martedì 25 novembre 2008

Oggi tocca a De Gennaro

Ieri, lunedì, “La Repubblica” pubblicava un articolo di Massimo Calandri da Genova, titolo: “G8, per De Gennaro l’ora della verità”. Lo riporto di seguito.

Quelli che lo conoscono bene scommettono non abbia alcuna intenzione di chiedere scusa ai 93 no-global massacrati nella scuola Diaz. Anzi. Gianni De Gennaro attende l’appuntamento giudiziario di domattina [oggi] a Genova con l’impazienza di chi pretende un definitivo chiarimento, con l’intransigenza di chi vuole mettere per sempre a tacere chiacchiere e maldicenze. Perché da sette anni il prefetto De Gennaro giura che con lo sciagurato blitz del G8 non c’entra nulla. Nonostante allora fosse il capo della polizia. Nonostante la recente sentenza che ha assolto un po’ tutti i protagonisti dell’irruzione, in particolare i super-poliziotti.
Nei giorni del vertice rimase a Roma e scelse di affidarsi ciecamente ai suoi fedelissimi, Arnaldo La Barbera in testa, limitandosi a qualche telefonata formale. Allora perché chiedere scusa? E però la procura non gli crede. Sostiene che De Gennaro abbia istigato Francesco Colucci, questore del capoluogo ligure nel 2001, a mentire in aula nel corso del processo ai 29 protagonisti dell’irruzione. Secondo i magistrati, chiese a “Ciccio” di cambiare la versione più volte fornita in precedenza, per evitare contraddizioni con quello che diceva lui. Gli ordinò di arrampicarsi sugli specchi pur di salvare faccia e reputazione, spiegando che il capo in pratica non sapeva nulla dell’intervento nell’istituto scolastico. E l’altro obbedì, vantandosi poi della raffica di ringraziamenti e complimenti ricevuti dal prefetto e del suo vice, Antonio Manganelli, che ne avrebbe preso il posto. I pm supportano la loro tesi con una serie di intercettazioni telefoniche due volte imbarazzanti, perché coinvolgono i vertici del ministero dell’Interno ed offrono una interpretazione durissima e quasi “sovversiva” del rapporto tra polizia e magistratura.
Sarà il gup Silvia Carpanini a decidere se rinviare a giudizio il prefetto, oggi direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, insieme a Francesco “Ciccio” Colucci e Spartaco Mortola, che ai tempi del G8 era il dirigente della Digos genovese. Anche quest’ultimo è accusato di aver determinato Colucci a raccontare delle bugie, tra l’altro dimenticando che in qualità di imputato per il blitz - poi assolto – non poteva informare sul tema un testimone come l’ex questore. Nella primavera dell’anno passato il telefono di Mortola era sotto controllo per via di un’altra inchiesta, quella relativa alla regina delle prove fasulle - le bottiglie molotov – “accidentalmente” distrutta in questura. Ascoltando i dialoghi tra il capo della Digos e Colucci alla vigilia dell’interrogatorio in aula di quest’ultimo, gli inquirenti scoprirono che il questore aveva parlato con De Gennaro. «Mi ha chiesto di fare marcia indietro», diceva Colucci. «Devo rivedere le mie dichiarazioni». Puntualmente, il questore cambiò versione: spiegando tra le altre cose che era stato lui - e non il prefetto - a dire a Roberto Sgalla di andare alla Diaz. Sgalla si occupava delle pubbliche relazioni di De Gennaro e della polizia. È l’uomo che parlò di «ferite pregresse» dei no-global della scuola e che adesso è stato promosso al vertice della Stradale. Colucci confermò durante il processo che De Gennaro non sapeva nulla, di quel maledetto blitz. «Ho dato due legnate ai pm», raccontò nei giorni successivi al telefono. «E il capo mi ha chiamato, era tutto contento: li hai maltrattati, li hai sbranati, li hai sbaragliati, mi ha detto».

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