Renato Mannheimer nel suo “L`Osservatorio” su “Il Corriere della Sera” pubblica oggi un sondaggio che mostra come in buona sostanza il rapporto degli italiani con il lavoro sia sempre lo stesso: “Pochi soldi ma posto fisso: sì dall`80%”. E la crisi è un rafforzativo.
Lo tsunami economico mostra i suoi effetti anche sul piano occupazionale. Dagli Usa - ma anche da Francia e Germania - giungono ogni giorno notizie su licenziamenti. Per questo, nel nostro Paese si va diffondendo il timore per il mantenimento del posto di lavoro. Oggi, solo un italiano su cinque si dichiara «molto sicuro» di poter conservare in futuro la propria posizione occupazionale. È il frutto di una caduta verticale - e rapidissima - del senso di sicurezza, avvenuta negli ultimi mesi: ancora a maggio la percentuale di chi reputava «molto sicuro» il proprio posto di lavoro superava il 35%. Ad essere più preoccupati, sono oggi gli individui di età media (dai 35 ai 45 anni), specie se con titolo di studio medio-basso.
Un altro indicatore della progressiva estensione del timore per la stabilità della propria occupazione è dato dalle risposte al quesito «preferirebbe un posto dì lavoro più redditizio ma meno sicuro o uno più sicuro ma meno redditizio?». Da sempre, la maggioranza degli italiani si orienta verso la seconda alternativa. Ma negli ultimi mesi la quota di chi dichiara di preferire in ogni caso un posto più sicuro si è ulteriormente incrementata, superando l’80% degli intervistati (era il 77% a maggio).
Tutto ciò si inquadra in uno scenario dì crescente pessimismo per il futuro personale e per quello del Paese nel suo complesso. Per la prima volta, la maggioranza assoluta (53%) degli italiani - con una ulteriore accentuazione tra i residenti al Sud e nelle isole - disegna un quadro negativo anche della propria situazione economica. Per le aziende, lo scenario è ancora peggiore: solo il 22% degli imprenditori (grandi, medio piccoli) prende in considerazione la possibilità di un miglioramento nel corso del 2009 (era il 46% a maggio). È interessante osservare come, anche per queste tematiche, giochi un ruolo l’orientamento politico: non a caso, gli elettori del centrodestra - più fiduciosi nelle politiche governative - risultano decisamente più ottimisti dei votanti per il centrosinistra.
L’insieme di questi dati suggerisce come la crisi economica in atto, prima ancora di avere effetti sull’andamento dell’economia reale, abbia conseguenze importanti sul piano psicologico, stimolando le aspettative più negative e erodendo il consenso sociale e politico. Specie nel nostro Paese, ove la questione della sicurezza del posto di lavoro rappresenta da sempre uno dei temi più sentiti. Se si domanda oggi agli italiani qual è l’ambito in cui il governo deve intervenire prioritariamente, la maggioranza indica proprio il lavoro e la sua stabilità.
Non è un caso, dunque, che il ministro Sacconi abbia annunciato un vero e proprio «piano di emergenza» del governo contro la perdita del posto di lavoro. Con lo scopo di fronteggiare quest’ultima e, soprattutto, dì contrastare il declino del senso di fiducia nel futuro (e nell’esecutivo).
Lo tsunami economico mostra i suoi effetti anche sul piano occupazionale. Dagli Usa - ma anche da Francia e Germania - giungono ogni giorno notizie su licenziamenti. Per questo, nel nostro Paese si va diffondendo il timore per il mantenimento del posto di lavoro. Oggi, solo un italiano su cinque si dichiara «molto sicuro» di poter conservare in futuro la propria posizione occupazionale. È il frutto di una caduta verticale - e rapidissima - del senso di sicurezza, avvenuta negli ultimi mesi: ancora a maggio la percentuale di chi reputava «molto sicuro» il proprio posto di lavoro superava il 35%. Ad essere più preoccupati, sono oggi gli individui di età media (dai 35 ai 45 anni), specie se con titolo di studio medio-basso.
Un altro indicatore della progressiva estensione del timore per la stabilità della propria occupazione è dato dalle risposte al quesito «preferirebbe un posto dì lavoro più redditizio ma meno sicuro o uno più sicuro ma meno redditizio?». Da sempre, la maggioranza degli italiani si orienta verso la seconda alternativa. Ma negli ultimi mesi la quota di chi dichiara di preferire in ogni caso un posto più sicuro si è ulteriormente incrementata, superando l’80% degli intervistati (era il 77% a maggio).
Tutto ciò si inquadra in uno scenario dì crescente pessimismo per il futuro personale e per quello del Paese nel suo complesso. Per la prima volta, la maggioranza assoluta (53%) degli italiani - con una ulteriore accentuazione tra i residenti al Sud e nelle isole - disegna un quadro negativo anche della propria situazione economica. Per le aziende, lo scenario è ancora peggiore: solo il 22% degli imprenditori (grandi, medio piccoli) prende in considerazione la possibilità di un miglioramento nel corso del 2009 (era il 46% a maggio). È interessante osservare come, anche per queste tematiche, giochi un ruolo l’orientamento politico: non a caso, gli elettori del centrodestra - più fiduciosi nelle politiche governative - risultano decisamente più ottimisti dei votanti per il centrosinistra.
L’insieme di questi dati suggerisce come la crisi economica in atto, prima ancora di avere effetti sull’andamento dell’economia reale, abbia conseguenze importanti sul piano psicologico, stimolando le aspettative più negative e erodendo il consenso sociale e politico. Specie nel nostro Paese, ove la questione della sicurezza del posto di lavoro rappresenta da sempre uno dei temi più sentiti. Se si domanda oggi agli italiani qual è l’ambito in cui il governo deve intervenire prioritariamente, la maggioranza indica proprio il lavoro e la sua stabilità.
Non è un caso, dunque, che il ministro Sacconi abbia annunciato un vero e proprio «piano di emergenza» del governo contro la perdita del posto di lavoro. Con lo scopo di fronteggiare quest’ultima e, soprattutto, dì contrastare il declino del senso di fiducia nel futuro (e nell’esecutivo).
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