martedì 25 novembre 2008

Napolitano a Gerusalemme. In visita allo Yad Vashem

Oggi Napolitano in visita di stato in Israele ha visitato il museo dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme, accompagnato da Shimon Peres. Nella prima delle due foto, quella qui sotto, il presidente della Repubblica sta visitando la Sala dei Nomi.


Nella foto che segue, Napolitano con la moglie Clio sono ritratti mentre guardano immagini di ebrei vittime dell’Olocausto.



Il Presidente Napolitano a Shimon Peres nel suo saluto alla cerimonia ufficiale di benvenuto nello Stato di Israele ha detto:

Signor Presidente, Caro amico,
è con grande emozione che arrivo nel Suo Paese, in un anno denso di significato, in cui lo Stato d'Israele celebra il sessantesimo anniversario della sua fondazione e l'Italia il sessantesimo anniversario della propria Costituzione repubblicana.
Forti dei loro profondi legami, Italia ed Israele possono oggi riflettere insieme su queste ricorrenze, avendo condiviso un percorso parallelo nell'affrontare ciascuna il processo di costruzione del proprio Stato nazionale e democratico, sulle ceneri del secondo conflitto mondiale.
Italia ed Israele sono paesi amici: non solo per i vincoli politici, o diplomatici, o economici, ma per la straordinaria ricchezza ed intensità dei rapporti tra i nostri popoli prima ancora che tra le nostre Istituzioni.
Per questi motivi, sono lieto di essere idealmente accompagnato, in questa mia visita di Stato, sia dal mondo della cultura italiano che - attraverso alcuni eminenti scrittori - parteciperà in questi giorni ad un Simposio con alcuni dei più grandi maestri della letteratura israeliana, sia dal mondo imprenditoriale italiano, in segno di riconoscimento delle straordinarie capacità di sviluppo economico e di innovazione che il popolo israeliano sta dimostrando, della ricchezza del suo capitale umano, delle opportunità offerte dall'intelligenza e dall'impegno delle sue giovani generazioni.
L'Italia, Signor Presidente, è sopra ogni altra cosa vicina al popolo ebraico - che nel corso della sua storia millenaria ha affrontato prove durissime e che in particolare, in pieno ventesimo secolo, ha conosciuto l'immane tragedia della Shoah: gli è vicina nella difesa del suo irrinunciabile diritto di vivere in pace e sicurezza, accanto agli altri paesi della regione.
Questi obiettivi sono oggi più vicini grazie allo sforzo coraggioso che ha di recente portato a riannodare il filo spezzato del dialogo, lasciando intravedere per la prima volta dopo lunghi anni un concreto orizzonte di speranza.
È Sua e nostra convinzione, Signor Presidente, che si debba innalzare lo sguardo e mirare lontano, verso l'ineludibile traguardo della pacifica convivenza di due Stati sovrani, in cui i due popoli che vivono su questa terra ricca di storia potranno finalmente realizzare, assieme ai loro legittimi ed inalienabili diritti, le loro aspirazioni alla pace e le loro potenzialità di sviluppo.
Dopo sessant’anni - lungo i quali Israele ha riportato tanti straordinari successi nella costruzione del proprio Stato, così come nel progresso civile ed economico della propria popolazione, ma ha anche dovuto affrontare, ripetutamente, guerre, sofferenze e inimicizie - il momento della pace non può più essere differito.
La pace richiede scelte coraggiose e non è di facile conseguimento. Ma è anche la migliore, l'unica vera garanzia dei diritti dei popoli della regione e, fra questi, di quello di Israele ad esistere e prosperare come Stato ebraico.
Ancora oggi deliranti proclami si levano da parte di chi vorrebbe negare tale diritto e torna ad evocare scenari di morte e distruzione. Lo Stato italiano non può che reagirvi con indignazione e rafforzare il proprio impegno affinché tali voci siano per sempre bandite e mai più l'umanità torni a rivivere le aberrazioni del passato.
Israele può contare sulla nostra determinazione e sulla nostra solidarietà.


