Questo articolo di Bruno Vespa “Il personaggio. Tocca a Zavoli, il socialista di Dio” non me lo ero perduto. Semplicemente lo avevo messo da parte per utilizzarlo assieme ad altri in un post che tarda nella sua pubblicazione. Eccolo, dunque, qui con qualche giorno di ritardo perché è utilmente alla moda sapere come inquadra la cosa il presidente della terza camera parlamentare italiana. La cosa che può apparire buffa è la “certezza” in Vespa che Zavoli sarò il prossimo presidente della vigilanza, tanto che vespa(siana)mente ne tesse le lodi, da collega e da “umile” sottoposto com’è stato nel periodo in cui era alla presidenza della Rai. È interessante vedere come per il signore di “Porta a porta” e dei banconi librari della Mondadori siamo semplicemente in un regime dove le istituzioni quanto a norme che le regolano contano zero. Come ai tempi del duce. Basta per ben capirlo questa frase, qui smozzicata, che troverete nell’articolo: “la sua espulsione dal gruppo democratico al Senato e soprattutto le richieste perché lasci venutegli ieri sera da Berlusconi, Fini e Schifani rendono insostenibile la sua posizione”. Che volete? Vespa vive sulla politica ridotta a casta e sulle istituzioni fatte persona. Il pezzo è uscito su “Il Giorno – Il Resto del Carlino – La Nazione” di venerdì 21 novembre 2008. Vediamolo, e non ridete quando paragona Zavoli allo Spirito Santo o lo fa addirittura Dio – ma Dio non era Berlusconi? –, è solo colore, il colore della piaggeria che non è purtroppo mai il benefico rossore del pudore:
Alla fine sarà Sergio Zavoli il presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai. Nonostante l’insistenza di Riccardo Villari, la sua espulsione dal gruppo democratico al Senato e soprattutto le richieste perché lasci venutegli ieri sera da Berlusconi, Fini e Schifani rendono insostenibile la sua posizione. È bene dunque interrogarsi su come sarà il suo successore.
Quando nei mitici Sessanta seguì il Giro d’Italia per il famoso “Processo alla tappa”, Sergio Zavoli aveva poco più di quarant’anni. Ma l’irruzione della sua voce robusta eppure flautata, del suo periodare ampio e raffinato nel rude e sbrigativo linguaggio ciclistico ne fece il padre, il consigliere, il confessore di tanta gente più giovane, ma anche più vecchia di lui.
Perché Zavoli è fatto così: ha in genere un’idea chiarissima in testa e per portarla all’approvazione di un consesso magari poco favorevole riesce a confezionarla così bene dal farla scendere sulle teste degli astanti come le fiammelle della Pentecoste. Definito a suo tempo il Socialista di Dio, aspira ormai legittimamente al ruolo di Dio socialista. Tale ruolo gli fu probabilmente riconosciuto in silenzio già negli anni Cinquanta dalle suore che - cosa incredibile in quel tempo - lo ammisero in convento per un memorabile documentario radiofonico che si chiamò “Clausura”. I maligni dissero che l’intesa tra le pie intervistate e l’affascinante intervistatore era tale che Zavoli doveva aver convinto un’attrice a mascherarsi da monaca per rispondergli come lui desiderava. Il documentario era in realtà veritiero, ma il clima era così mistico e al tempo stesso così intrigante che non si capì mai se Zavoli stesse per prendere i voti o le suore fossero indotte in tentazione come la Monaca di Monza. Per capire quale sarà il taglio della sua presidenza della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai, occorre rifarsi alle sue ormai lontane esperienze in azienda. A cavallo tra i Sessanta e i Settanta, Zavoli era il responsabile dei servizi speciali del telegiornale e innanzitutto di TV7, punta avanzata dell’informazione televisiva del tempo.
Stavamo tutti nella stessa palazzina di via Teulada: noi del telegiornale vero e proprio al quarto piano, Zavoli e i suoi al terzo. I due piani erano divisi da un lentissimo ascensore e da una comoda rampa di scale elicoidali.
Quando doveva salire al quarto piano per conferire con il direttore dell’intera struttura informativa, Villy De Luca, Zavoli non prendeva l’ascensore e il suo solenne incedere dal basso verso l’alto aveva qualche cosa di regale che intimidiva noi giovani - pur trattati con principesca familiarità da Sergio - ma anche i colleghi più anziani. Aveva la divisa di Sergio Marchionne, l’attuale capo della Fiat: maglione girocollo blu dal quale sporgeva un filo di camicia bianca o celeste, pantaloni grigi. Ma Zavoli ha un fisico più elegante di Marchionne e soprattutto un’andatura ineguagliabile. La voce profonda e musicale di Sergio, addolcita da una inflessione romagnola quasi impercettibile, faceva apparire il vocione di Biagio Agnes - suo pari grado al telegiornale - come quello di un orco. Nessuno allora avrebbe detto che i due avversari (non si amavano ed erano gelosissimi l’uno dell’altro) negli anni Settanta avrebbero collaborato lealmente come presidente e direttore generale della Rai contrastando bene il debutto di Berlusconi con Canale 5.
