venerdì 31 ottobre 2008

Baroni bari e studenti polli

"I baroni barano sullo sciopero: non lavorano ma prendono i soldi" denuncia oggi "Il Giornale" con un articolo di Michele Brambilla. Ed il sottotitolo: "Il trucco dei docenti universitari? Sospendere le lezioni: così sono assenti però a stipendio pieno". Scrive il giornalista:
Chissà se gli studenti lo sanno: i professori universitari che si riempiono la bocca con la parola «sciopero» hanno inventato e praticano un geniale sciopero all'italiana, niente lavoro ma anche niente trattenuta in busta paga. Piazze piene ma anche tasche piene. Rivoluzione e retribuzione.
In poche parole: i baroni della rivolta contro i tagli scioperano
nei fatti, visto che non lavorano;
ma
formalmente non sono in sciopero, e quindi non ci rimettono un centesimo. Almeno in questo la classe docente si dimostra davvero all'altezza del suo compito, nel senso che dà prova di aver ancora qualcosa da insegnare al Paese del fatta la legge trovato l'inganno, del di che ti mando io e del lei non sa chi sono io, dei finti invalidi e dei gol di mano, del ponte del venerdì e della cefalea del lunedì.
Il meccanismo con cui viene messo a segno questo neanche troppo audace colpo dei soliti noti ve lo spieghiamo fra breve. Prima una piccola premessa, anzi due. La prima: ormai anche a sinistra più d'uno s'è sentito in dovere di avvertire gli studenti che c'è una casta universitaria che li sta prendendo per i fondelli, spingendoli in piazza per difendere i suoi privilegi. L'ha detto ad esempio Umberto Eco («Cari studenti state facendo una battaglia per i baroni») e ieri era scritto qua e là anche nei pezzi di Repubblica che c'è qualcosa di strano se le vittime manifestano a favore dei loro carnefici. A Roma, dove a volte usano un linguaggio un po' colorito ma di ineguagliabile efficacia, dicono che i baroni universitari in questi giorni stanno facendo i froci col culo degli altri, e vorremmo sapere che cosa si potrà aggiungere a queste parole quando si saprà che dopo tante lezioni rinviate causa sciopero lo stipendio dei professori resterà intatto. Che cosa diranno quegli operai di sinistra che sono andati al Circo Massimo anche per solidarizzare con i professori? Quegli operai che a ogni giorno di sciopero hanno dovuto rimodellare la «finanziaria» famigliare tagliando qua e là un po' di pizze e di gite della domenica? Che cosa diranno i precari da mille euro al mese? La seconda premessa è che anche in altre categorie vige il trucchetto dello sciopero senza danno economico. Tra noi giornalisti, ad esempio, c'è l'abitudine di segnarsi di «corta», cioè di riposo, nel giorno di sciopero. Però, se non perdi i soldi, perdi comunque un giorno di riposo, e non è detto che sia un affare. I prof dell'«Onda» invece - per questo parliamo di colpo di genio, di innovazione - hanno trovato il modo per non rimetterci nulla: né denaro né ferie o riposi. Ed ecco come fanno.
Fino a qualche anno fa, alcuni giorni dopo lo sciopero i professori ricevevano una lettera dall'amministrazione in cui si chiedeva conto della loro presenza o assenza. Bastava non rispondere e lo stipendio non veniva decurtato. Tanto, nelle università non c'era e non c'è alcun controllo delle presenze, né cartellini né registri da firmare. Ora è stato eliminato anche il fastidioso recapito dell'antipatica lettera, e quindi si procede così. Si procede con il Consiglio di facoltà che delibera la «sospensione dell'attività didattica». Naturalmente c'è tutta una motivazione: appreso che, considerato che, anche alla luce di, sentito questo e sentito quell'altro. Sta di fatto che viene stabilito che nei tali giorni la facoltà è chiusa. E quindi i professori sono lasciati in libertà. Sono a casa, Pagati.
Cari studenti, pensate un po' quando si dice la combinazione: ma proprio in concomitanza con i vostri scioperi, hanno sospeso l'attività didattica le facoltà di Lettere a Pisa e a Bologna, di Fisica alla Sapienza, il Politecnico di Torino, mentre a Genova s'è inventata l'«assemblea itinerante», i prof vanno in giro con gli studenti e naturalmente risultano in servizio.
Tutto questo sarebbe - anzi, è - una gigantesca truffa già in questi giorni, visto che la protesta degli studenti è contro il decreto Gelmini, che riguarda le elementari, e quindi non si capisce che senso abbiano le occupazioni delle università. ll sindacato spiega questa assurdità dicendo che le università comunque sciopereranno il 14 novembre, e all'appuntamento bisogna arrivarci preparati, insomma bisogna allenarsi prima con un po' di cortei, di assemblee, di slogan. Credete che stiamo facendo dell'ironia un tanto al chilo? «La protesta cresce ogni giorno come preparazione della giornata del 14 novembre», era scritto ieri sul sito ufficiale della Cgil scuola. Lo sciopero come una finale dì Champions: si studia la tattica, si provano gli schemi, si va in ritiro.
Ma siccome non c' è limite alla vergogna, ci si sta preparando a far passare per «sospensione dell'attività didattica» anche il giorno dello sciopero ufficialmente dedicato all'università. La Facoltà di Matematica e Scienze Naturali di Tor Vergata, ad esempio, ha fissato i giorni della «sospensione» il 29 e 30 ottobre e il 14 novembre.
Così, i professori che non lavoreranno quel giorno potranno dire agli studenti e all'inviato del giornale democratico di essere in sciopero; e all'amministrazione che se l'università è chiusa che caspita ci possono fare loro.
Ecco chi sono, cari studenti, quelli che vi usano come scudi umani. Ecco per cosa si battono. E il guaio non è che fregano qualche migliaio di euro alle casse dello Stato: il guaio è che a loro è affidata la formazione della futura classe dirigente.

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