Ritorno sulla questione della scuola riportando un articolo su "Avvenire" di Enrico Lenzi dal titolo "Mannaia sui fondi delle scuole paritarie". Questo per riequilibrare una leggenda metropolitana che in questi giorni è echeggiata nelle piazze, che cioè i tagli riguardassero la scuola pubblica a favore di quella privata. A dire il vero è un leitmotiv perenne che ricorda molto la storia della volpe e l'uva. In questo caso traslata in un "non posso controllarla politicamente, quindi la demonizzo". Basti solo il sottotitolo per capire che molto spesso si urlano slogan lontani dalla realtà. Questo l'istruttivo testo:
La scure dei tagli colpisce anche la scuola paritaria. L'amara notizia arriva con il testo della manovra finanziaria per il 2009: ben 133 milioni di euro in meno in un capitolo di bilancio che ne conta complessivamente 534. Un taglio secco del 24,9% dell'intera somma destinata a quasi 11 mila istituti, tra scuole dell'infanzia e scuola primaria paritaria. Nel contempo il taglio imposto mediamente ai ministeri si aggira soltanto intorno al 10%. Ma a rendere questo taglio ancora più pesante sono le condizioni di partenza differenti in cui la scuola paritaria si trova rispetto a quella statale, pur partecipando all'unico sistema scolastico pubblico nazionale. Il tutto con «una previsione di riduzioni progressive anche nei prossimi anni». A lanciare l'allarme è stata la Federazione delle scuole materne di ispirazione cristiana (Fism), che ha voluto far sentire la propria voce direttamente ai deputati e ai senatori delle commissioni Bilancio e Istruzione dei due rami del Parlamento. «Un taglio ingiustificato - si legge nella lettera recapitata ai parlamentari che stanno discutendo il testo della Finanziaria - che metterebbe anche le scuole della Fism, che rappresentano il 60% delle scuole paritarie, in condizione di non assicurare la prosecuzione del servizio per gli oltre 500mila bambini che le frequentano». Una preoccupazione condivisa dall'intero sistema della scuola paritaria, che riunisce anche la Fidae, il Faes e la Foe. «Ci pare la più triste smentita a quanti in questi giorni nelle piazze ripetono slogan nei quali sostengono che si tolgono soldi alle scuole statali per darli alle cosiddette private» commenta in una nota la Federazione Opere Educative, che riunisce le scuole paritarie della Compagnia delle Opere. Ma anche l'Associazione genitori scuole cattoliche (Agesc) ha espresso la propria preoccupazione per questo taglio direttamente al ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini.
«Una preoccupazione comprensibile - spiega Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism -, anche perché la riduzione dei già magri fondi destinati alle scuole materne ed elementari, provocherebbe inevitabilmente un aumento delle rette per i genitori. Rette che comunque le famiglie già oggi devono sostenere nonostante lo stanziamento dei 534 milioni di euro». Cifra, quest'ultima, «invariata da ben otto anni» per quasi un milione di bambini e ragazzi.
Ma quello che burocraticamente il ministero di viale Trastevere considera come una spesa nel proprio bilancio, dovrebbe invece essere «guardato come un capitolo di risparmio per lo Stato commenta Morgano della Fism - visto che l'esistenza delle nostre scuole, dalle materne alle superiori, rappresenta un risparmio per lo Stato, dato che non se ne devono far carico economicamente come accade per gli studenti delle statali». Un risparmio complessivo di oltre 6 miliardi di euro, come ha quantificato in una propria indagine l'Agesc qualche mese fa. I conti sono presto fatti: basta prendere il costo medio di un iscritto nella scuola statale e moltiplicarlo per il numero degli studenti della scuola non statale, in ogni ordine e grado. Secondo i dati 2007 lo Stato spende per gli iscritti delle statali 6.116 euro alla materna, 7.366 alle elementari, 7.688 alle medie e 8.108 alle superiori, mentre spende per gli studenti delle paritarie 584 euro alla materna, 866 alla primaria, 106 alla media e 51 euro alle superiori. Alla fine i conti dimostrano che lo Stato non gestendo il milione di studenti degli istituti paritari, risparmia 3,436 miliardi di euro alle materne, 1,202 miliardi nelle elementari, 496 milioni per le medie e 1,110 miliardi alle superiori. Appunto per un totale di 6 miliardi e 245 milioni di euro.
