giovedì 30 ottobre 2008

Voci da una giornata di sciopero

A quanto si apprende, il governo riferirà domani mattina alla Camera sugli scontri, tra manifestanti di opposte fazioni armati di bastoni e coperti da caschi, nei quali due funzionari delle forze dell’ordine sono rimasti feriti, avvenuti a piazza Navona dopo l’approvazione del decreto Gelmini sulla scuola. A deciderlo è stata la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. L’informativa dovrebbe essere svolta dal sottosegretario all’Interno, Francesco Nitto Palma.
Mobilitati oggi per lo sciopero della scuola tutto lo stato maggiore sindacale, della sinistra radicale e del Pd. Vediamo di seguito una miscellanea di dichiarazioni, cominciando con il governatore del Lazio Piero Marrazzo, che ha detto “La Legge Gelmini non è la risposta ai problemi della scuola ed è per questo che, al fianco dei cittadini, come altre regioni, abbiamo già fatto ricorso alla Corte Costituzionale”. E bravo “mi manda Veltroni”.
L'ex ministro dell'università Fabio Mussi, presidente della Sinistra democratica: “Come apostolo della verità, Berlusconi non lo prendono più sul serio neanche i suoi famigli. Tuttavia una verità gli è scappata: «la nostra non è neppure una riforma» ha detto. Infatti è un delitto: un delitto contro la scuola, la cultura, la scienza e le nuove generazioni, quindi un delitto contro l’Italia”. Disperatamente patetico.
Così invece il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, che questa mattina ha partecipato alla manifestazione nazionale: “Quella di oggi è stata una enorme manifestazione di popolo. Una manifestazione di popolo che chiede di non smontare la scuola pubblica. Contro un governo che trova i soldi per banche e banchieri e taglia la scuola pubblica. È una forte richiesta al governo di ripensarci e non mettere in pratica la legge Gelmini appena approvata”. Disperatamente conservatore.
Walter Veltroni, segretario del Partito democratico: “Oggi a Roma centinaia di migliaia di persone, professori, studenti, genitori, personale non docente, hanno dato vita ad una straordinaria manifestazione di popolo. Straordinaria per la sua forza e insieme per la serenità nella quale si è svolta, per il senso di responsabilità e per la capacità di tenere insieme i diversi soggetti del mondo della scuola”. Non c’è che dire, si dimostra studente diligente: ha messo a frutto la lezione di matematica del 25 ottobre. E da bravo studente sostiene che ora “il governo deve ascoltare questa protesta, non può restare sordo alla voce di chi nella scuola vive ogni giorno”. Anche dei fuoricorso di politica.
Di Pietro, studente da Pannella, ha annunciato sul suo blog: “Appena il decreto Gelmini sarà pubblicato, provvederemo a depositare il quesito in Cassazione e cominceremo la raccolta delle firme sugli stessi tavoli in cui stiamo già raccogliendo le firme referendarie contro la legge «salvapremier»”. “Vota Antonio” però dice e non dice qualcosa di cui dovrebbe se ha elementi parlare chiaramente, altrimenti tacere: “I feriti di piazza Navona nascondono, per la breve ricostruzione dei fatti fornita dai presenti, delle assurdità, come se qualche suggerimento di politici irresponsabili dei giorni scorsi, abbia trovato sponda tra i ragazzi violenti con la complicità di una parte di coloro che erano lì per garantire la sicurezza”. Buttarla lì così è brutta.
Epifani al referendum ci crede poco e dice: “Per il sindacato il referendum è sempre uno strumento che si aggiunge ad altri. Non può essere l’unico strumento". Ritiene insomma l’ipotesi di una consultazione popolare sul decreto Gelmini un’optional, un gadget.
Ombre rosse-bianco-verdi in piazza. Le agenzie ci dicono che una delegazione dei senatori del gruppo del Pd ha partecipato alla manifestazione, organizzata dai sindacati, contro il decreto Gelmini e i tagli alla scuola, all'università e alla ricerca partita da Piazza Esedra a Roma. Erano presenti la presidente del gruppo Anna Finocchiaro, l’ombra del ministro dell'Istruzione Mariapia Garavaglia, l’ombra del ministro dei rapporti con le regioni Mariangela Bastico, Antonio Rusconi, Marilena Adamo, Andrea Marcucci, Achille Passoni, Paolo Nerozzi, Vincenzo Vita. Immancabili.
E c’era anche Fausto Bertinotti con un “La lotta sociale riparte dalla scuola”. Risorto.
Difficile a questo punto ottenere quanto supplicava Luigi Angeletti, leader della Uil: “Bisogna evitare ogni forma di strumentalizzazione politica”. Una chiave di lettura della manifestazione che fa acqua, pardon ombra da tutte le parti.
Sempre robusto Raffaele Bonanni, leader della Cisl: “Noi non ci rassegniamo alla visione dirigista della scuola. Continueremo a fare un’opera costante di informazione e chiederemo iniziative forti in collaborazione con gli enti locali. Il governo deve riorganizzarsi con i sindacati”. Dopo i metalmeccanici, i pensionati e quant’altro, un sindacato anche del governo?
