Anche l’articolo che segue l’avevo messo da parte per scriverci su, ma il tempo è tiranno. E, dunque, lo riporto qui per non perderlo del tutto di vista. È un’intervista di Mauro Giacon ad Ignazio La Russa, ad un ministro della Difesa che non gli par vero di sentirsi in continuità con i generali che mandarono a morire centinaia di migliaia di soldati per l’espansionismo sabaudo sulle Dolomiti e nel Carso. È apparso su “Il Gazzettino” di mercoledì 5 novembre 2008, titolo “Ignazio La Russa «Mi inchino alle parole del Presidente. Honsell? Si vergogni e studi di più». Si parla tanto dell’antifascismo dei postfascisti (come del resto dell’anticomunismo dei postcomunisti), ma personaggi che hanno «imparato cos’è successo nel ’15-’18 quando il mio maestro mi insegnò la canzone del Piave» difficilmente riescono a cogliere appieno i tempi di oggi. Perché ha ragione Honsell, il Risorgimento finisce con la fine della seconda guerra mondiale, che apre una nuova fase nella storia dei popoli d’Europa, che rinnegherà i nazionalismi, le “finte” patrie, le pretestuose rivendicazioni territoriali che nascondevano l’imperialismo di monarchie e regimi dittatoriali, rigettando i risorgimenti ed i loro sanguinari ideali. Siamo all’alba di un’Europa delle regioni dove il cemento non sono più patrie inesistenti, ma tradizioni, legami, storia comune di secoli. Questa è l’epoca che viene e con cui misurare le cose, anche il 4 novembre.
Ministro La Russa, il sindaco di Udine Furio Honsell, centrosinistra, ha detto che lei sbaglia a considerare il ’15-’18 come fine del Risorgimento italiano e che il vero Risorgimento si chiude con la Resistenza e il 25 aprile del 1945 data cardine sulla quale si fonda la vita democratica del nostro Paese. Che ne pensa? «Non vorrei fare una pubblicità eccessiva a questo sindaco di cui non ricordo il nome e nemmeno voglio impararlo. Credo che debba semplicemente vergognarsi di quello che ha detto, soprattutto in un giorno come questo. Perciò faccio finta di non, averlo nemmeno sentito. Dice sciocchezze, deve studiare».
Honsell ha insistito dicendo che dalla Grande Guerra sono nati 20 anni di grandi sofferenze per l’Europa... «Quella di ritenere offensiva la ricorrenza del 4 Novembre la considero una posizione tardo ideologica, frutto di un mai riposto senso di antimilitarismo vecchio stampo e di finto pacifismo per altro unilaterale. Credono che esista in Italia una sorta di diktat culturale per cui pensano che festeggiare il 4 Novembre sia festeggiare la guerra o il militarismo. Non si sono accorti di quello che è diventata: la percezione delle Forze Armate come donne e uomini sicuro presidio di libertà e di sicurezza e certa garanzia delle istituzioni democratiche».
L’assessore provinciale all’Istruzione di Milano Barzaghi del Prc, afferma che è impensabile che un’esperienza così atroce come la Prima Guerra Mondiale venga celebrata come momento fondante dell’Unità nazionale... «A me interessano le parole del presidente della Repubblica che ha paragonato con un legame ideale i soldati che sono caduti in Afghanistan ai soldati che caddero nel ’15-’18. Gli fa veramente onore ed io mi inchino a quelle parole».
Ma ci potrebbe essere qualche problema anche all’interno della maggioranza nel riconoscimento della bandiera? «Se parla di Bossi ho presentato il video delle manifestazioni al consiglio dei ministri. Non so se ha applaudito, ma non ha protestato. E so che ha l’intelligenza e la capacità di capire che l’identità italiana, oggi che non parla più di secessione ma di federalismo, ha il suo valore fondante nell’unità nazionale che non può essere messa in discussione».
E se proponesse la canzone del Piave come inno nazionale? «No, va bene quello di Mameli».
Però il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta ha criticato il comportamento del presidente del consiglio regionale del Friuli, Eduard Ballaman per aver esternato al bavero un vistoso “appello padano” e per aver dato segni di insofferenza all’inno di Mameli... «Io non me ne sono accorto. Lo ringrazio comunque per essere venuto».
Ma il 4 Novembre per certi versi si tenta sempre di dimenticarlo, in una scuola di Villafranca addirittura di ignorarlo... «Se fosse passato sotto silenzio sarebbe stata una sciagura culturale. Non voglio prendermela con la preside che magari non pensava di aver fatto nulla di più di ciò che tanti hanno fatto finora. Non si era accorta che i tempi sono cambiati. Non invoco provvedimenti su di lei ma su coloro che glielo hanno fatto credere. E il sindaco di Udine non scherza».
Il sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente Roberto Menia ha presentato una proposta di legge per il ripristino della festività nazionale del 4 Novembre. Condivide? «Il mio desiderio è che il 4 Novembre sia un tassello di storia condivisa, da tutti. Ho addirittura chiesto che diventi come il 25 aprile e come il 2 giugno pienamente festa nazionale. O in alternativa che rimanga festa lavorativa ma che nelle scuole ci sia l’obbligo di dedicare la giornata all’approfondimento. Io ho imparato cos’è successo nel ’15-’18 quando il mio maestro mi insegnò la canzone del Piave».
Perché non coinvolgere anche gli extracomunitari nella festa? «Questa festa è rivolta a tutti. Con me c’è Souad Sbai deputata Pdl di radici magrebine che ha voluto accompagnarmi e che mi ha raccontato come i ragazzi stranieri integrati conoscono l’inno meglio dei nostri».