A preoccupare le organizzazioni della scuola paritaria, è anche il fatto che questo taglio di 133 milioni di euro, rischia di aggiungersi ad eventuali tagli finanziari degli Enti locali, che «da sempre sostengono soprattutto le scuole dell'infanzia riconoscendone il servizio e la qualità dell'offerta formativa» sottolinea Morgano. L'invito rivolto ai tutti i parlamentari, ad iniziare da quelli della maggioranza, e al governo, ribadiscono Fism e Foe, è di «ripristinare immediatamente la cifra iniziale, riconoscendo che tagli a questo capitolo di bilancio rappresenterebbe un colpo all'economia di migliaia di famiglie e al loro diritto di libertà di scelta in campo educativo». La speranza è che in fase di esame in Aula si accolga l'invito rivolto dalla stessa commissione Istruzione del Senato, che subordina il parere positivo al «reintegro della somma relativa alla scuola paritaria». Voci in tal senso si sono levate da diverse parti politiche. «Ci auguriamo - dice il segretario nazionale della Fism - che si ottenga il risultato con un voto bipartisan».
«Una preoccupazione comprensibile - spiega Luigi Morgano, segretario nazionale della Fism -, anche perché la riduzione dei già magri fondi destinati alle scuole materne ed elementari, provocherebbe inevitabilmente un aumento delle rette per i genitori. Rette che comunque le famiglie già oggi devono sostenere nonostante lo stanziamento dei 534 milioni di euro». Cifra, quest'ultima, «invariata da ben otto anni» per quasi un milione di bambini e ragazzi.
Ma quello che burocraticamente il ministero di viale Trastevere considera come una spesa nel proprio bilancio, dovrebbe invece essere «guardato come un capitolo di risparmio per lo Stato commenta Morgano della Fism - visto che l'esistenza delle nostre scuole, dalle materne alle superiori, rappresenta un risparmio per lo Stato, dato che non se ne devono far carico economicamente come accade per gli studenti delle statali». Un risparmio complessivo di oltre 6 miliardi di euro, come ha quantificato in una propria indagine l'Agesc qualche mese fa. I conti sono presto fatti: basta prendere il costo medio di un iscritto nella scuola statale e moltiplicarlo per il numero degli studenti della scuola non statale, in ogni ordine e grado. Secondo i dati 2007 lo Stato spende per gli iscritti delle statali 6.116 euro alla materna, 7.366 alle elementari, 7.688 alle medie e 8.108 alle superiori, mentre spende per gli studenti delle paritarie 584 euro alla materna, 866 alla primaria, 106 alla media e 51 euro alle superiori. Alla fine i conti dimostrano che lo Stato non gestendo il milione di studenti degli istituti paritari, risparmia 3,436 miliardi di euro alle materne, 1,202 miliardi nelle elementari, 496 milioni per le medie e 1,110 miliardi alle superiori. Appunto per un totale di 6 miliardi e 245 milioni di euro.
A preoccupare le organizzazioni della scuola paritaria, è anche il fatto che questo taglio di 133 milioni di euro, rischia di aggiungersi ad eventuali tagli finanziari degli Enti locali, che «da sempre sostengono soprattutto le scuole dell'infanzia riconoscendone il servizio e la qualità dell'offerta formativa» sottolinea Morgano. L'invito rivolto ai tutti i parlamentari, ad iniziare da quelli della maggioranza, e al governo, ribadiscono Fism e Foe, è di «ripristinare immediatamente la cifra iniziale, riconoscendo che tagli a questo capitolo di bilancio rappresenterebbe un colpo all'economia di migliaia di famiglie e al loro diritto di libertà di scelta in campo educativo». La speranza è che in fase di esame in Aula si accolga l'invito rivolto dalla stessa commissione Istruzione del Senato, che subordina il parere positivo al «reintegro della somma relativa alla scuola paritaria». Voci in tal senso si sono levate da diverse parti politiche. «Ci auguriamo - dice il segretario nazionale della Fism - che si ottenga il risultato con un voto bipartisan».
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