Comincio questo post con l’ultimo periodo dell’articolo di Maurizio Molinari oggi su “La Stampa”. Scrive Molinari: “In tale cornice, a mobilitarsi contro Obama sono gli evangelici del «Focus on the Family Action» che hanno spedito a casa di milioni di famiglie un opuscolo nel quale si descrive come potrebbe essere il mondo nel 2012 se a vincere sarà Obama: «Attacchi terroristici in 4 città americane, i tank russi nell’Europa Orientale, Israele colpita dall’atomica e nozze gay legali negli Usa»”. Di fronte a tanto catastrofico futuro come non prendere in considerazione come minor male McCain?
Certo, per John McCain, l’infornata di sondaggi negli stati terreno di scontro pubblicati nei giorni scorsi hanno portato per lo più universalmente cattive notizie. Il cammino del candidato repubblicano alla presidenza appare estremamente precario e può dipendere da qualcosa d’inaspettato che prenda il controllo di un contesto che si è pesantemente girato a favore di Obama sin dalla fine dei dibattiti televisivi. I consiglieri di McCain nei giorni scorsi riconoscevano che una sua rimonta è difficile, ma sostenevano che forse un modo c’era. Richiedeva una combinazione di una intelligente propaganda, sostegno alle sue argomentazioni e confidare nella speranza che i timori nell’elettorato di una prospettiva che veda un democratico alla Casa Bianca con una larga maggioranza democratica nel Congresso facesse riflettere gli americani sull’opportunità di un voto a Obama.
A McCain, dunque, non restava che porre l’attenzione dell’elettorato sulle tasse e la spesa pubblica, sulla sicurezza nazionale, e sui “pericoli di una presidenza Obama senza nessun controllo e bilanciamento” (un po’ quello che da noi Veltroni rinfaccia a Berlusconi). Il team di McCain aveva dichiarato nei giorni scorsi di non prendere in considerazione la maggior parte dei disastrosi sondaggi – quelli che mostrano la corsa a livello nazionale con un vantaggio di due cifre a favore di Obama. I consiglieri avevano detto di credere che il margine del confronto stia in un intervallo dai cinque ai sette punti, circa lo stesso svantaggio, dicevano, cui l’allora vice presidente Al Gore si trovava di fronte in questo periodo otto anni fa contro l’allora governatore George W. Bush. E non è male tenere presente che un sondaggio del Washington Post allo stesso punto della corsa per la Casa Bianca nel 2000 aveva mostrato una sostanziale parità tra i candidati.
Rimarca e rafforza ancora tale posizione l’articolo di Molinari oggi: “Il candidato repubblicano John McCain non crede ai sondaggi che preannunciano uno tsunami di voti democratici e parlando a «Meet the Press» fa sapere al rivale Barack Obama che non si sente battuto: «Fra due settimane discuteremo di un’elezione decisa da pochi voti». Di fronte ai dubbi dell’intervistatore Toni Brokaw, che cita i sondaggi pro-Obama in tutti gli Stati in bilico, McCain ribatte: «I nostri dati dicono che siamo indietro di 3-4 punti e restiamo ovunque competitivi».
Dato più volte per spacciato in queste presidenziali, McCain veste i panni dell’outsider ed è convinto di riuscire a risalire la china per l’ennesima volta. Ad avvalorare la possibilità del recupero è Reuters-Zogby, secondo cui il vantaggio di Obama si riduce. «La tendenza ora è a favore di McCain spiega John Zogby, titolare della ricerca -. Obama mercoledì aveva 12 punti in più, venerdì 10, adesso 5 con 2,9 di margine di errore, Obama scende ogni giorno che passa per gli attacchi sulle tasse».
Da qui l`importanza dell`effetto «Joe l`idraulico», il 34enne residente di Holland divenuto il portabandiera delle critiche al piano fiscale di Obama. Rudy Giuliani e Betty Montgomery, ex procuratore generale dell`Ohio, accusano i democratici di aver tentato di «spiare goffamente» Joe Wurzelbacher con «intrusioni via computer nei documenti privati». «In Ohio è in atto un mini-Watergate, vogliono toglierlo di mezzo», accusa Giuliani.”
Molinaro raccoglie anche gli aspetti negativi “il passo indietro ogni due passi avanti” di McCain. Scrive: “Ma a minare lo scenario di un possibile recupero di McCain sono turbolenze e dissapori in casa repubblicana dove la vice Sarah Palin è al centro di scandali e polemiche. Se le critiche sui 150 mila dollari spesi dal partito per vestire la famiglia Palin non si sono ancora placate, un’inchiesta dell’Ap [Associated Press] svela che la commessa da 40 miliardi di dollari per il nuovo oleodotto dell’Alaska – del quale la governatrice si vantò alla Convention di St Paul – è stato assegnato alla TransCanada Corporation attraverso una procedura viziata dal fatto che a prendere la decisione è stata un’ex lobbista della medesima compagnia nominata dalla Palin a capo della commissione esaminatrice. A questo bisogna aggiungere che, secondo indiscrezioni raccolte da «The Politico», molti consiglieri accusano Palin di «comportamenti da diva».
