Sempre ieri “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato una lettera del presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, col titolo “Non è il 77 ma io prenderei misure”. Ne riprendo qui il testo. Utile alla riflessione per chi è uso adoperare la critica nell’operazione di farsi un’opinione.
Caro Direttore,
non perché sia un suo amico ed estimatore da lungo tempo, ma ritengo che uno dei più begli articoli sulle agitazioni in atto nelle università, nelle scuole medie e in quelle elementari sia quello scritto da Stefano Folli sul giornale date diretto.
Forse io sono troppo legato ad una visione del passato, ma credo di essere uno dei pochi sopravvissuti della prima repubblica (il mio “ministro ombra” Ugo Pecchioli, ormai dimenticato e quasi “censurato” dai suoi vecchi compagni, non c’è più) che ricordi come è nato e si è sviluppato il terrorismo nel nostro Paese. Quando accaddero i fatti di Valle Giulia – io ero sottosegretario di Stato alla Difesa con la delega per l’Arma dei Carabinieri –, e cioè il primo violento scontro del movimento studentesco con le forze di polizia, carabinieri e appartenenti all’allora corpo militare delle guardie di pubblica sicurezza (furono molto più numerosi i carabinieri e le guardie ferite che non i... pacifici studenti!), chi avesse preconizzato la degenerazione terroristica e avesse anche solo ipotizzato la nascita di organizzazioni del “partito armato”, sarebbe stato considerato un visionario o un provocatore “fascista”. E per lungo tempo il partito comunista ed anche parte del partito socialista solidarizzavano nel 1974-1976 con gli “occupanti”. Fino al 1976 il problema posto con forza dalle sinistre – ricordo una riunione a Palazzo Chigi presieduta da Aldo Moro cui io partecipai come ministro per la Funzione pubblica e segretario del Comitato interministeriale per l’ordine pubblico – non era quello di come affrontare, anche sul piano sociale, la montante marea di quella che allora gli universitari occupanti chiamavano, al canto di “Bella ciao!”, la “Nuova Resistenza”, ma il problema del disarmo della polizia e dei carabinieri in servizio di ordine pubblico.
Tutto cambiò quando Luciano Lama, da me scongiurato di non andare a tenere un discorso all’Università de La Sapienza, occupata, ne fu cacciato via con il suo servizio d’ordine da una folla di universitari occupanti sotto un lancio di cubetti di porfido, come ben racconta Lucia Annunziata in un suo sincero e coraggioso libro, che porta ancora come ricordo nella sua borsetta uno di quei cubetti di porfido.
Quello fu l’inizio di un cambiamento radicale e a me ministro dell’interno fu data mano libera e l’università fu sgombrata in poche ore, non certo con il puro e semplice “confronto” e “dialogo”, ma con forme di “confronto” e “dialogo” un po’ più dure... Oggi la situazione è certo diversa e universitari, studenti medi e bambini delle elementari manifestano non contro, ma insieme e capitanati da professori universitari, da professori di scuola media e elementari; ma ho sentito usare una antica terminologia: “scuola democratica”, “nuove forme di insegnamento”, “gestione socializzata”, e cioè un progetto che, ma quanti oggi lo ricordano? Aldo Moro e Alessandro Natta, normalista di Pisa, chiamavano: “un progetto per una scuola di asini”! Ho letto con preoccupazione un articolo apparso su L’Unità, non più giornale fondato da Antonio Gramsci e organo del partito comunista, ma rotocalco a colori di “varia umanità”, nel quale mi ricordano che io... diedi l’ordine ai carabinieri di uccidere prima un militante di Lotta Continua, una cui pacifica formazione aveva aperto il fuoco contro un reparto dell’Arma, poi Giorgiana Masi e poi, sotto sotto, in combutta con la Cia e la P2 anche Aldo Moro. Ma queste cose in fondo un anno fa le aveva “quasi” dette anche l’amico Fassino, sostenendo che nel caso Moro la linea della fermezza era stato un tragico errore compiuto dalla DC, dato che come è noto il Pci di Berlinguer e Pecchioli era... trattativista...
Non dico che da questo confuso “movimiento” (un po’ di Fidel Castro e di Hugo Chavez ci sta bene...) possa rinascere il terrorismo, ma qualche misura l’adotterei. La maggioranza dovrebbe ritirare il decreto-legge Gelmini, far diventare tutti gli insegnanti universitari professori di prima fascia, far entrare in ruolo non solo i precari ma anche i laureati, stabilire che nella scuola elementare i maestri ruotano ogni mezz’ora di orario, introdurre il “18” obbligatorio negli esami universitari, stabilire il passaggio automatico da una classe all’altra dalla scuola elementare fino alla maturità, e così via.
