martedì 25 novembre 2008

Veltroni alle prese con il suo incubo ormai sragiona

Da “La Repubblica” di oggi un articolo di Claudio Tito, titolo: “Una «leggina-blitz» contro il ribelle. Veltroni cerca l’intesa con Letta. Berlusconi prudente: «Non ho fretta, neanche sui vertici Rai»”. L’articolo parla di un possibile inciucio proposto a Letta – e vai a sputtanare, in fin dei conti non è un giornalista anche lui come Zavoli? – dal faccia di Veltroni Veltroni. C’è da chiedersi se sia la fervida fantasia e gli incubi dei giornalisti di Repubblica a buttare lì certe notizie o se esponenti politici di spicco siano improvvisamente in preda ad una demenza senile politica che li porta a dimenticarsi d’essere su una ribalta e non nel chiuso d’un loft privé. Se si va ad inventarsi una leggina rapida rapida per scalzare Villari, per non essere ad personam, la stessa dovrebbe per estensione poter indicare la via per chiedere a Fini di dimettersi perché, che ne so, antipatico, a Schifano perché… perché, a Napolitano perché anche nel suo caso c’era un Zavoli D’Alema rimasto fuori dalla porta. E forse oggi, se non altro per toglierselo dalle scatole un D’Alema al Quirinale sarebbe eletto all’unanimità alla prima votazione. Ma ciò che veramente è incomprensibile che non si comprenda che un Zavoli comunque non è più proponibile. È stato bruciato e basta. Ma con che faccia potrebbe fare il “presidente” della Vigilanza. Sarebbe per l'eternità il simbolo dell’inciucio. Punto. Ma leggiamoci Tito. Zivio Tito. No... quello era un altro Tito.

Una “leggina”. Un provvedimento ad hoc per scardinare la serratura che per ora blocca i lavori della commissione di Vigilanza. Sostanzialmente per far saltare la presidenza di Riccardo Villari. L’idea è maturata tra i vertici del Pd nel week end. E ieri mattina Walter Veltroni ne ha parlato con Gianni Letta, il sottosegretario alla presidenza del consiglio incontrato alle esequie di Sandro Curzi. Il colloquio tra i due è durato un quarto d’ora e il tema principale, se non esclusivo, è stato appunto la situazione che si è creata nella commissione bicamerale. Uno stallo che i democratici cercano di interrompere. Anzi provano a stringere i tempi. «Non possiamo andare avanti così per troppo tempo», ha avvertito i suoi lo stesso leader Pd. Il time limit, allora, è Natale. O meglio la pausa natalizia dei lavori parlamentari. Altrimenti, è il sospetto dei democratici, la guida del “ribelle” Villari rischia di diventare definitiva. Soprattutto - è la paura dell’ex sindaco di Roma - gli italiani non capirebbero le polemiche sulla Rai mentre sono travolti dalla crisi economica.
Lo stratagemma escogitato a Largo del Nazareno, allora, prevede un intervento legislativo concordato (ma potrebbe trattarsi anche di una semplice modifica al Regolamento), per il quale maggioranza e opposizione prevedano una “corsia preferenziale” e voto quasi all’unanimità. Una misura di uno o pochissimi articoli che modifichi i criteri di elezione del presidente della Vigilanza facendo così decadere la nomina dell’esponente Pd da poco espulso dal gruppo del Senato. La risp osta di Letta non è stata negativa.
L’ipotesi di un blitz in Parlamento non dispiace al braccio destro di Berlusconi. Che vuole tener fede al patto a favore di Sergio Zavoli. Ieri ne ha parlato con il presidente del consiglio. Il quale, però, prima di imboccare una strada di questo tipo intende valutare tutte le controindicazioni. E già, perché il Cavaliere è pronto ad accettare qualsiasi soluzione pur di sciogliere «senza guerre» il nodo Rai. Come il presidente della Camera, Gianfranco Fini, gradirebbe le dimissioni volontarie di Villari. Ma sa anche che all’interno dei suoi gruppi parlamentari non tutti la pensano così. I maggiorenti del centro destra sono in subbuglio. La lettera firmata ieri dai capigruppo e dai vicecapigruppo del Pdl la dice lunga a questo proposito. La linea “dialogante” della “colomba” Letta non convince affatto i “falchi”. A cominciare, appunto, da Fabrizio Cicchitto e dal presidente dei senatori pidiellini. Continuano a sconsigliare soluzioni traumatiche (come la sfiducia) difendendo di fatto Villari. La battaglia sui posti di potere all’interno di Viale Mazzini, del resto, si gioca anche sugli equilibri della commissione. E lo stesso Berlusconi sa che la «corsa» alle poltrone della tv pubblica è già cominciata. Anche dentro il suo gruppo.
Pure il premier, in realtà, vorrebbe dare un colpo all’attuale Cda. Se non altro per limitare le trasmissioni che a suo giudizio lo «insolentiscono quotidianamente: sta diventando insopportabile questo dileggio continuo». Nello stesso tempo, però, teme che la vicenda Rai si trasformi in un boomerang: «Io - è il suo ragionamento - non ho poi così tanta fretta di rinnovare i vertici di Viale Mazzini. Preferisco trovare una soluzione condivisa. Altrimenti possiamo aspettare un po’ e vedere se le acque si calmano». Il Cavaliere è convinto che la partita delle nomine Rai rischia di incancrenirsi proprio nella maggioranza: da tempo punta il dito contro gli «appetiti» dei colonnelli di An e anche della Lega. «E in questa fase di tutto abbiamo bisogno tranne che di far vedere alla gente che rincorriamo le poltrone mentre è in atto una delle più gravi crisi economiche».
Non solo. Nel lungo periodo a Via del Plebiscito sono sicuri che il Pd rinuncerà alla linea adottata in questi giorni: quella di disertare le riunioni della commissione. In effetti a Largo del Nazareno non sono affatto certi di poter reggere troppo a lungo: «O si risolve entro un mese oppure si dovrà prendere atto che la maggioranza controlla anche la Vigilanza». Non è un caso che i capigruppo democratici ieri stavano valutando la possibilità di rispondere alla lettera dei “colleghi” Pdl chiedendo di «concordare» le modalità con cui esercitare la moral suasion nei confronti del presidente della commissione. I democratici sanno che difficilmente la candidatura di Zavoli potrà essere trascinata a lungo. Ma soprattutto vivono con preoccupazione le mosse della maggioranza: se alla fine il centrodestra decidesse di eleggere comunque il nuovo cda della tv di Stato, l’opposizione si escluderebbe anche dal processo decisionale che riguarda il presidente della Rai. La strada, quindi, al momento resta in salita. E lo stesso Veltroni ieri sera ammetteva sconsolato: «Non ci sono novità».

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