giovedì 30 ottobre 2008

Gasparri e "Il sangue dei vinti"

Sempre da "Libero" riprendo questo intervento di Maurizio Gasparri sul film "Il sangue dei vinti", perché ritengo giusto proporre all'attenzione di chi mi legge una posizione sulla storia recente che raccoglie ed enfatizza un sentire abbastanza diffuso, che, cioè, forse è tempo di cominciare a guardare gli avvenimenti di sessant'anni fa più con l'occhio staccato del ricercatore che con quello del militante. Auspico che la destra che si è dichiarata recentemente antifascista applichi finalmente lo stesso criterio anche ai fatti ed eventi accaduti al confine orientale, riguardo in particolare all'occupazione della Slovenia e alle tragedie intervenute in Istria dopo l'8 settembre 1943.
Che fine ha fatto "Il sangue dei vinti"? Quando ho assistito all'anteprima del film teoricamente tratto dal noto libro di Giampaolo Pansa, mi chiedevo: ma quando passeremo al contenuto che il titolo evoca? Ho atteso invano. Facciamo un passo indietro. Il libro di Pansa è uscito alla fine del 2003. Racconta i massacri perpetrati in tante parti d'Italia dopo l'aprile del '45 e fino al 1947-48 di partigiani comunisti ai danni non soltanto dei fascisti, ma di tanta gente comune il cui torto era di non essere omologata al comunismo stalinista che queste bande armate volevano imporre agli italiani. È una storia che nel passato Giorgio Pisanò ed altri, da destra, avevano raccontato, ma che fino al successo dei libri di un coraggioso giornalista di sinistra la gran parte degli italiani ha ignorato.
Seppi, da ministro delle Comunicazioni, che la Rai aveva deciso di realizzare un film tratto dal libro di Pansa. Ho poi appreso che ci sono stati mille problemi: attori e registi che rifiutavano un contenuto così impegnativo e rallentamenti di ogni genere. Dopo molti anni, il prodotto è stato realizzato. Ma, a parte il titolo, con il libro non c'entra nulla.
È un bel film, che racconta in maniera drammatica l'Italia della guerra civile. Una storia interpretata con efficacia da Michele Placido, nel ruolo di un poliziotto neutrale rispetto allo scontro in atto, che assiste al massacro di un fratello partigiano e di una sorella volontaria della Repubblica sociale italiana.
Come ha detto Pansa, in occasione del dibattito che ha fatto seguito alla proiezione del film: meglio questo che niente. Ma la realtà è che la Rai non ha avuto il coraggio di realizzare il film tratto dal libro di Pansa. Non posso andare oltre il giudizio dell'autore, che ha accettato quest'opera che si ispira al libro, ma che non ne traduce in immagini il contenuto, ma prendo atto con grande preoccupazione che anche Pansa ha detto che la Rai non è in grado di fare un'operazione di verità fino in fondo perché troppo condizionata dai partiti. Quali partiti? Quelli della sinistra. Evidentemente, a più di sessant'anni dalla guerra civile, c'è ancora in Italia un germe stalinista che circola nel mondo della cultura, del cinema e della televisione.
È questa la verità. Il film "Il sangue dei vinti " non c'entra niente con il libro. E allora la Rai abbia il coraggio di mettere in cantiere "Il sangue dei vinti 2", cioè il primo film ispirato realmente a un libro così importante. E si denunci il conformismo, la viltà di chi ha impedito una trasposizione corretta del testo. Chi è stato? Nomi e cognomi. Ci dicano per quale ragione si è fatta un'operazione di censura. Il che non toglie che il film prodotto sia un contributo importante a un approfondimento più serio dei drammi della storia. Definire la guerra civile come tale è stata già una conquista degli anni passati. Avere pietà per tutti i caduti è qualcosa che per molti, ancora oggi, non sarebbe possibile. Ho ascoltato alla radio parole deliranti dell'ex ministro Ferrero di Rifondazione comunista, il quale ha detto che pochi morti - in realtà migliaia e migliaia - non sarebbero importanti. Siamo nel 2008 ancora all'apologia della strage di italiani attuata dai comunisti.
Le ragioni della democrazia e della libertà non imponevano certo eccidi proseguiti fino al 1948 nel "triangolo della morte" e altrove. E chi uccideva non voleva difendere la democrazia e la libertà, ma voleva imporre un regime sovietico. E per fortuna, nonostante gli eccidi realizzati, non ci riuscì. C`è qualcuno che non ha il coraggio di far raccontare questa verità agli italiani del nostro tempo? C`è ancora qualche stalinista a Viale Mazzini? Altro che ritorno del fascismo. Bisogna ancora chiudere la parentesi della dominazione comunista nel mondo della cultura e del cinema.

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