Queste premesse, confermate da ogni atteggiamento di Zavoli negli anni successivi, lasciano immaginare come sarà il suo mandato di presidente della Vigilanza. Le audizioni dei dirigenti della Rai saranno solenni come un’udienza pontificia. Il suo animo di uomo di parte sarà soffocato dalla ricerca di un mitico equilibrio. E anche i compromessi meno nobili, di cui si nutre la politica d’ogni paese, saranno confezionati da Sergio con tanti nastri e tanti fiocchi da sembrare frutto della divina ispirazione.
Finora la sua attività parlamentare è stata in penombra. Adesso, superato il complesso percorso politico-burocratico dei prossimi giorni, avrà una luce abbacinante. Come quella del Paradiso, è ovvio.
Alla fine sarà Sergio Zavoli il presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai. Nonostante l’insistenza di Riccardo Villari, la sua espulsione dal gruppo democratico al Senato e soprattutto le richieste perché lasci venutegli ieri sera da Berlusconi, Fini e Schifani rendono insostenibile la sua posizione. È bene dunque interrogarsi su come sarà il suo successore.
Quando nei mitici Sessanta seguì il Giro d’Italia per il famoso “Processo alla tappa”, Sergio Zavoli aveva poco più di quarant’anni. Ma l’irruzione della sua voce robusta eppure flautata, del suo periodare ampio e raffinato nel rude e sbrigativo linguaggio ciclistico ne fece il padre, il consigliere, il confessore di tanta gente più giovane, ma anche più vecchia di lui.
Perché Zavoli è fatto così: ha in genere un’idea chiarissima in testa e per portarla all’approvazione di un consesso magari poco favorevole riesce a confezionarla così bene dal farla scendere sulle teste degli astanti come le fiammelle della Pentecoste. Definito a suo tempo il Socialista di Dio, aspira ormai legittimamente al ruolo di Dio socialista. Tale ruolo gli fu probabilmente riconosciuto in silenzio già negli anni Cinquanta dalle suore che - cosa incredibile in quel tempo - lo ammisero in convento per un memorabile documentario radiofonico che si chiamò “Clausura”. I maligni dissero che l’intesa tra le pie intervistate e l’affascinante intervistatore era tale che Zavoli doveva aver convinto un’attrice a mascherarsi da monaca per rispondergli come lui desiderava. Il documentario era in realtà veritiero, ma il clima era così mistico e al tempo stesso così intrigante che non si capì mai se Zavoli stesse per prendere i voti o le suore fossero indotte in tentazione come la Monaca di Monza. Per capire quale sarà il taglio della sua presidenza della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla Rai, occorre rifarsi alle sue ormai lontane esperienze in azienda. A cavallo tra i Sessanta e i Settanta, Zavoli era il responsabile dei servizi speciali del telegiornale e innanzitutto di TV7, punta avanzata dell’informazione televisiva del tempo.
Stavamo tutti nella stessa palazzina di via Teulada: noi del telegiornale vero e proprio al quarto piano, Zavoli e i suoi al terzo. I due piani erano divisi da un lentissimo ascensore e da una comoda rampa di scale elicoidali.
Quando doveva salire al quarto piano per conferire con il direttore dell’intera struttura informativa, Villy De Luca, Zavoli non prendeva l’ascensore e il suo solenne incedere dal basso verso l’alto aveva qualche cosa di regale che intimidiva noi giovani - pur trattati con principesca familiarità da Sergio - ma anche i colleghi più anziani. Aveva la divisa di Sergio Marchionne, l’attuale capo della Fiat: maglione girocollo blu dal quale sporgeva un filo di camicia bianca o celeste, pantaloni grigi. Ma Zavoli ha un fisico più elegante di Marchionne e soprattutto un’andatura ineguagliabile. La voce profonda e musicale di Sergio, addolcita da una inflessione romagnola quasi impercettibile, faceva apparire il vocione di Biagio Agnes - suo pari grado al telegiornale - come quello di un orco. Nessuno allora avrebbe detto che i due avversari (non si amavano ed erano gelosissimi l’uno dell’altro) negli anni Settanta avrebbero collaborato lealmente come presidente e direttore generale della Rai contrastando bene il debutto di Berlusconi con Canale 5.
Queste premesse, confermate da ogni atteggiamento di Zavoli negli anni successivi, lasciano immaginare come sarà il suo mandato di presidente della Vigilanza. Le audizioni dei dirigenti della Rai saranno solenni come un’udienza pontificia. Il suo animo di uomo di parte sarà soffocato dalla ricerca di un mitico equilibrio. E anche i compromessi meno nobili, di cui si nutre la politica d’ogni paese, saranno confezionati da Sergio con tanti nastri e tanti fiocchi da sembrare frutto della divina ispirazione.
Finora la sua attività parlamentare è stata in penombra. Adesso, superato il complesso percorso politico-burocratico dei prossimi giorni, avrà una luce abbacinante. Come quella del Paradiso, è ovvio.
1 commento:
" E anche i compromessi meno nobili, di cui si nutre la politica d’ogni paese, saranno confezionati da Sergio con tanti nastri e tanti fiocchi da sembrare frutto della divina ispirazione"... hehehehe credo si tratti proprio del ruolo che è richiamato a ricoprire. Del resto Zavoli ha un grande curriculum in materia.
Saluti da Massimo Greco
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