Questo “Forza Villari” pubblicato su “La Stampa” da Massimo Gramellini martedì 18 scorso è un ottimo post-it da appuntarsi per usarlo come bussola nella vicenda che ha fatto squartare dalle risate l’Italia che non porta il cervello all’ammasso (e che nell’urna alla fine sa chi votare e quando votarlo). Oltretutto concorda con alcune osservazioni da me espresso. E questo non può che far immodestamente piacere. Ha scritto Gramellini:
Pensavamo di averle viste tutte, invece questa ci mancava: un figlio emerito della partitocrazia che diventa simbolo e potenziale martire della lotta alla partitocrazia. Riccardo Villari è un ex colonnello delle truppe mastellate eletto presidente della Commissione di vigilanza Rai con i voti della maggioranza e il disaccordo dell’opposizione alla quale, fino a prova contraria, appartiene. Per quello strapuntino di potere il centrosinistra aveva candidato il dipietrista Orlando, gradito ai berluscones quanto l’aglio ai vampiri (e a Berlusconi medesimo). Ora i suoi amici (?) chiedono a Villari di rifiutare la polpetta avvelenata. E lui, che pure la trova estremamente digeribile e gustosa, ha ripetuto a Veltroni che non si dimette ma si dimetterà: futuro del verbo «se non mi date qualcosa in cambio, per Forza Villari esempio la seggiola di sindaco di Napoli, scordatevelo».
Ma la domanda vera è: perché Villari dovrebbe dimettersi? Dal punto di vista istituzionale è stato incoronato con tutti i crismi. Quanto all’etica politica, due parole che si vogliono bene come le finaliste di un torneo di wrestling, la sua elezione fa parte dei giochetti dei potere. Anzi, giochetto per giochetto, non è meno etica di quella di Orlando, che obbediva alla vecchia pratica della spartizione fra partiti persino all’interno di una stessa coalizione. Perciò la resistenza di Villari assume un connotato paradossale di sfida alla partitocrazia, rappresentata dal partito del magistrato che la partitocrazia dissolse in tribunale. Si, questa ci mancava proprio. Ora possiamo nausearci in pace.
Pensavamo di averle viste tutte, invece questa ci mancava: un figlio emerito della partitocrazia che diventa simbolo e potenziale martire della lotta alla partitocrazia. Riccardo Villari è un ex colonnello delle truppe mastellate eletto presidente della Commissione di vigilanza Rai con i voti della maggioranza e il disaccordo dell’opposizione alla quale, fino a prova contraria, appartiene. Per quello strapuntino di potere il centrosinistra aveva candidato il dipietrista Orlando, gradito ai berluscones quanto l’aglio ai vampiri (e a Berlusconi medesimo). Ora i suoi amici (?) chiedono a Villari di rifiutare la polpetta avvelenata. E lui, che pure la trova estremamente digeribile e gustosa, ha ripetuto a Veltroni che non si dimette ma si dimetterà: futuro del verbo «se non mi date qualcosa in cambio, per Forza Villari esempio la seggiola di sindaco di Napoli, scordatevelo».
Ma la domanda vera è: perché Villari dovrebbe dimettersi? Dal punto di vista istituzionale è stato incoronato con tutti i crismi. Quanto all’etica politica, due parole che si vogliono bene come le finaliste di un torneo di wrestling, la sua elezione fa parte dei giochetti dei potere. Anzi, giochetto per giochetto, non è meno etica di quella di Orlando, che obbediva alla vecchia pratica della spartizione fra partiti persino all’interno di una stessa coalizione. Perciò la resistenza di Villari assume un connotato paradossale di sfida alla partitocrazia, rappresentata dal partito del magistrato che la partitocrazia dissolse in tribunale. Si, questa ci mancava proprio. Ora possiamo nausearci in pace.
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