«C`è modo e modo di perdere, McCain rischia di far affondare l`intero partito», commenta David Frum, ex consigliere di Bush. Anche Karl Rove, architetto della rielezione di Bush nel 2004, critica la campagna di McCain rimproverandogli di non aver seguito i suoi consigli. E McCain ci ha messo del suo dicendo a Brokaw di «condividere molto della filosofia di Bush», consentendo a Obama di ribattere: «Dicevamo da tempo che quei due sono molto simili».”
Certo, per John McCain, l’infornata di sondaggi negli stati terreno di scontro pubblicati nei giorni scorsi hanno portato per lo più universalmente cattive notizie. Il cammino del candidato repubblicano alla presidenza appare estremamente precario e può dipendere da qualcosa d’inaspettato che prenda il controllo di un contesto che si è pesantemente girato a favore di Obama sin dalla fine dei dibattiti televisivi. I consiglieri di McCain nei giorni scorsi riconoscevano che una sua rimonta è difficile, ma sostenevano che forse un modo c’era. Richiedeva una combinazione di una intelligente propaganda, sostegno alle sue argomentazioni e confidare nella speranza che i timori nell’elettorato di una prospettiva che veda un democratico alla Casa Bianca con una larga maggioranza democratica nel Congresso facesse riflettere gli americani sull’opportunità di un voto a Obama.
A McCain, dunque, non restava che porre l’attenzione dell’elettorato sulle tasse e la spesa pubblica, sulla sicurezza nazionale, e sui “pericoli di una presidenza Obama senza nessun controllo e bilanciamento” (un po’ quello che da noi Veltroni rinfaccia a Berlusconi). Il team di McCain aveva dichiarato nei giorni scorsi di non prendere in considerazione la maggior parte dei disastrosi sondaggi – quelli che mostrano la corsa a livello nazionale con un vantaggio di due cifre a favore di Obama. I consiglieri avevano detto di credere che il margine del confronto stia in un intervallo dai cinque ai sette punti, circa lo stesso svantaggio, dicevano, cui l’allora vice presidente Al Gore si trovava di fronte in questo periodo otto anni fa contro l’allora governatore George W. Bush. E non è male tenere presente che un sondaggio del Washington Post allo stesso punto della corsa per la Casa Bianca nel 2000 aveva mostrato una sostanziale parità tra i candidati.
Rimarca e rafforza ancora tale posizione l’articolo di Molinari oggi: “Il candidato repubblicano John McCain non crede ai sondaggi che preannunciano uno tsunami di voti democratici e parlando a «Meet the Press» fa sapere al rivale Barack Obama che non si sente battuto: «Fra due settimane discuteremo di un’elezione decisa da pochi voti». Di fronte ai dubbi dell’intervistatore Toni Brokaw, che cita i sondaggi pro-Obama in tutti gli Stati in bilico, McCain ribatte: «I nostri dati dicono che siamo indietro di 3-4 punti e restiamo ovunque competitivi».
Dato più volte per spacciato in queste presidenziali, McCain veste i panni dell’outsider ed è convinto di riuscire a risalire la china per l’ennesima volta. Ad avvalorare la possibilità del recupero è Reuters-Zogby, secondo cui il vantaggio di Obama si riduce. «La tendenza ora è a favore di McCain spiega John Zogby, titolare della ricerca -. Obama mercoledì aveva 12 punti in più, venerdì 10, adesso 5 con 2,9 di margine di errore, Obama scende ogni giorno che passa per gli attacchi sulle tasse».
Da qui l`importanza dell`effetto «Joe l`idraulico», il 34enne residente di Holland divenuto il portabandiera delle critiche al piano fiscale di Obama. Rudy Giuliani e Betty Montgomery, ex procuratore generale dell`Ohio, accusano i democratici di aver tentato di «spiare goffamente» Joe Wurzelbacher con «intrusioni via computer nei documenti privati». «In Ohio è in atto un mini-Watergate, vogliono toglierlo di mezzo», accusa Giuliani.”
Molinaro raccoglie anche gli aspetti negativi “il passo indietro ogni due passi avanti” di McCain. Scrive: “Ma a minare lo scenario di un possibile recupero di McCain sono turbolenze e dissapori in casa repubblicana dove la vice Sarah Palin è al centro di scandali e polemiche. Se le critiche sui 150 mila dollari spesi dal partito per vestire la famiglia Palin non si sono ancora placate, un’inchiesta dell’Ap [Associated Press] svela che la commessa da 40 miliardi di dollari per il nuovo oleodotto dell’Alaska – del quale la governatrice si vantò alla Convention di St Paul – è stato assegnato alla TransCanada Corporation attraverso una procedura viziata dal fatto che a prendere la decisione è stata un’ex lobbista della medesima compagnia nominata dalla Palin a capo della commissione esaminatrice. A questo bisogna aggiungere che, secondo indiscrezioni raccolte da «The Politico», molti consiglieri accusano Palin di «comportamenti da diva».
«C`è modo e modo di perdere, McCain rischia di far affondare l`intero partito», commenta David Frum, ex consigliere di Bush. Anche Karl Rove, architetto della rielezione di Bush nel 2004, critica la campagna di McCain rimproverandogli di non aver seguito i suoi consigli. E McCain ci ha messo del suo dicendo a Brokaw di «condividere molto della filosofia di Bush», consentendo a Obama di ribattere: «Dicevamo da tempo che quei due sono molto simili».”
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