Da parte dei “democratici” (per Veltroni quella del 25 ottobre sarà “una manifestazione per l'Italia che è interessata alla scuola”) e della sinistra sinistra la scuola è una sorta di cavallo di battaglia su cui dare il meglio della propria protesta contro Mariastella Gelmini “dalla faccia di bronzo e dalla volontà manipolatrice degne del suo mentore e (unico) grande sponsor Silvio Berlusconi”. Ma cosa pensano questi difensori della scuola pubblica italiana? Non se ne parla. Bisogna scendere nel locale per avere una risposta da chi dice che “bisogna sconfiggere l’idea che la scuola è un’azienda, idea principale di questo Governo e del suo capo”.
Giuseppe De Lazzari è un consigliere comunale di Brembio e uno dei redattori di un foglio del PD locale la cui testata, non rinnegando almeno una delle tre I di Berlusconi, si chiama PD DemoNews. Nel numero di ottobre ci dà una descrizione della scuola italiana attuale, quando ancora le “terrificanti” innovazioni della Gelmini non sono ancora in essere. Scrive: “E della scuola vi voglio parlare. Precisamente: della scuola italiana, ogni volta rivoluzionata dal governo e dal ministro di turno. Guardiamo questa scuola dall’interno: insegnanti demotivati, semplici impiegati che contano i giorni; alunni che entrano nelle aule scolastiche perché obbligati, senza stimoli perché non c’è un progetto, perché non c’è formazione, perché non c’è futuro. Inesorabilmente il tempo passerà ed entreranno in un mondo (del lavoro) che non hanno imparato a conoscere. La scuola, come istituzione, è in un angolo, prossima alla sconfitta. Messa ko dalla televisione, il falso mito del nostro tempo, sconfitta dai “campioni di calcio” ricchi belli e famosi, dalle veline, dai quiz e dalla voglia di vincere senza sacrificio”. Questo è insomma nella testa ciò che si sta difendendo agitando il babau del ritorno al passato (quando la scuola però funzionava) che si vede personificato nel maestro unico, nel grembiule, nel voto in condotta.
Giuseppe De Lazzari è un consigliere comunale di Brembio e uno dei redattori di un foglio del PD locale la cui testata, non rinnegando almeno una delle tre I di Berlusconi, si chiama PD DemoNews. Nel numero di ottobre ci dà una descrizione della scuola italiana attuale, quando ancora le “terrificanti” innovazioni della Gelmini non sono ancora in essere. Scrive: “E della scuola vi voglio parlare. Precisamente: della scuola italiana, ogni volta rivoluzionata dal governo e dal ministro di turno. Guardiamo questa scuola dall’interno: insegnanti demotivati, semplici impiegati che contano i giorni; alunni che entrano nelle aule scolastiche perché obbligati, senza stimoli perché non c’è un progetto, perché non c’è formazione, perché non c’è futuro. Inesorabilmente il tempo passerà ed entreranno in un mondo (del lavoro) che non hanno imparato a conoscere. La scuola, come istituzione, è in un angolo, prossima alla sconfitta. Messa ko dalla televisione, il falso mito del nostro tempo, sconfitta dai “campioni di calcio” ricchi belli e famosi, dalle veline, dai quiz e dalla voglia di vincere senza sacrificio”. Questo è insomma nella testa ciò che si sta difendendo agitando il babau del ritorno al passato (quando la scuola però funzionava) che si vede personificato nel maestro unico, nel grembiule, nel voto in condotta.
Ma nell’articolo di De Lazzari c’è un attimo di lucidità sulla questione, dice: “… bisognerebbe scavare a fondo e capire il perché si è arrivati a questo, perché i ragazzi non trovano più interesse verso questa scuola”, questa scuola costruita a partire dal Sessantotto nell’ideologia culturale della sinistra. Sì, vero: la sinistra dovrebbe riflettere e molto sul perché la scuola pubblica tanto idealizzata non solo fa acqua da tutte le parti ma forse da tempo ha già fatto naufragio. “La scuola [pubblica] deve rimanere pubblica, cioè un dovere dello Stato, degli educatori, delle famiglie”, dice De Lazzari”. Siamo d’accordo, un dovere, un dovere di tutti.
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