E torno su Di Pietro che ci azzecca sempre. Lui, furbone, mentre gli altri parlano, fa e s’approfitta come già il 25 ottobre delle persone portate in piazza per raccogliere le firme contro il lodo Alfano. Non saranno mica sempre le stesse a firmare? Comunque, della manifestazione dice che è la dimostrazione che “un popolo libero, in presenza massiccia, manifesta contro un modello di istruzione che, insieme ad altri modelli, sta portando alla deriva antidemocratica”. Aria fritta.
La manifestazione è un buon palcoscenico e Veltroni non poteva mancare, anzi per meglio sottolineare l’assenza di ogni forma di strumentalizzazione politica, paventata da Angeletti, si è unito alla testa del corteo, tanto per non essere visibile. Un gesto per dire che il governo “dovrebbe avere il desiderio di ascoltare la società italiana”, di cui lui s’è posto capocorteo. E ha detto anche ai giornalisti che la manifestazione dei sindacati della scuola “rappresenta una parte importante della società, il mondo della scuola. E l’idea di trasformare tutto questo in qualcosa che può essere identificato politicamente è, secondo me, un grande errore di valutazione”. Tutta beona l’opinione pubblica per Veltroni, che non ancora sazio aggiunge: “Qui c’è tutto il mondo della scuola che chiede che ci siano decisioni ispirate veramente ad una riforma ed un rinnovamento di cui non vi è traccia. Qui ci sono solamente dei tagli. La scuola è il cuore delle scelte fondamentali di un paese che voglia essere competitivo e forte. Noi siamo qui per esprimere solidarietà”. O per chiederla? Il dubbio è forte.
Più pudico l’ex ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, anche lui a sfilare per le vie di Roma. Ma nascostamente, confuso tra la folla. Che segugi però i giornalisti, ai quali esterna che “l’unico grande insegnamento che il governo deve trarre da questa enorme manifestazione [le mezze misure anche per lui non esistono], è che le riforme si possono fare solo con il mondo della scuola. Quelle fatte contro la scuola e sulla scuola non producono risultati”. Scusate, ma non si diceva e ridiceva che quella della Gelmini non è una riforma, ma tagli su tagli. Insomma non è il caso di metterci d’accordo di che parliamo?
E vengo per par condicio alla maggioranza silenziosa e rispettosa. Cito Cicchitto, al momento non ho sottomano altri: “La scelta di Veltroni e del Pd di indire un referendum contro la riforma della scuola del ministro Gelmini ha implicazioni anche istituzionali molto gravi: essa insegue una deriva plebiscitaria ed esprime il massimo della sottovalutazione della dialettica parlamentare. Procedendo di questo passo i risultati raggiunti in Parlamento non verrebbero riconosciuti e sarebbero rimessi in questione con questo diretto ricorso al popolo. È evidente che questa iniziativa veltroniana si innesta su un filone populista-plebiscitario, finora impropriamente messo in conto a Forza Italia. Mai Forza Italia ha pensato di smontare il Parlamento a colpi di referendum. In effetti Veltroni è un cattivo imitatore di Di Pietro e di Pannella”. Veltroni populista, già e dire che la sinistra da sempre mette in guardia contro gli ogm, gli organismi geneticamente modificati.
Ma termino con la più ghiotta. Quasi da “Striscia la notizia”. Sono gli onorevoli di Italia dei Valori, Piffari, Cimadoro, Rota, Monai, Cambursano, Borghesi e Paladini a parlare: “Chiamarsi Bossi di cognome sembra proprio possa fare la differenza. Anche in questo momento, dunque, in cui il fronte istituzionale e quello studentesco si sfidano a chi è più virtuoso, si può parossisticamente assistere ad un palese «privilegio scolastico» tutto padano. Il figlio di Umberto Bossi, Renzo, bocciato per la seconda volta all’esame di maturità dove si presentava da privatista, ricorre al Tar. E fin qui nulla quaestio. Ma prima che il Tribunale Amministrativo della Lombardia si pronunciasse, il Ministro della Pubblica Istruzione ha deciso di riconvocare d’ufficio gli insegnanti della Commissione esaminatrice per il riesame, in regime di autotutela, del giudizio già espresso. La decisione definitiva è rimandata a metà novembre”. E gli onorevoli dei Valori attenti al valore aggiunto Bossi hanno presentato in Parlamento un’interpellanza al ministro Gelmini, chiedendole “le ragioni per cui sia stata scavalcata la magistratura, il cui pronunciamento andrebbe ascoltato per ragioni di merito e di rispetto di ruolo. Ma anche per ragioni di trasparenza e di imparzialità di tutta la pubblica Amministrazione”. Fantastici.

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