Itti Drioli ha intervistato Marco Follini per conto de "Il Giorno - Resto del Carlino - La Nazione". Il titolo dell'articolo è eloquente: "Follini: «Veltroni sbaglia»" ed il sottotitolo spiega: "Basta con Di Pietro. I cortei fanno male al riformismo".
Marco Follini, anche lei è tra quelli del Pd cui non piace il referendum antiGelmini? «Confesso, anch'io».
Non le piacciono i referendum, o questo in particolare? «Lo strumento referendario allude a un'idea un po' plebiscitaria, taglia i problemi con l'accetta, radicalizza. Noi dovremmo essere in prima fila a rivendicare virtù e fatica del lavoro parlamentare, così invece sembra che prendiamo una scorciatoia. E diamo l'idea di un'opposizione barricadera».
Veltroni pensa che la sua iniziativa eviterà di far degenerare la protesta. «Chi si mette alla coda di una protesta e la insegue difficilmente la riesce a tenere sotto controllo».
Io mi riferivo alla protesta degli studenti, lei pare che stia pensando alle proteste di Di Pietro. «L'idea di ammansire la tigre dipietrista sedendocisi sopra mi sembra ingenua. E arrischiata».
Ma che le pare di questo Veltroni? Sembrava aver rotto con Di Pietro solo una settimana fa.
«Temo siano gli effetti collaterali della manifestazione al Circo Massimo. Quando la piazza diventa l'evento politico principale, tutto il resto va di conseguenza».
E in questo Pd movimentista come si trova un moderato come lei? «Il compito del Pd era e resta un altro. Era quello di custodire e rinnovare la tradizione costituzionale del Paese. Di offrire agli elettori una proposta riformista capace di convincere anche una parte che aveva votato Berlusconi. Dubito che il combinato disposto della raccolta delle firme e dei cortei ci avvicini a questa gente».
Altri moderati del Pd la pensano diversamente. Credono che le famiglie penalizzate dalla riduzione dei maestri e dell'`orario apprezzeranno il referendum. «Ma io non dico che la difesa della scuola non sia una priorità. Lo è. Mi chiedo se sia più efficace farla in piazza o in Parlamento. Oltretutto se si raccolgono le firme e si vince il referendum questa legge sarà abrogata non prima del 2010. Di qui ad allora saranno successe molte altre cose».
Sul referendum di Veltroni si ritrovano tutti i partiti dell'ex Unione. È là che tornerete? «Ci eravamo fatti forti e belli per aver compiuto il percorso inverso, per esserci liberati dalla gabbia dell'Unione e presentati al giudizio degli elettori soli e liberi. Anzi, quasi soli e quasi liberi».
Quel «quasi» è stato un guaio? «Sì e posso dirlo ora perché lo avevo detto subito».
Il «quasi» riguarda Di Pietro, ma l'Unione comprende anche la sinistra radicale. «Infatti. Abbiamo già sbagliato con il "quasi". Sconsiglio di perseverare e di fare la strada a ritroso».
C'è il rischio che ciò accada? «C'è. Perché c'è chi vede il Pd come un partito movimentista e chi come una Sinistra canonica solo un po' più moderna del passato».
In entrambi i casi non mi pare ci sia spazio per lei. «Io ho un idea diversa, quella di un partito riformista. Ma se è un partito democratico, e il Pd lo è anche nel nome, si aprirà un dibattito. E quando si aprirà sono convinto che non sarò solo».
Dovrà aspettare il congresso, tra un anno. E intanto. «Intanto suggerisco di correggere una rotta che, se lasciata a se stessa, ci porterebbe fuori strada e lontano dalle ragioni per cui siamo nati.
Faccio appello al Veltroni di qualche mese fa, contro il Veltroni di oggi. Ma sottoscrivo anche le sue parole di una settimana fa, quando dichiarava che Di Pietro non conosceva l'alfabeto democratico».
E se Veltroni non l'ascolta o continua a ondeggiare? «Io esercito con pazienza la mia parte. Di più non posso fare».
Non le piacciono i referendum, o questo in particolare? «Lo strumento referendario allude a un'idea un po' plebiscitaria, taglia i problemi con l'accetta, radicalizza. Noi dovremmo essere in prima fila a rivendicare virtù e fatica del lavoro parlamentare, così invece sembra che prendiamo una scorciatoia. E diamo l'idea di un'opposizione barricadera».
Veltroni pensa che la sua iniziativa eviterà di far degenerare la protesta. «Chi si mette alla coda di una protesta e la insegue difficilmente la riesce a tenere sotto controllo».
Io mi riferivo alla protesta degli studenti, lei pare che stia pensando alle proteste di Di Pietro. «L'idea di ammansire la tigre dipietrista sedendocisi sopra mi sembra ingenua. E arrischiata».
Ma che le pare di questo Veltroni? Sembrava aver rotto con Di Pietro solo una settimana fa.
«Temo siano gli effetti collaterali della manifestazione al Circo Massimo. Quando la piazza diventa l'evento politico principale, tutto il resto va di conseguenza».
E in questo Pd movimentista come si trova un moderato come lei? «Il compito del Pd era e resta un altro. Era quello di custodire e rinnovare la tradizione costituzionale del Paese. Di offrire agli elettori una proposta riformista capace di convincere anche una parte che aveva votato Berlusconi. Dubito che il combinato disposto della raccolta delle firme e dei cortei ci avvicini a questa gente».
Altri moderati del Pd la pensano diversamente. Credono che le famiglie penalizzate dalla riduzione dei maestri e dell'`orario apprezzeranno il referendum. «Ma io non dico che la difesa della scuola non sia una priorità. Lo è. Mi chiedo se sia più efficace farla in piazza o in Parlamento. Oltretutto se si raccolgono le firme e si vince il referendum questa legge sarà abrogata non prima del 2010. Di qui ad allora saranno successe molte altre cose».
Sul referendum di Veltroni si ritrovano tutti i partiti dell'ex Unione. È là che tornerete? «Ci eravamo fatti forti e belli per aver compiuto il percorso inverso, per esserci liberati dalla gabbia dell'Unione e presentati al giudizio degli elettori soli e liberi. Anzi, quasi soli e quasi liberi».
Quel «quasi» è stato un guaio? «Sì e posso dirlo ora perché lo avevo detto subito».
Il «quasi» riguarda Di Pietro, ma l'Unione comprende anche la sinistra radicale. «Infatti. Abbiamo già sbagliato con il "quasi". Sconsiglio di perseverare e di fare la strada a ritroso».
C'è il rischio che ciò accada? «C'è. Perché c'è chi vede il Pd come un partito movimentista e chi come una Sinistra canonica solo un po' più moderna del passato».
In entrambi i casi non mi pare ci sia spazio per lei. «Io ho un idea diversa, quella di un partito riformista. Ma se è un partito democratico, e il Pd lo è anche nel nome, si aprirà un dibattito. E quando si aprirà sono convinto che non sarò solo».
Dovrà aspettare il congresso, tra un anno. E intanto. «Intanto suggerisco di correggere una rotta che, se lasciata a se stessa, ci porterebbe fuori strada e lontano dalle ragioni per cui siamo nati.
Faccio appello al Veltroni di qualche mese fa, contro il Veltroni di oggi. Ma sottoscrivo anche le sue parole di una settimana fa, quando dichiarava che Di Pietro non conosceva l'alfabeto democratico».
E se Veltroni non l'ascolta o continua a ondeggiare? «Io esercito con pazienza la mia parte. Di più non posso fare».
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