Seconda parte del resoconto stenografico del dibattito seguito all'informativa del governo sui fatti di Piazza Navona. In questa parte gli interventi di Massimo Bitonci della Lega Nord Padania e Mario Tassone dell'Unione di centro. Lascio ogni commento al lettore attento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bitonci. Ne ha facoltà.
MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per il suo esaustivo intervento. La realtà è che quello che è successo due giorni fa in piazza Navona non ha minimamente a che fare con la riforma Gelmini. Quattro poliziotti feriti, decine di ragazzi contusi, due ragazzi arrestati, quattro denunciati, ventuno identificati e poi rilasciati: un bilancio da guerriglia urbana, non da pacifica manifestazione studentesca su un decreto che, a dire la verità, ha inciso sulla scuola elementare con il maestro unico, che ha finalmente inserito il voto di condotta alle medie e alle superiori, che ha imposto l'educazione civica in tutti gli ordini di scuola, con lo studio della Costituzione repubblicana e degli statuti regionali, ma che poco o niente ha a che fare con quegli esaltati che si sono riversati in piazza Navona e che hanno dato sfogo alla loro violenza gratuita. Perché di violenza gratuita e organizzata si è trattato, non di manifestazione pacifica.
Quello che dobbiamo chiederci allora, interrogando il Ministro, non è perché sono stati elusi i controlli, ma a chi giova questo clima di scontro, a chi serve cavalcare la protesta studentesca, a chi serve confondere i temi politici, esasperando i temi di confronto. Cosa c'entrano il grembiule in classe e la necessità di razionalizzare la spesa scolastica con i cori da stadio, con le violenti offese al Ministro Gelmini, con i lanci di sedie, di bottiglie e di posacenere? Perché questi ragazzotti non se la sono presa con la vera piaga della scuola e dell'università che sono gli stessi professori, gli stessi presidi, i baroni universitari che affollano le nostre università; baroni strapagati, che lavorano alcune ore alla settimana, che risultano inamovibili e non lasciano spazio ai giovani ricercatori che vanno a fare ricerca all'estero; professori che insegnano nei corsi universitari con pochi studenti, con improbabili sedi secondarie che servono solo ad investire risorse pubbliche per garantire pochi eletti; università pubbliche dove il rettore e i professori insegnano casualmente assieme ai figli, alle mogli e ai parenti più stretti.
Allora, perché la protesta non si rivolge verso di loro? Perché gli studenti, vere vittime di una scuola pubblica che non funziona, sfilano in piazza per difendere lo status quo che garantisce non loro, ma solo sprechi e nepotismi? La risposta sta nella convenienza politica del centrosinistra e del sindacato che vuole cavalcare la contestazione, avvelenare la protesta, riappropriarsi del populismo più becero, sfruttando il particolare e delicato periodo di crisi economica in cui versa la nostra nazione nel contesto internazionale.
Quanto tempo è passato, erano anni e anni, che non si vedevano scontri tra studenti di destra e di sinistra; sembrava di essere tornati indietro di quarant'anni. Per fortuna che le ideologie del tempo sono andate perse nella notte dei tempi, anche se questi scontri sono un segnale di allarme. Stiamo attenti ad evocare i tempi passati, autunni caldi di contestazioni ad oltranza. Chi accende il fuoco non sa se poi riuscirà a controllarlo. Attenti, cari amici del centrosinistra e dipietristi, a sollecitare l'odio, a illudere gli studenti, a provocare la violenza, a sfidare il Governo in una commedia senza senso.
Attenti a strizzare l'occhio alle ideologie, ad evocare regimi fascisti e cambogiani di altri tempi: è una grave offesa verso chi si è veramente battuto e ha pagato con la vita per guadagnare la libertà della propria gente. La scuola, l'università è già una tragedia documentata che ha bisogno di altro,
di professori preparati, attenti alle sfide del futuro, di corsi di insegnamento e di lauree più vicine al mondo del lavoro e dell'impresa, meno ideologia e più pragmatismo.
Grazie al sottosegretario e al Ministro Maroni per la fermezza nel dichiarare che si farà rispettare il diritto sacrosanto di chi vuole studiare. Grazie per il contributo delle forze dell'ordine che hanno fatto sì che questi episodi non si tramutassero in tragedia; grazie per l'abnegazione nello svolgere il loro dovere e nel far rispettare le regole: esse dovrebbero essere da esempio per questi ragazzi e non, come spesso è accaduto, oggetto di scherno, provocazione, insulti e linciaggi mediatici.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Tassone.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione non soltanto gli interventi dei colleghi, ma anche la ricostruzione che ci ha rassegnato questa mattina il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Palma.