Caro Direttore,
non perché sia un suo amico ed estimatore da lungo tempo, ma ritengo che uno dei più begli articoli sulle agitazioni in atto nelle università, nelle scuole medie e in quelle elementari sia quello scritto da Stefano Folli sul giornale date diretto.
Forse io sono troppo legato ad una visione del passato, ma credo di essere uno dei pochi sopravvissuti della prima repubblica (il mio “ministro ombra” Ugo Pecchioli, ormai dimenticato e quasi “censurato” dai suoi vecchi compagni, non c’è più) che ricordi come è nato e si è sviluppato il terrorismo nel nostro Paese. Quando accaddero i fatti di Valle Giulia – io ero sottosegretario di Stato alla Difesa con la delega per l’Arma dei Carabinieri –, e cioè il primo violento scontro del movimento studentesco con le forze di polizia, carabinieri e appartenenti all’allora corpo militare delle guardie di pubblica sicurezza (furono molto più numerosi i carabinieri e le guardie ferite che non i... pacifici studenti!), chi avesse preconizzato la degenerazione terroristica e avesse anche solo ipotizzato la nascita di organizzazioni del “partito armato”, sarebbe stato considerato un visionario o un provocatore “fascista”. E per lungo tempo il partito comunista ed anche parte del partito socialista solidarizzavano nel 1974-1976 con gli “occupanti”. Fino al 1976 il problema posto con forza dalle sinistre – ricordo una riunione a Palazzo Chigi presieduta da Aldo Moro cui io partecipai come ministro per la Funzione pubblica e segretario del Comitato interministeriale per l’ordine pubblico – non era quello di come affrontare, anche sul piano sociale, la montante marea di quella che allora gli universitari occupanti chiamavano, al canto di “Bella ciao!”, la “Nuova Resistenza”, ma il problema del disarmo della polizia e dei carabinieri in servizio di ordine pubblico.
Tutto cambiò quando Luciano Lama, da me scongiurato di non andare a tenere un discorso all’Università de La Sapienza, occupata, ne fu cacciato via con il suo servizio d’ordine da una folla di universitari occupanti sotto un lancio di cubetti di porfido, come ben racconta Lucia Annunziata in un suo sincero e coraggioso libro, che porta ancora come ricordo nella sua borsetta uno di quei cubetti di porfido.
Quello fu l’inizio di un cambiamento radicale e a me ministro dell’interno fu data mano libera e l’università fu sgombrata in poche ore, non certo con il puro e semplice “confronto” e “dialogo”, ma con forme di “confronto” e “dialogo” un po’ più dure... Oggi la situazione è certo diversa e universitari, studenti medi e bambini delle elementari manifestano non contro, ma insieme e capitanati da professori universitari, da professori di scuola media e elementari; ma ho sentito usare una antica terminologia: “scuola democratica”, “nuove forme di insegnamento”, “gestione socializzata”, e cioè un progetto che, ma quanti oggi lo ricordano? Aldo Moro e Alessandro Natta, normalista di Pisa, chiamavano: “un progetto per una scuola di asini”! Ho letto con preoccupazione un articolo apparso su L’Unità, non più giornale fondato da Antonio Gramsci e organo del partito comunista, ma rotocalco a colori di “varia umanità”, nel quale mi ricordano che io... diedi l’ordine ai carabinieri di uccidere prima un militante di Lotta Continua, una cui pacifica formazione aveva aperto il fuoco contro un reparto dell’Arma, poi Giorgiana Masi e poi, sotto sotto, in combutta con la Cia e la P2 anche Aldo Moro. Ma queste cose in fondo un anno fa le aveva “quasi” dette anche l’amico Fassino, sostenendo che nel caso Moro la linea della fermezza era stato un tragico errore compiuto dalla DC, dato che come è noto il Pci di Berlinguer e Pecchioli era... trattativista...
Non dico che da questo confuso “movimiento” (un po’ di Fidel Castro e di Hugo Chavez ci sta bene...) possa rinascere il terrorismo, ma qualche misura l’adotterei. La maggioranza dovrebbe ritirare il decreto-legge Gelmini, far diventare tutti gli insegnanti universitari professori di prima fascia, far entrare in ruolo non solo i precari ma anche i laureati, stabilire che nella scuola elementare i maestri ruotano ogni mezz’ora di orario, introdurre il “18” obbligatorio negli esami universitari, stabilire il passaggio automatico da una classe all’altra dalla scuola elementare fino alla maturità, e così via.
Da parte sua il Partito democratico per essere credibile dovrebbe dare alla manifestazione al Circo Massimo un profilo meno legalitario: qualche automobile bruciata, qualche vetrina sfondata, qualche carabiniere picchiato; e poi il Partito Democratico dovrebbe gestire con forte cipiglio il “movimento”: qualche slogan come “Berlusconi boia!”, “se vedi un punto nero spara a vista, o è un carabiniere, e, perché no? o è un prete o è un fascista” certo aiuterebbe...
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