Sempre da “Il Giornale” di ieri riprendo l’articolo “Un partito e un non-partito. Ecco come deve essere il nascente Pdl se non vuole fare la fine del Pd” di Gianni Baget Bozzo.
Il Consiglio nazionale di Forza Italia è convocato dal suo presidente, Alfredo Biondi, con l’ordine del giorno dello scioglimento del partito. Scioglimento si fa per dire, perché lo scioglimento è formale ma la forma del partito rimane sostanziale. La transizione verso il partito unico del centrodestra avverrà nel corso della legislatura. Di fatto i corpi destinati alla fusione non sono omogenei tra loro. Silvio Berlusconi non ha mai amato l’idea che Forza Italia divenisse un partito in senso proprio. Ha sempre sostenuto che l’elettorato azzurro vota lui oltre il partito e che accentuare la forma partito avrebbe significato l’oscuramento del messaggio di libertà trasmesso agli elettori. Il Cavaliere ha sempre incarnato a un tempo il partito e l’antipartito. Ha unito in sé la protesta e la continuità, il popolo e le istituzioni che tra di loro non erano conciliati. E conciliati ancora non sono. La nascita del Popolo della libertà è stata proclamata dal predellino di un’auto in piazza San Babila a Milano proprio per impedire l’appiattimento del leader su Forza Italia.
Alleanza nazionale, invece, è un partito storico, ha al suo interno dimensioni critiche delle istituzioni ma non è anti-istituzionale, è un corpo politico coeso sin dalle prime fasi della sua lunga storia missina. E lo rimane, nonostante il fatto che il suo leader, il presidente della Camera Gianfranco Fini, abbia addirittura tentato di trasformarlo in un partito antifascista.
Anche i gruppi minori che confluiscono nel Popolo della libertà sono eterogenei fra loro quanto sono eterogenei Carlo Giovanardi e Alessandra Mussolini, Stefania Craxi e Gianfranco Rotondi. Nel Pdl vi sono socialisti riformisti, democristiani moderati, aennini dissidenti. In questa forma hanno tessuto una rappresentanza politica che, come nel caso di Giovanardi, memori della Democrazia cristiana, hanno più strutture di partito che non Forza Italia.
La semplice unione di più partiti in un solo partito non giova in Italia. Non ha giovato al Partito democratico, fondato sulla fusione delle componenti, ma con la propria unità di princìpi così frantumata nei fatti. Ha ragione Arturo Parisi: l’Ulivo, un patto tra sinistre che manteneva la distinzione tra postdemocristiani e postcomunisti, ha avuto più elettori che non il Partito democratico.
L’unità del Popolo della libertà sarà quindi formale, e gioverà soprattutto ad An che, entrando nel Partito popolare europeo, diventerà sostenitrice dell’economia sociale di mercato, dottrina che non è poi tanto distante dalla sua cultura storica. In questo modo sarà tutta An ad essere redenta dalla macchia di fascismo e non soltanto la "lista Fini". È Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia, l’uomo chiamato a presiedere questa operazione. Verdini è un negoziatore duro e puro, impegnato a mantenere il punto, più intransigente sui fatti del suo predecessore Sandro Bondi, il quale è invece più attento ai princìpi.
Quanto ai cattolici moderati e ai socialisti riformisti, ovvero le componenti principali di Forza Italia, rimarranno nel nuovo partito. E la componente cattolica riformista di Forza Italia, che fa capo al governatore lombardo Roberto Formigoni e ha offerto al partito un comunicatore così efficace come il deputato Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, avrà il compito di contrastare la Lega Nord, ma senza appiattirsi sul lombardismo.
Il Consiglio nazionale di Forza Italia è convocato dal suo presidente, Alfredo Biondi, con l’ordine del giorno dello scioglimento del partito. Scioglimento si fa per dire, perché lo scioglimento è formale ma la forma del partito rimane sostanziale. La transizione verso il partito unico del centrodestra avverrà nel corso della legislatura. Di fatto i corpi destinati alla fusione non sono omogenei tra loro. Silvio Berlusconi non ha mai amato l’idea che Forza Italia divenisse un partito in senso proprio. Ha sempre sostenuto che l’elettorato azzurro vota lui oltre il partito e che accentuare la forma partito avrebbe significato l’oscuramento del messaggio di libertà trasmesso agli elettori. Il Cavaliere ha sempre incarnato a un tempo il partito e l’antipartito. Ha unito in sé la protesta e la continuità, il popolo e le istituzioni che tra di loro non erano conciliati. E conciliati ancora non sono. La nascita del Popolo della libertà è stata proclamata dal predellino di un’auto in piazza San Babila a Milano proprio per impedire l’appiattimento del leader su Forza Italia.
Alleanza nazionale, invece, è un partito storico, ha al suo interno dimensioni critiche delle istituzioni ma non è anti-istituzionale, è un corpo politico coeso sin dalle prime fasi della sua lunga storia missina. E lo rimane, nonostante il fatto che il suo leader, il presidente della Camera Gianfranco Fini, abbia addirittura tentato di trasformarlo in un partito antifascista.
Anche i gruppi minori che confluiscono nel Popolo della libertà sono eterogenei fra loro quanto sono eterogenei Carlo Giovanardi e Alessandra Mussolini, Stefania Craxi e Gianfranco Rotondi. Nel Pdl vi sono socialisti riformisti, democristiani moderati, aennini dissidenti. In questa forma hanno tessuto una rappresentanza politica che, come nel caso di Giovanardi, memori della Democrazia cristiana, hanno più strutture di partito che non Forza Italia.
La semplice unione di più partiti in un solo partito non giova in Italia. Non ha giovato al Partito democratico, fondato sulla fusione delle componenti, ma con la propria unità di princìpi così frantumata nei fatti. Ha ragione Arturo Parisi: l’Ulivo, un patto tra sinistre che manteneva la distinzione tra postdemocristiani e postcomunisti, ha avuto più elettori che non il Partito democratico.
L’unità del Popolo della libertà sarà quindi formale, e gioverà soprattutto ad An che, entrando nel Partito popolare europeo, diventerà sostenitrice dell’economia sociale di mercato, dottrina che non è poi tanto distante dalla sua cultura storica. In questo modo sarà tutta An ad essere redenta dalla macchia di fascismo e non soltanto la "lista Fini". È Denis Verdini, coordinatore nazionale di Forza Italia, l’uomo chiamato a presiedere questa operazione. Verdini è un negoziatore duro e puro, impegnato a mantenere il punto, più intransigente sui fatti del suo predecessore Sandro Bondi, il quale è invece più attento ai princìpi.
Quanto ai cattolici moderati e ai socialisti riformisti, ovvero le componenti principali di Forza Italia, rimarranno nel nuovo partito. E la componente cattolica riformista di Forza Italia, che fa capo al governatore lombardo Roberto Formigoni e ha offerto al partito un comunicatore così efficace come il deputato Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, avrà il compito di contrastare la Lega Nord, ma senza appiattirsi sul lombardismo.
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