Già ieri avevo affermato che queste occasioni dovrebbero essere colte nel significato più profondo e più vero per tentare di dare delle risposte e, quindi, per evitare che il tutto possa tradursi in un rituale certamente inutile e insoddisfacente. Ci troviamo di fronte ad un'ennesima manifestazione studentesca che, per alcuni versi, fa ricordare epoche antiche e, soprattutto, vecchie manifestazioni (ovviamente non scevre da violenza), che si ripropone oggi in occasione dell'approvazione da parte del Senato del provvedimento che porta il nome del Ministro dell'istruzione, e che ha portato a processi degenerativi.
Riguardo al provvedimento sulla scuola noi abbiamo assunto un atteggiamento anche critico, con qualche preoccupazione e qualche venatura di insofferenza rispetto ai risultati che in esso venivano evidenziati, atteggiamento che è stato comunque di grande preoccupazione e legato ad una grande responsabilità.
Non voglio parlare della scuola, ma dare atto alle forze dell'ordine del lavoro svolto ed esprimere la mia preoccupazione per gli interventi che ho ascoltato questa mattina, per il tentativo di giustificare le violenze avvenute davanti al Senato che hanno il sapore antico di un vecchio retaggio di ideologie e che, certamente, non favoriscono questo Paese nel trovare un suo riferimento, una sua dimensione ma, soprattutto, un suo percorso che rafforzi la democrazia.
Se, in questa occasione, diciamo le cose tanto per recitare un copione, certamente non credo che ciò possa aiutare, in questo momento, il Paese a trovare degli obiettivi ed a raggiungere dei traguardi di civiltà: le strumentalizzazioni non ci aiutano a dare all'Italia dignità e forza per poter perscrutare con grande forza e disinvoltura anche il futuro. C'è stato uno sforzo di strumentalizzare i bambini e i ragazzi nelle scuole. Si può essere d'accordo con il Ministro così come si può non esserlo (io, ad esempio, non ero d'accordo con Berlinguer quando era in quest'Aula, ma non per questo usavo parole violente nei confronti del Ministro della pubblica istruzione del tempo), ma strumentalizzare tutto, oppure indicare soltanto un Ministro, un Governo o una maggioranza come la causa di tutti i mali, certamente è una cultura che crea un clima molto preoccupante fatto di tensione, ma anche di provocatori. Perché c'è una task force, cari colleghi, signor Presidente, signor sottosegretario, che si muove prontamente all'occorrenza: c'è violenza negli stadi, allora c'è quella task force; c'è un G7, allora c'è quella task force; c'è la manifestazione per una squadra, allora c'è una task force. C'è un sindacato che - vivaddio! - in questi giorni sta rompendo l'unità sindacale, soprattutto, c'è anche qualcuno che propone il referendum sulla scuola, anche se credo che non ci porterà da nessuna parte.
Ritengo che dobbiamo riflettere con estrema serenità e, in questo momento, chiedere, soprattutto al Presidente della Camera dei deputati, che vi sia uno sforzo da parte del Parlamento e del Governo per capire e per comprendere. Per chi ricorda le vicende del 1976 e del 1978, ma prima ancora quelle del 1968, qualche preoccupazione c'è...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Soprattutto, devo chiedere al sottosegretario per l'Interno - perciò sono intervenuto - che tutto ciò venga ad essere inquadrato in uno sforzo di prevenzione e di comprensione, perché altrimenti ci raccontiamo i fatti. Abbiamo visto studenti di 37 anni che con la scuola non avevano nulla a che fare e abbiamo assistito a vicende e storie che con la scuola - vedendo i manifestanti - non avevano nulla a che fare. Ci sono stati, ovviamente, i soliti contusi tra le forze dell'ordine e feriti e contusi fra gli scioperanti.
