Continuano le agitazioni dei nipoti dei nostalgici del ‘68. Altri tempi quelli. Altre intelligenze. Si manifestava per cambiare in meglio. Non per perpetuare il peggio. A guardare servizi e dibattiti in televisione sull’argomento, oltre ad annotare che ogni reportage fa crescere l’insofferenza verso una sinistra critica che annaspando sul consenso si attacca a tutto pur di dare un segno di presenza, di esistenza politica, non si può fare a meno di cogliere l’ipocrisia di chi porta dei giovani in piazza, inconsapevoli che la posta in gioco è altra dagli slogan vuoti che vanno gridando o dagli striscioni che vanno trascinando in giro, di essere cioè come sempre un mero strumento di antidemocrazia, di rivalsa di una minoranza perdente senza se senza ma, che continua a sognare la “rivoluzione” perché incapace di integrarsi nei fatti nella democrazia; l’ipocrisia di chi porta i giovani in piazza, dicevo, e poi finge di cogliere le istanze di un “movimento” inesistente, virtuale.
Qualche tempo fa ho introdotto nel blog i termini sfascismo e sfascisti, molto prima che lo facesse altri più autorevole di me. Sfascismo, al di là del significato proprio della parola, riconoscibile nell’operare politico attuale del movimentismo di forze fino a pochi mesi fa parlamentari, rima appieno con altra parola, fascismo; e quella “s” iniziale può servire per spingersi ad usarla per classificare l’antitesi dell’altra, evocante a torto o a ragione il concetto di “ordine”, e nel contempo grazie alla coincidenza della radice l’equipollenza degli estremi, da una parte i fascisti, dall’altra quelli che il lodigiano Berneri, per citare uno, chiamava i “fascisti rossi”, nella negazione della democrazia. L’uso della piazza per dare apparenza di consenso ad una sparuta minoranza di insofferenti ricorda molto l’uso fatto dall’emergente fascismo della “marcia su Roma”. Ma se allora c’era chi vedeva in quel gruppuscolo di giannizzeri una possibile guardia armata dei propri interessi e dei mastini da usare per azzannare altro profitto, oggi non c’è nessuno disponibile a sostenere una situazione di sfascio allegro seppure affascinato dal colorato folclore di cui la militanza di sinistra è capace nelle sue manifestazioni. Per capirci, quando Berlusconi parla di far sgomberare le facoltà occupate dalla polizia, altro non fa che esprimere il pensiero del 70% degli italiani – se non di più – stanchi di sopportare quotidianamente gli effetti di un disordine che ha portato il paese sull’orlo d’un abisso. Che non si voglia ammettere questa realtà da parte di forze che aspiravano ad essere egemoni, lo si può tollerare. Ciò che non si può tollerare è la loro pretesa da avanguardia marxista-leninista di rappresentare autocraticamente la gente, rinnegando le sue scelte democraticamente espresse.
Qualche tempo fa ho introdotto nel blog i termini sfascismo e sfascisti, molto prima che lo facesse altri più autorevole di me. Sfascismo, al di là del significato proprio della parola, riconoscibile nell’operare politico attuale del movimentismo di forze fino a pochi mesi fa parlamentari, rima appieno con altra parola, fascismo; e quella “s” iniziale può servire per spingersi ad usarla per classificare l’antitesi dell’altra, evocante a torto o a ragione il concetto di “ordine”, e nel contempo grazie alla coincidenza della radice l’equipollenza degli estremi, da una parte i fascisti, dall’altra quelli che il lodigiano Berneri, per citare uno, chiamava i “fascisti rossi”, nella negazione della democrazia. L’uso della piazza per dare apparenza di consenso ad una sparuta minoranza di insofferenti ricorda molto l’uso fatto dall’emergente fascismo della “marcia su Roma”. Ma se allora c’era chi vedeva in quel gruppuscolo di giannizzeri una possibile guardia armata dei propri interessi e dei mastini da usare per azzannare altro profitto, oggi non c’è nessuno disponibile a sostenere una situazione di sfascio allegro seppure affascinato dal colorato folclore di cui la militanza di sinistra è capace nelle sue manifestazioni. Per capirci, quando Berlusconi parla di far sgomberare le facoltà occupate dalla polizia, altro non fa che esprimere il pensiero del 70% degli italiani – se non di più – stanchi di sopportare quotidianamente gli effetti di un disordine che ha portato il paese sull’orlo d’un abisso. Che non si voglia ammettere questa realtà da parte di forze che aspiravano ad essere egemoni, lo si può tollerare. Ciò che non si può tollerare è la loro pretesa da avanguardia marxista-leninista di rappresentare autocraticamente la gente, rinnegando le sue scelte democraticamente espresse.
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