Uno spunto per reintrodurre l’educazione civica? «Sono d’accordo. Tutti gli studenti italiani e stranieri devono conoscere la Costituzione e saper cantare il nostro inno. Guai a non insegnare a tutti le cose che hanno reso possibile l’unità nazionale».
I libri di storia riportano la verità? «Non sono tutti uguali. Quando io andavo a scuola non riportavano una parola sulle foibe. Vede, più che le bugie mi fa male l’omissione. Il 4 Novembre è il primo anno che viene contestata perché la preferenza era non di parlarne male, ma di farla dimenticare. Con me hanno sbagliato registro».
Ministro La Russa, il sindaco di Udine Furio Honsell, centrosinistra, ha detto che lei sbaglia a considerare il ’15-’18 come fine del Risorgimento italiano e che il vero Risorgimento si chiude con la Resistenza e il 25 aprile del 1945 data cardine sulla quale si fonda la vita democratica del nostro Paese. Che ne pensa? «Non vorrei fare una pubblicità eccessiva a questo sindaco di cui non ricordo il nome e nemmeno voglio impararlo. Credo che debba semplicemente vergognarsi di quello che ha detto, soprattutto in un giorno come questo. Perciò faccio finta di non, averlo nemmeno sentito. Dice sciocchezze, deve studiare».
Honsell ha insistito dicendo che dalla Grande Guerra sono nati 20 anni di grandi sofferenze per l’Europa... «Quella di ritenere offensiva la ricorrenza del 4 Novembre la considero una posizione tardo ideologica, frutto di un mai riposto senso di antimilitarismo vecchio stampo e di finto pacifismo per altro unilaterale. Credono che esista in Italia una sorta di diktat culturale per cui pensano che festeggiare il 4 Novembre sia festeggiare la guerra o il militarismo. Non si sono accorti di quello che è diventata: la percezione delle Forze Armate come donne e uomini sicuro presidio di libertà e di sicurezza e certa garanzia delle istituzioni democratiche».
L’assessore provinciale all’Istruzione di Milano Barzaghi del Prc, afferma che è impensabile che un’esperienza così atroce come la Prima Guerra Mondiale venga celebrata come momento fondante dell’Unità nazionale... «A me interessano le parole del presidente della Repubblica che ha paragonato con un legame ideale i soldati che sono caduti in Afghanistan ai soldati che caddero nel ’15-’18. Gli fa veramente onore ed io mi inchino a quelle parole».
Ma ci potrebbe essere qualche problema anche all’interno della maggioranza nel riconoscimento della bandiera? «Se parla di Bossi ho presentato il video delle manifestazioni al consiglio dei ministri. Non so se ha applaudito, ma non ha protestato. E so che ha l’intelligenza e la capacità di capire che l’identità italiana, oggi che non parla più di secessione ma di federalismo, ha il suo valore fondante nell’unità nazionale che non può essere messa in discussione».
E se proponesse la canzone del Piave come inno nazionale? «No, va bene quello di Mameli».
Però il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta ha criticato il comportamento del presidente del consiglio regionale del Friuli, Eduard Ballaman per aver esternato al bavero un vistoso “appello padano” e per aver dato segni di insofferenza all’inno di Mameli... «Io non me ne sono accorto. Lo ringrazio comunque per essere venuto».
Ma il 4 Novembre per certi versi si tenta sempre di dimenticarlo, in una scuola di Villafranca addirittura di ignorarlo... «Se fosse passato sotto silenzio sarebbe stata una sciagura culturale. Non voglio prendermela con la preside che magari non pensava di aver fatto nulla di più di ciò che tanti hanno fatto finora. Non si era accorta che i tempi sono cambiati. Non invoco provvedimenti su di lei ma su coloro che glielo hanno fatto credere. E il sindaco di Udine non scherza».
Il sottosegretario di Stato al ministero dell’Ambiente Roberto Menia ha presentato una proposta di legge per il ripristino della festività nazionale del 4 Novembre. Condivide? «Il mio desiderio è che il 4 Novembre sia un tassello di storia condivisa, da tutti. Ho addirittura chiesto che diventi come il 25 aprile e come il 2 giugno pienamente festa nazionale. O in alternativa che rimanga festa lavorativa ma che nelle scuole ci sia l’obbligo di dedicare la giornata all’approfondimento. Io ho imparato cos’è successo nel ’15-’18 quando il mio maestro mi insegnò la canzone del Piave».
Perché non coinvolgere anche gli extracomunitari nella festa? «Questa festa è rivolta a tutti. Con me c’è Souad Sbai deputata Pdl di radici magrebine che ha voluto accompagnarmi e che mi ha raccontato come i ragazzi stranieri integrati conoscono l’inno meglio dei nostri».
Uno spunto per reintrodurre l’educazione civica? «Sono d’accordo. Tutti gli studenti italiani e stranieri devono conoscere la Costituzione e saper cantare il nostro inno. Guai a non insegnare a tutti le cose che hanno reso possibile l’unità nazionale».
I libri di storia riportano la verità? «Non sono tutti uguali. Quando io andavo a scuola non riportavano una parola sulle foibe. Vede, più che le bugie mi fa male l’omissione. Il 4 Novembre è il primo anno che viene contestata perché la preferenza era non di parlarne male, ma di farla dimenticare. Con me hanno sbagliato registro».
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