Se questo Parlamento si vuole ritrovare unito in questa dimensione, va bene, altrimenti vi è chi giustifica e chi non giustifica. Io non giustifico la violenza, ma giustifico certamente le proteste civili e l'adempimento e, soprattutto, l'esercizio di un diritto democratico costituzionalmente garantito. Su tutto questo, però, dobbiamo essere d'accordo, altrimenti cadiamo nelle piccolezze tra maggioranza e opposizione. Signor Presidente, signor sottosegretario, io appartengo all'opposizione, ma a un'opposizione che pensa, perché, al di là dell'opposizione, vi sono gli interessi del Paese, che vanno al di là dei colori politici e delle collocazioni politiche in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
MASSIMO BITONCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per il suo esaustivo intervento. La realtà è che quello che è successo due giorni fa in piazza Navona non ha minimamente a che fare con la riforma Gelmini. Quattro poliziotti feriti, decine di ragazzi contusi, due ragazzi arrestati, quattro denunciati, ventuno identificati e poi rilasciati: un bilancio da guerriglia urbana, non da pacifica manifestazione studentesca su un decreto che, a dire la verità, ha inciso sulla scuola elementare con il maestro unico, che ha finalmente inserito il voto di condotta alle medie e alle superiori, che ha imposto l'educazione civica in tutti gli ordini di scuola, con lo studio della Costituzione repubblicana e degli statuti regionali, ma che poco o niente ha a che fare con quegli esaltati che si sono riversati in piazza Navona e che hanno dato sfogo alla loro violenza gratuita. Perché di violenza gratuita e organizzata si è trattato, non di manifestazione pacifica.
Quello che dobbiamo chiederci allora, interrogando il Ministro, non è perché sono stati elusi i controlli, ma a chi giova questo clima di scontro, a chi serve cavalcare la protesta studentesca, a chi serve confondere i temi politici, esasperando i temi di confronto. Cosa c'entrano il grembiule in classe e la necessità di razionalizzare la spesa scolastica con i cori da stadio, con le violenti offese al Ministro Gelmini, con i lanci di sedie, di bottiglie e di posacenere? Perché questi ragazzotti non se la sono presa con la vera piaga della scuola e dell'università che sono gli stessi professori, gli stessi presidi, i baroni universitari che affollano le nostre università; baroni strapagati, che lavorano alcune ore alla settimana, che risultano inamovibili e non lasciano spazio ai giovani ricercatori che vanno a fare ricerca all'estero; professori che insegnano nei corsi universitari con pochi studenti, con improbabili sedi secondarie che servono solo ad investire risorse pubbliche per garantire pochi eletti; università pubbliche dove il rettore e i professori insegnano casualmente assieme ai figli, alle mogli e ai parenti più stretti.
Allora, perché la protesta non si rivolge verso di loro? Perché gli studenti, vere vittime di una scuola pubblica che non funziona, sfilano in piazza per difendere lo status quo che garantisce non loro, ma solo sprechi e nepotismi? La risposta sta nella convenienza politica del centrosinistra e del sindacato che vuole cavalcare la contestazione, avvelenare la protesta, riappropriarsi del populismo più becero, sfruttando il particolare e delicato periodo di crisi economica in cui versa la nostra nazione nel contesto internazionale.
Quanto tempo è passato, erano anni e anni, che non si vedevano scontri tra studenti di destra e di sinistra; sembrava di essere tornati indietro di quarant'anni. Per fortuna che le ideologie del tempo sono andate perse nella notte dei tempi, anche se questi scontri sono un segnale di allarme. Stiamo attenti ad evocare i tempi passati, autunni caldi di contestazioni ad oltranza. Chi accende il fuoco non sa se poi riuscirà a controllarlo. Attenti, cari amici del centrosinistra e dipietristi, a sollecitare l'odio, a illudere gli studenti, a provocare la violenza, a sfidare il Governo in una commedia senza senso.
Attenti a strizzare l'occhio alle ideologie, ad evocare regimi fascisti e cambogiani di altri tempi: è una grave offesa verso chi si è veramente battuto e ha pagato con la vita per guadagnare la libertà della propria gente. La scuola, l'università è già una tragedia documentata che ha bisogno di altro,
di professori preparati, attenti alle sfide del futuro, di corsi di insegnamento e di lauree più vicine al mondo del lavoro e dell'impresa, meno ideologia e più pragmatismo.
Grazie al sottosegretario e al Ministro Maroni per la fermezza nel dichiarare che si farà rispettare il diritto sacrosanto di chi vuole studiare. Grazie per il contributo delle forze dell'ordine che hanno fatto sì che questi episodi non si tramutassero in tragedia; grazie per l'abnegazione nello svolgere il loro dovere e nel far rispettare le regole: esse dovrebbero essere da esempio per questi ragazzi e non, come spesso è accaduto, oggetto di scherno, provocazione, insulti e linciaggi mediatici.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Tassone.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione non soltanto gli interventi dei colleghi, ma anche la ricostruzione che ci ha rassegnato questa mattina il sottosegretario di Stato per l'interno Nitto Palma.