Quello che segue è invece l’intervento del Presidente della Repubblica all’inaugurazione del Convegno Letterario Italo-Israeliano “La Letteratura e l’Impegno”:

Desidero innanzitutto complimentarmi con l’Istituto Italiano di cultura e il suo direttore Simonetta Della Seta, nonché con l’Istituto Van Leer, per la eccellente preparazione e l’evidente successo di questo incontro. La varietà e rappresentatività della partecipazione sia israeliana che italiana è il segno di un’apertura e di una intensità non comuni nei rapporti tra letterature e culture di paesi che hanno storie e tradizioni così diverse. Ma, come ha detto David Grossman parlando al Festival Internazionale di Berlino dello scorso anno, la letteratura – quando dà il meglio di se stessa – rende partecipi del destino di altri, diversi e lontani. E proprio in ciò che è riuscita la letteratura israeliana, per come ha saputo parlare in particolare a noi italiani.
Mi riferisco alla letteratura che è fiorita nello Stato di Israele; e se provo a spiegarmi – da lettore, non avendo altro titolo per parlare qui, senza alcuna pretesa di sapienza critica – le ragioni della straordinaria accoglienza e profonda eco che questa letteratura ha avuto nel mio paese, del grandissimo successo – cari amici israeliani – di tanti vostri romanzi e libri, mi rispondo che la chiave sta nella freschezza della rappresentazione che ci avete dato di una società nuova, ricca di fermenti, di impulsi, di contraddizioni, di una società in movimento e nel suo graduale assestarsi, anche attraverso la convivenza e mescolanza tra popolazione ebraica e popolazione araba. Il vostro impegno (per stare al tema di questo incontro) è consistito innanzitutto nel raccontarci, con grande libertà e felicità creativa, una affascinante avventura collettiva, fatta di tante vicende individuali e anche umanamente sofferta: quella della costruzione non solo di un nuovo Stato, ma appunto, di una nuova società.
Naturalmente la letteratura israeliana affonda le sue radici nella storia multisecolare che ha segnato il destino e forgiato l’identità del popolo ebraico, fino alla tremenda esperienza da cui venne l’impulso decisivo alla nascita di Israele come Stato ebraico indipendente e sovrano. Da allora, lungo 60 anni, non è stato facile, ma spesso drammatico e doloroso, e talvolta controverso, il procedere dello Stato di Israele verso una pace garantita e duratura. E io sono a Gerusalemme per confermare l’impegno dell’Italia a sostenere in ogni modo lo sforzo necessario perché avanzi e si concluda finalmente il processo di pace, perché Israele possa vivere e progredire in piena sicurezza, in pacifica coesistenza e amicizia con tutti gli Stati della regione, compreso il nuovo Stato che potrà sorgere in questa terra nel segno della autodeterminazione del popolo palestinese.
È una prospettiva nella quale non potrà che approfondirsi e svilupparsi ancora, in tutti i campi, il dialogo italo-israeliano. Sappiamo d’altronde come la reciproca comprensione e simpatia tra letterature e culture ebraica e italiana vengano da lontano. Sappiamo con quale simpatia e ammirazione già in un lontano passato l’ebraismo colto si sia avvicinato ai classici, ai maggiori della letteratura italiana di ogni tempo.
Siamo felici di veder rinnovata questa simpatia verso i nostri scrittori moderni e contemporanei, tanto tradotti e letti in Israele; di veder rinnovarsi quella simpatia nella crescente diffusione dell’amore per la lingua italiana e nel continuo arricchirsi delle relazioni culturali tra i nostri due paesi.
In occasione della Fiera del libro di Torino, che ha avuto lo scorso maggio Israele come ospite d’onore e che ho voluto personalmente inaugurare a dispetto di qualche residua contestazione faziosa, mi è sembrato giusto mettere in luce quel che ci unisce anche nell’impegno a fare della letteratura e della cultura un potente fattore di avvicinamento e solidarietà tra i popoli, e di comune civilizzazione, contro ogni forma di imbarbarimento del mondo globalizzato in cui siamo chiamati a vivere.

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