"Il punto" di Stefano Folli oggi su "Il Sole 24 Ore" titolava "L'errore del referendum: incita la piazza, sfiducia le Camere" e evidenziava il caos mentale e di prospettiva politica che caratterizza la prassi del Partito democratico in questa fase ancora infantile del suo sviluppo, oltre ha puntualizzare correttamente tutta una serie di aspetti riguardanti le chiassate sulla scuola. Utile per trovare punti di partenza per una riflessione complessiva, come del resto fa intuire il sottotitolo: "Quali, strategie dopo il via alla legge e gli scontri di Roma. Dubbi sulla mossa Pd".
La città di Roma ha vissuto ieri una giornata inquietante. Intorno a Palazzo Madama, a Piazza Navona e nelle vie adiacenti sembrava d'essere tornati ad anni lontani. Gli studenti di sinistra e di estrema destra che contestavano il decreto Gelmini prima hanno manifestato insieme, poi si sono divisi e si sono affrontati con violenza. Le forze dell'ordine li hanno separati e ne hanno arrestati alcuni (in prevalenza di destra, gli aggressori). Due funzionari di polizia sono stati feriti.
Abbiamo rivisto l'armamentario del tempo che fu: aste di bandiera usate come bastoni, lanci di bottiglie, barricate approssimative costruite con le sedie e i tavolini dei bar. Sullo sfondo, un senso di sgomento generale; mentre a Milano e Napoli venivano occupate le stazioni ferroviarie.
Davvero tutto questo è per opporsi alla legge sulla scuola voluta dal ministro dell'Istruzione? Al maestro unico, ai grembiulini, al voto in condotta, ai risparmi di spesa? L'opposizione parlamentare è stata severa, come è giusto che sia, e si è espressa tra l'altro nelle parole molto chiare di Anna Finocchiaro. Ma fuori del Senato abbiamo assistito a un altro spettacolo, tutt'altro che rassicurante. Abbiamo osservato un movimento disordinato e confuso, privo di una guida certa, in cui si esprime un ribellismo aspro, persino violento, che prende in prestito riti e comportamenti di altre epoche. Un movimento esiguo nei numeri, ma portatore di un radicalismo forse suggestivo per qualcuno e tuttavia assai pericoloso nei suoi esiti politici.
È forte la tentazione, per qualche segmento dell'opposizione, di correre dietro ai contestatori, quasi fosse una scorciatoia per recuperare consensi. Fanno pensare quegli striscioni penzolanti da una finestra del Senato, ad opera di rappresentanti dell'Italia dei Valori, con la scritta «Siamo con voi». Come se il mestiere di legislatore non si esercitasse all'interno del Parlamento, bensì in una sorta di limbo fra il palazzo e la piazza.
Ma ancor più stupisce e preoccupa l'idea diVeltroni di sostenere un referendum contro la legge Gelmini. È vero che lo stesso segretario del Pd in serata è apparso più cauto, rendendosi conto che le misure sulla scuola s'intrecciano con le leggi di bilancio e che un referendum in materia andrebbe attentamente calibrato. Comunque sia, è lo strumento del referendum in se stesso che viene agitato a sproposito. Come un vessillo da issare davanti ai manifestanti. Così facendo, da un lato li si incita a proseguire. Dall'altro si pone il Pd, la principale forza di un'opposizione che vuole essere «riformista», al traino del movimento studentesco. L'opinione pubblica è autorizzata a pensare che il Partito democratico crede talmente poco al Parlamento, da preferire la democrazia diretta. Anche perché sembra ossessionato dalla concorrenza di Di Pietro.
Ma allora perché sulla scuola sì e sulla giustizia, cioè sul Lodo Alfano, no? Una volta scoperchiato il vaso di Pandora non ci sono limiti. Eppure i dirigenti del Pd dovrebbero ricordare l'infausto esito della consultazione sulla scala mobile promossa negli anni Ottanta dal Pci. Si risolse in una débacle che segnò il declino del partito berlingueriano. Veltroni dovrebbe pensarci. Sulla scuola il referendum potrebbe riservare amare sorprese ai promotori. E risolversi in un successo di Berlusconi e della Gelmini, visti come difensori di un'Italia che studia e lavora. Meglio pensarci in tempo.
Davvero tutto questo è per opporsi alla legge sulla scuola voluta dal ministro dell'Istruzione? Al maestro unico, ai grembiulini, al voto in condotta, ai risparmi di spesa? L'opposizione parlamentare è stata severa, come è giusto che sia, e si è espressa tra l'altro nelle parole molto chiare di Anna Finocchiaro. Ma fuori del Senato abbiamo assistito a un altro spettacolo, tutt'altro che rassicurante. Abbiamo osservato un movimento disordinato e confuso, privo di una guida certa, in cui si esprime un ribellismo aspro, persino violento, che prende in prestito riti e comportamenti di altre epoche. Un movimento esiguo nei numeri, ma portatore di un radicalismo forse suggestivo per qualcuno e tuttavia assai pericoloso nei suoi esiti politici.
È forte la tentazione, per qualche segmento dell'opposizione, di correre dietro ai contestatori, quasi fosse una scorciatoia per recuperare consensi. Fanno pensare quegli striscioni penzolanti da una finestra del Senato, ad opera di rappresentanti dell'Italia dei Valori, con la scritta «Siamo con voi». Come se il mestiere di legislatore non si esercitasse all'interno del Parlamento, bensì in una sorta di limbo fra il palazzo e la piazza.
Ma ancor più stupisce e preoccupa l'idea diVeltroni di sostenere un referendum contro la legge Gelmini. È vero che lo stesso segretario del Pd in serata è apparso più cauto, rendendosi conto che le misure sulla scuola s'intrecciano con le leggi di bilancio e che un referendum in materia andrebbe attentamente calibrato. Comunque sia, è lo strumento del referendum in se stesso che viene agitato a sproposito. Come un vessillo da issare davanti ai manifestanti. Così facendo, da un lato li si incita a proseguire. Dall'altro si pone il Pd, la principale forza di un'opposizione che vuole essere «riformista», al traino del movimento studentesco. L'opinione pubblica è autorizzata a pensare che il Partito democratico crede talmente poco al Parlamento, da preferire la democrazia diretta. Anche perché sembra ossessionato dalla concorrenza di Di Pietro.
Ma allora perché sulla scuola sì e sulla giustizia, cioè sul Lodo Alfano, no? Una volta scoperchiato il vaso di Pandora non ci sono limiti. Eppure i dirigenti del Pd dovrebbero ricordare l'infausto esito della consultazione sulla scala mobile promossa negli anni Ottanta dal Pci. Si risolse in una débacle che segnò il declino del partito berlingueriano. Veltroni dovrebbe pensarci. Sulla scuola il referendum potrebbe riservare amare sorprese ai promotori. E risolversi in un successo di Berlusconi e della Gelmini, visti come difensori di un'Italia che studia e lavora. Meglio pensarci in tempo.
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