Le scaramucce interne al Pd – l’Italia, l’interesse del paese c’entra poco nelle vicende marginali cui i media democrat e “democratici” hanno rivolto l’attenzione con grande profusione d’inchiostro in questi giorni, ma evidentemente l’ombelico del loro mondo è Veltroni ed i suoi mal di pancia e guai a chi lo tocca – hanno distratto da altre questioni. Una tra queste, importante ma normale in una democrazia che non sia quella d’una repubblica delle banane, la pulizia che il ministro Brunetta sta attuando nella pubblica amministrazione. Ieri “Il Giornale” ha pubblicato un pezzo, che qui riporto, intitolato “La rivoluzione nel pubblico impiego. Brunetta: «I fannulloni? Si sono dimezzati» I malati immaginari calati del 50 per cento. E ora arrivano i certificati medici elettronici.
Missione mezza compiuta. Mezza perché i fannulloni, bersaglio numero 1 di Renato Brunetta dal momento in cui mise piede al dicastero per la Funzione pubblica, si sono ridotti al 50 per cento. Il titolone lo ha dato lo stesso ministro in visita ieri a Napoli per firmare un protocollo d’intesa sulla digitalizzazione, siglato con il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino. Una trasferta che ha lasciato a Brunetta anche un souvenir, quello della statuetta che lo ritrae con un cartello in mano dove campeggia la scritta «Sveglia ai fannulloni».
E lui, il ministro, l’ha presa sul ridere, sì è detto soddisfatto di quella sveglia data davvero e ha commentato: «Ormai i fannulloni si sono ridotti della metà per quanto riguarda le assenze per malattia, il che mi fa dire che, se toccato opportunamente, il sistema della Pubblica amministrazione è reattivo. Il modello di incentivi e disincentivi, insomma, ha dato i suoi frutti e i dipendenti pubblici hanno ben risposto alle sollecitazioni. Le percentuali della riduzione di assenze per malattia negli ultimi quattro mesi la dicono lunga sul trend invertito rispetto a qualche mese fa: in giugno -36%, in luglio e agosto -44% e in settembre (ultimo dato disponibile) -43%.
Cifre lusinghiere che fanno gridare vittoria: «Ci sono stati vari mugugni, ma ora il clima è cambiato» ha detto Brunetta che, felice di aver dato un colpo di forbice ai malati immaginari, ora rilancia e pensa a ricompensare chi non si tira indietro: «Adesso è il momento di premiare il merito - ha annunciato - migliorare e misurare la produttività oltre alla soddisfazione dei cittadini che sono i clienti e i controllori».
Già dal prossimo anno, quindi, secondo il ministro «il settore pubblico sarà più efficiente grazie anche alla chiusura di un contratto non particolarmente ricco ma che, in questi tempi, è una cosa seria. Venti di crisi che non aiutano certo a stipulare nuovi accordi economici, ma che il tramonto dell’assenteismo e dei fannulloni contribuiscono a rendere meno drammatici. Un grosso aiuto lo daranno, nei prossimi mesi, anche i certificati medici elettronici «sia per i privati sia per gli Enti pubblici» che verranno trasmessi in tempo reale agli enti di previdenza. Un provvedimento, quest’ultimo che potrà avere anche un altro scopo: «Dare la cognizione della reale condizione del fenomeno» e che, in termini di tempo, si potrebbe concretizzare entro tre o quattro mesi.
Nei giorni scorsi, per la precisione martedì 18, “La Repubblica” pubblicava una lettera di Renato Brunetta che qui riporto sul tema dei fannulloni di sinistra, in cui il ministro dichiarava la sua posizione: sono di sinistra. Non è una battuta. Più volte in precedenza ho ripetuto che ciò che oggi si definisce destra in parte destra non è, mentre ciò che si autoproclama di sinistra è spesso destra, talvolta la più becera.
Caro direttore, ringrazio Edmondo Berselli, per avere correttamente ricordato quel che ho aggiunto subito dopo aver detto che i fannulloni stanno a sinistra: sono di sinistra anch’io, perché sono socialista.
Confermo tutto. Sono di sinistra, ma non sono un “sinistrato”, secondo la calzante definizione che titola l’ultimo, scoppiettante, libro di Berselli. La sinistra è sinistrata, invece, perché è divenuta conservatrice. Coltiva di sé l’immagine dell’innovazione e della modernità, ma manca di un’idea per il futuro e sta ancora regolando i conti del secolo scorso. Una dissociazione che, se riguardasse un singolo individuo, richiederebbe l’assistenza di uno specialista.
