo governo perché sapeva che stavamo lavorando per fare uscire il Paese da una fase critica e garantirgli un avvenire migliore».
Quale fu il momento di maggiore tensione? «Tutti ricorderanno il dibattito che si accese sulla destinazione dei tesoretto, ovvero dell’extra gettito del 2007. Ero cauto e attento a non sbilanciarmi. Bruxelles premeva perché lo destinassimo alla riduzione del deficit e alla correzione strutturale, altri avrebbero voluto che si investisse per intero nell’aumentare la spesa sociale. Il governo, dopo aver sentito le componenti della maggioranza e anche le parti sociali, optò per utilizzare parte dell’extra gettito per politiche sociali e di sviluppo 6,5 miliardi nel 2007 e 1,5 nel 2008. Bisogna ascoltare tutti, ma poi occorre seguire il buon senso».
Cosa suggerisce il buon senso?
«Che occorre proseguire il cammino virtuoso. Il risanamento tuttavia non è una scelta ma un obbligo. Che non assolviamo perché ce lo chiede l’Europa ma soprattutto per garantire un futuro più sereno all’Italia e una crescita più duratura. È per questo che dobbiamo aggredire e ridurre progressivamente il debito pubblico. Per fare questo occorre correggere le tendenze della spesa pubblica con interventi radicali, che investano anche l’organizzazione e il funzionamento dell’amministrazione pubblica centrale e territoriale. Modificare il funzionamento della macchina pubblica è in gran parte materia di bilancio, ma anche di buon funzionamento degli uffici. Occorre tornare a promuovere la cultura del risparmio, dell’uso razionale delle risorse. II pubblico, insomma, dovrebbe essere gestito con la diligenza del buon padre di famiglia».
Roma - La definisce «impegnativa e coraggiosa» ma in un certo senso obbligata. E plaude al fatto che il governo si muova nella direzione del risanamento finanziario e voglia tener fede agli impegni assunti con l’Europa dal precedente esecutivo. Tommaso Padoa-Schioppa, professore, ex ministro dell’Economia nel governo Prodi «approva» la manovra economica triennale 2009 - 2011 licenziata ieri in seconda lettura dalla Camera dei deputati. Vale quasi 37 miliardi di curo, contiene una correzione netta di 30,9 miliardi di tagli alla spesa nel triennio tra ministeri ed enti locali, di cui quasi 17 nel solo 2009.
La manovra del governo Berlusconi è legge. La convince?
«È una manovra sicuramente impegnativa e coraggiosa ma in un certo senso inevitabile se si vuol proseguire nella politica dì risanamento finanziario intrapresa dall’esecutivo Prodi. Bene ha fatto il Governo a proteggerne il cammino fino all’avvenuta approvazione».
Il decreto legge convertito in legge che anticipa la Finanziaria di settembre punta ad ottenere nel 2011 il pareggio di bilancio in base all’impegno assunto con la Commissione europea dal governo precedente di cui lei faceva parte.
«Dal Dpef risulta evidente che il governo Berlusconi ha dimensionato la manovra triennale per raggiungere questo obiettivo intervenendo con tagli, aumenti di spesa e introducendo entrate denominate “perequazioni tributarie” che non comportano maggiori tasse per i cittadini ma graveranno su alcuni settori: banche, assicurazioni, energia e stock option riportate nel perimetro della tassazione ordinaria. La perequazione tributaria, il piano industriale della pubblica amministrazione e il federalismo fiscale sono i punti più qualificanti».
Anche stavolta, però, proteste e critiche anche aspre non sono mancate. Dalle opposizioni e dalle parte sociali, ma anche da diversi ministri. I tentativi di moral suasion fatti direttamente o per interposta persona nei confronti di Palazzo Chigi perché ammorbidisse la rigidità di Tremonti nel taglio delle spese non sono serviti a niente perché il premier ha fatto quadrato attorno al suo ministro.
«Berlusconi ha fatto tesoro dell’insegnamento del passato. Quando ero ministro anch’io sono stato preso di mira da diverse componenti della maggioranza che avrebbero voluto che allentassimo i cordoni della borsa. Ma Prodi nel difendere il mio operato, confermava la linea del suo governo perché sapeva che stavamo lavorando per fare uscire il Paese da una fase critica e garantirgli un avvenire migliore».
Quale fu il momento di maggiore tensione? «Tutti ricorderanno il dibattito che si accese sulla destinazione dei tesoretto, ovvero dell’extra gettito del 2007. Ero cauto e attento a non sbilanciarmi. Bruxelles premeva perché lo destinassimo alla riduzione del deficit e alla correzione strutturale, altri avrebbero voluto che si investisse per intero nell’aumentare la spesa sociale. Il governo, dopo aver sentito le componenti della maggioranza e anche le parti sociali, optò per utilizzare parte dell’extra gettito per politiche sociali e di sviluppo 6,5 miliardi nel 2007 e 1,5 nel 2008. Bisogna ascoltare tutti, ma poi occorre seguire il buon senso».
Cosa suggerisce il buon senso?
«Che occorre proseguire il cammino virtuoso. Il risanamento tuttavia non è una scelta ma un obbligo. Che non assolviamo perché ce lo chiede l’Europa ma soprattutto per garantire un futuro più sereno all’Italia e una crescita più duratura. È per questo che dobbiamo aggredire e ridurre progressivamente il debito pubblico. Per fare questo occorre correggere le tendenze della spesa pubblica con interventi radicali, che investano anche l’organizzazione e il funzionamento dell’amministrazione pubblica centrale e territoriale. Modificare il funzionamento della macchina pubblica è in gran parte materia di bilancio, ma anche di buon funzionamento degli uffici. Occorre tornare a promuovere la cultura del risparmio, dell’uso razionale delle risorse. II pubblico, insomma, dovrebbe essere gestito con la diligenza del buon padre di famiglia».
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