Già ieri avevo affermato che queste occasioni dovrebbero essere colte nel significato più profondo e più vero per tentare di dare delle risposte e, quindi, per evitare che il tutto possa tradursi in un rituale certamente inutile e insoddisfacente. Ci troviamo di fronte ad un'ennesima manifestazione studentesca che, per alcuni versi, fa ricordare epoche antiche e, soprattutto, vecchie manifestazioni (ovviamente non scevre da violenza), che si ripropone oggi in occasione dell'approvazione da parte del Senato del provvedimento che porta il nome del Ministro dell'istruzione, e che ha portato a processi degenerativi.
Riguardo al provvedimento sulla scuola noi abbiamo assunto un atteggiamento anche critico, con qualche preoccupazione e qualche venatura di insofferenza rispetto ai risultati che in esso venivano evidenziati, atteggiamento che è stato comunque di grande preoccupazione e legato ad una grande responsabilità.
Non voglio parlare della scuola, ma dare atto alle forze dell'ordine del lavoro svolto ed esprimere la mia preoccupazione per gli interventi che ho ascoltato questa mattina, per il tentativo di giustificare le violenze avvenute davanti al Senato che hanno il sapore antico di un vecchio retaggio di ideologie e che, certamente, non favoriscono questo Paese nel trovare un suo riferimento, una sua dimensione ma, soprattutto, un suo percorso che rafforzi la democrazia.
Se, in questa occasione, diciamo le cose tanto per recitare un copione, certamente non credo che ciò possa aiutare, in questo momento, il Paese a trovare degli obiettivi ed a raggiungere dei traguardi di civiltà: le strumentalizzazioni non ci aiutano a dare all'Italia dignità e forza per poter perscrutare con grande forza e disinvoltura anche il futuro. C'è stato uno sforzo di strumentalizzare i bambini e i ragazzi nelle scuole. Si può essere d'accordo con il Ministro così come si può non esserlo (io, ad esempio, non ero d'accordo con Berlinguer quando era in quest'Aula, ma non per questo usavo parole violente nei confronti del Ministro della pubblica istruzione del tempo), ma strumentalizzare tutto, oppure indicare soltanto un Ministro, un Governo o una maggioranza come la causa di tutti i mali, certamente è una cultura che crea un clima molto preoccupante fatto di tensione, ma anche di provocatori. Perché c'è una task force, cari colleghi, signor Presidente, signor sottosegretario, che si muove prontamente all'occorrenza: c'è violenza negli stadi, allora c'è quella task force; c'è un G7, allora c'è quella task force; c'è la manifestazione per una squadra, allora c'è una task force. C'è un sindacato che - vivaddio! - in questi giorni sta rompendo l'unità sindacale, soprattutto, c'è anche qualcuno che propone il referendum sulla scuola, anche se credo che non ci porterà da nessuna parte.
Ritengo che dobbiamo riflettere con estrema serenità e, in questo momento, chiedere, soprattutto al Presidente della Camera dei deputati, che vi sia uno sforzo da parte del Parlamento e del Governo per capire e per comprendere. Per chi ricorda le vicende del 1976 e del 1978, ma prima ancora quelle del 1968, qualche preoccupazione c'è...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente. Soprattutto, devo chiedere al sottosegretario per l'Interno - perciò sono intervenuto - che tutto ciò venga ad essere inquadrato in uno sforzo di prevenzione e di comprensione, perché altrimenti ci raccontiamo i fatti. Abbiamo visto studenti di 37 anni che con la scuola non avevano nulla a che fare e abbiamo assistito a vicende e storie che con la scuola - vedendo i manifestanti - non avevano nulla a che fare. Ci sono stati, ovviamente, i soliti contusi tra le forze dell'ordine e feriti e contusi fra gli scioperanti.
Se questo Parlamento si vuole ritrovare unito in questa dimensione, va bene, altrimenti vi è chi giustifica e chi non giustifica. Io non giustifico la violenza, ma giustifico certamente le proteste civili e l'adempimento e, soprattutto, l'esercizio di un diritto democratico costituzionalmente garantito. Su tutto questo, però, dobbiamo essere d'accordo, altrimenti cadiamo nelle piccolezze tra maggioranza e opposizione. Signor Presidente, signor sottosegretario, io appartengo all'opposizione, ma a un'opposizione che pensa, perché, al di là dell'opposizione, vi sono gli interessi del Paese, che vanno al di là dei colori politici e delle collocazioni politiche in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
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