Berselli mi dà anche del volgare, mi definisce oggetto di folklore politico. Adesso ne parliamo. Smentisco solo che le mie parole siano state “ilari”. Niente affatto, parlavo molto seriamente, e seriamente avverto la sinistra, e la sua cultura, che non serve a niente attaccare o dileggiare (vecchio vizio di togliattiana memoria...) chi lavora per la rottura con il passato, giacché non sarà ridicolizzando o demolendo quelli come me, che potrà coprirsi la propria incapacità di agire. Insomma, la spesa pubblica improduttiva è un tumore che pesa sul respiro degli italiani, svuotandole loro tasche e pompando ricchezza in un settore che restituisce bassissima produttività. I ricchi ed i possidenti ne soffrono poco o niente, ma la gran massa dei cittadini e delle imprese ne boccheggia. Solo che, ogni volta che si tenta di mettere le mani dentro la macchina della pubblica amministrazione, che assorbe la quasi totalità di quella spesa, parte il mantra insulso, la sciocca litania dei conservatori.
Ma non lo vedete, come (non) funzionano scuola, università, ospedali, pubblico impiego, giustizia, tribunali? Non vedete la gente inferocita che non ne può più? Dove siete, dove vivete cari “sinistri” acculturati, benpensanti, eleganti? Lo dico, lo ripeto, lo urlo perché la sinistra conservatrice e corporativa è un insulto alla storia della sinistra riformista. La quale, caro Berselli, va appoggiata mentre opera e non trenta anni dopo. Lo dico a lei perché ho visto nel suo libro che dice di rileggersi e di correggersi.
In questo caso si è limitato alla prima parte del programma.
E vediamo anche la nota di replica di Berselli:
Una volta, ai tempi di Craxi, quando si incontrava un socialista, quello si premurava di precisare:
«Socialista sì, ma lombardiano». Adesso, nel nome delle riforme, contro l’immobilismo progressista e la sinistra conservatrice abbiamo la categoria, codificata da Renato Brunetta, del “socialista in Forza Italia”. Insomma, siamo passati dal socialismo lombardiano al socialismo berlusconiano. Scusi il ministro se insisto, ma nei sistemi non immaginari i socialisti stanno a sinistra, non fanno l’élite professionale della destra.
Berselli non ammette per collocazione propria evidentemente la realtà: che nei sistemi non immaginari la sinistra non sta a destra e non è usa alla frequentazione e non è a sostegno dei poteri forti.
Missione mezza compiuta. Mezza perché i fannulloni, bersaglio numero 1 di Renato Brunetta dal momento in cui mise piede al dicastero per la Funzione pubblica, si sono ridotti al 50 per cento. Il titolone lo ha dato lo stesso ministro in visita ieri a Napoli per firmare un protocollo d’intesa sulla digitalizzazione, siglato con il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino. Una trasferta che ha lasciato a Brunetta anche un souvenir, quello della statuetta che lo ritrae con un cartello in mano dove campeggia la scritta «Sveglia ai fannulloni».
E lui, il ministro, l’ha presa sul ridere, sì è detto soddisfatto di quella sveglia data davvero e ha commentato: «Ormai i fannulloni si sono ridotti della metà per quanto riguarda le assenze per malattia, il che mi fa dire che, se toccato opportunamente, il sistema della Pubblica amministrazione è reattivo. Il modello di incentivi e disincentivi, insomma, ha dato i suoi frutti e i dipendenti pubblici hanno ben risposto alle sollecitazioni. Le percentuali della riduzione di assenze per malattia negli ultimi quattro mesi la dicono lunga sul trend invertito rispetto a qualche mese fa: in giugno -36%, in luglio e agosto -44% e in settembre (ultimo dato disponibile) -43%.
Cifre lusinghiere che fanno gridare vittoria: «Ci sono stati vari mugugni, ma ora il clima è cambiato» ha detto Brunetta che, felice di aver dato un colpo di forbice ai malati immaginari, ora rilancia e pensa a ricompensare chi non si tira indietro: «Adesso è il momento di premiare il merito - ha annunciato - migliorare e misurare la produttività oltre alla soddisfazione dei cittadini che sono i clienti e i controllori».
Già dal prossimo anno, quindi, secondo il ministro «il settore pubblico sarà più efficiente grazie anche alla chiusura di un contratto non particolarmente ricco ma che, in questi tempi, è una cosa seria. Venti di crisi che non aiutano certo a stipulare nuovi accordi economici, ma che il tramonto dell’assenteismo e dei fannulloni contribuiscono a rendere meno drammatici. Un grosso aiuto lo daranno, nei prossimi mesi, anche i certificati medici elettronici «sia per i privati sia per gli Enti pubblici» che verranno trasmessi in tempo reale agli enti di previdenza. Un provvedimento, quest’ultimo che potrà avere anche un altro scopo: «Dare la cognizione della reale condizione del fenomeno» e che, in termini di tempo, si potrebbe concretizzare entro tre o quattro mesi.
Nei giorni scorsi, per la precisione martedì 18, “La Repubblica” pubblicava una lettera di Renato Brunetta che qui riporto sul tema dei fannulloni di sinistra, in cui il ministro dichiarava la sua posizione: sono di sinistra. Non è una battuta. Più volte in precedenza ho ripetuto che ciò che oggi si definisce destra in parte destra non è, mentre ciò che si autoproclama di sinistra è spesso destra, talvolta la più becera.
Caro direttore, ringrazio Edmondo Berselli, per avere correttamente ricordato quel che ho aggiunto subito dopo aver detto che i fannulloni stanno a sinistra: sono di sinistra anch’io, perché sono socialista.
Confermo tutto. Sono di sinistra, ma non sono un “sinistrato”, secondo la calzante definizione che titola l’ultimo, scoppiettante, libro di Berselli. La sinistra è sinistrata, invece, perché è divenuta conservatrice. Coltiva di sé l’immagine dell’innovazione e della modernità, ma manca di un’idea per il futuro e sta ancora regolando i conti del secolo scorso. Una dissociazione che, se riguardasse un singolo individuo, richiederebbe l’assistenza di uno specialista.
Berselli mi dà anche del volgare, mi definisce oggetto di folklore politico. Adesso ne parliamo. Smentisco solo che le mie parole siano state “ilari”. Niente affatto, parlavo molto seriamente, e seriamente avverto la sinistra, e la sua cultura, che non serve a niente attaccare o dileggiare (vecchio vizio di togliattiana memoria...) chi lavora per la rottura con il passato, giacché non sarà ridicolizzando o demolendo quelli come me, che potrà coprirsi la propria incapacità di agire. Insomma, la spesa pubblica improduttiva è un tumore che pesa sul respiro degli italiani, svuotandole loro tasche e pompando ricchezza in un settore che restituisce bassissima produttività. I ricchi ed i possidenti ne soffrono poco o niente, ma la gran massa dei cittadini e delle imprese ne boccheggia. Solo che, ogni volta che si tenta di mettere le mani dentro la macchina della pubblica amministrazione, che assorbe la quasi totalità di quella spesa, parte il mantra insulso, la sciocca litania dei conservatori.
Ma non lo vedete, come (non) funzionano scuola, università, ospedali, pubblico impiego, giustizia, tribunali? Non vedete la gente inferocita che non ne può più? Dove siete, dove vivete cari “sinistri” acculturati, benpensanti, eleganti? Lo dico, lo ripeto, lo urlo perché la sinistra conservatrice e corporativa è un insulto alla storia della sinistra riformista. La quale, caro Berselli, va appoggiata mentre opera e non trenta anni dopo. Lo dico a lei perché ho visto nel suo libro che dice di rileggersi e di correggersi.
In questo caso si è limitato alla prima parte del programma.
E vediamo anche la nota di replica di Berselli:
Una volta, ai tempi di Craxi, quando si incontrava un socialista, quello si premurava di precisare:
«Socialista sì, ma lombardiano». Adesso, nel nome delle riforme, contro l’immobilismo progressista e la sinistra conservatrice abbiamo la categoria, codificata da Renato Brunetta, del “socialista in Forza Italia”. Insomma, siamo passati dal socialismo lombardiano al socialismo berlusconiano. Scusi il ministro se insisto, ma nei sistemi non immaginari i socialisti stanno a sinistra, non fanno l’élite professionale della destra.
Berselli non ammette per collocazione propria evidentemente la realtà: che nei sistemi non immaginari la sinistra non sta a destra e non è usa alla frequentazione e non è a sostegno dei poteri forti.
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